Ingiusta detenzione: all’ex pm Pasquale Longarini un indennizzo di oltre 48mila euro

Dopo 61 giorni agli arresti, sotto l’accusa (poi crollata) di induzione indebita, rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento, il magistrato di Aosta viene risarcito con una somma che supera qualsiasi calcolo aritmetico. “La corte ha fatto una scelta coraggiosa”, ci dicono gli avvocati

Nella mattina del 24 settembre 2024, la Corte d’appello di Milano ha riconosciuto un indennizzo di 48 mila e 800 euro per ingiusta detenzione a Pasquale Longarini, attuale giudice civile di Imperia, per aver trascorso 61 giorni agli arresti domiciliari da innocente nel 2017 con l’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità, rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento.

“La richiesta di ingiusta detenzione è stata riconosciuta in maniera importante e va dato merito a chi ha preso questo provvedimento: è una decisione coraggiosa”, commenta al Foglio l’avvocato Ascanio Donadio, che insieme alla collega Corinne Margueret ha assistito il magistrato negli ultimi anni. In base al criterio aritmetico stabilito per questi casi, ogni giorno di detenzione equivale a un 117 euro. L’importo stabilito per Longarini però “è stato moltiplicato per sette” spiega Donadio. La sentenza, dice l’avvocato, ha avuto il merito di affermare un principio che permette di riconoscere come indennizzo una cifra ben più alta di quella che risulterebbe dal calcolo aritmetico: “A fronte di un pregiudizio ulteriore (che deve essere dimostrato), è facoltà della Corte distaccarsi dal parametro matematico, che è orientativo”. I magistrati di Milano, nel ritenere la libertà di Longarini “ingiustamente compressa”, hanno infatti sottolineato che il procuratore abbia “tenuto comportamenti del tutto neutri, inidonei” a contribuire all’applicazione e al successivo mantenimento per 61 giorni della misura restrittiva.

“È una frase che rende merito” commentano i due legali, che sono riusciti dunque a dimostrare come Longarini abbia subìto “un danno di entità superiore a quello indennizzabile secondo il criterio aritmetico” proprio per via dell’importante discredito gettato sulla sua immagine pubblica di pm. Un’operazione, spiega l’avvocato, a cui i anche i media hanno contribuito: “La notizia dell’arresto di Longarini era stata diffusa dalle tv nazionali, ma anche internazionali“. Salvo poi dedicare molto meno spazio alla notizia dell’assoluzione.

Per questo motivo la Corte d’appello milanese ha accolto il ricorso dei legali di Longarini per la sua ingiusta detenzione fra le mura domestiche, riconoscendogli una cifra decisamente elevata per un caso di detenzione domiciliare. Per fare un paragone, a Beniamino Zuncheddu (fra i più eclatanti casi di errore giudiziario italiani) sono stati riconosciuti 30mila euro dopo decenni di galera da innocente, mentre un imprenditore di Frosinone ne ha ricevuti 160mila dopo aver trascorso tre anni dietro le sbarre per uno scambio di persona. Sono 212mila euro quello che spettano a Stefano Binda, assolto pochi giorni fa dall’accusa di avere ucciso nel 1987 a Cittiglio (Varese) la 21enne Lidia Macchi, dopo la reclusione in carcere tra 2016 e 2019.

“Il dottor Longarini era una persona molto conosciuta e stimata da tutta la comunità valdostana, ma anche dalla platea di avvocati che a vario titolo si rapportavano con lui. Chiaramente c’è stato uno shock dopo l’arresto iniziale”, proseguono, “siamo gli avvocati, ma anche suoi amici, lo conoscevamo da molto prima. Quei 61 giorni per lui e per la sua famiglia sono stati terrificanti”.

Lungo la sua carriera ad Aosta, il magistrato era stato fra gli inquirenti del caso Cogne nel 2004, per poi collaborare da sostituto procuratore alle indagini che in primo grado portarono a 30 anni di reclusione per Annamaria Franzoni, accusata dell’omicidio del figlio di tre anni. Longarini partecipò alle indagini che coinvolsero l’allora governatore della Valle d’Aosta Augusto Rollandin.

Un passo indietro sulla vicenda

Due anni prima dell’arresto, nel 2015, prende il via l’indagine aperta dalla procura di Milano, condotta dalla Guardia di finanza del capoluogo lombardo, sui rapporti tra Longarini, all’epoca procuratore capo ad Aosta, e l’amico Gerardo Cuomo, titolare di un’azienda di commercio all’ingrosso di latticini

Sul pm gravava il sospetto di aver esercitato pressioni indebite su Sergio Barathier, a capo dell’Hotel Royal e Golf di Courmayeur, mentre indagava su di lui per questioni fiscali, affinché affidasse a Cuomo le forniture alimentari dell’albergo. A questo si aggiunge l’ipotesi che Longarini avesse avvertito l’amico imprenditore di essere intercettato dai carabinieri, nell’ambito di alcune indagini sul suo conto legate a presunti suoi rapporti con la criminalità organizzata.

Dopo la chiusura delle indagini nel 2016, il 30 gennaio 2017 Longarini viene arrestato, accusato di induzione indebita a dare o promettere utilità, rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento. Da qui ha inizio la sua trafila giudiziaria nell’inedita veste di imputato, fino ad arrivare alla prima assoluzione con formula piena nell’aprile 2019: “Il fatto non sussiste”, e crolla la richiesta di una condanna a tre anni di carcere avanzata dal pm Giovanni Polizzi. Il quale, tuttavia, decide di impugnare.

L’assoluzione di Longarini viene ribadita anche in secondo grado di giudizio, e successivamente anche nel terzo e ultimo. Nel 2021 infatti la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del procuratore della Corte d’appello, confermando ancora una volta che durante le sue funzioni di procuratore capo ad Aosta, Longarini non aveva mai commesso gli illeciti di cui era accusato. La sentenza mette così la parola fine a una vicenda giudiziaria che ha fortemente impattato sul mondo giudiziario valdostano, compromettendo la carriera dell’ex pm, il quale, oltre alle pesanti accuse di stampo penale, è stato oggetto di procedimenti disciplinari e più di due mesi agli arresti domiciliari. Nel 2022 la vicenda si riapre, con Longarini che decide di inviare una lettera con richiesta di risarcimento per un totale di 300mila euro a quattro carabinieri in servizio ad Aosta al tempo dell’inchiesta, le cui dichiarazioni – sostiene insieme ai suoi avvocati – avrebbero dato il via alle indagini della guardia di finanza milanese.

I legali non parlano di gogna mediatica in relazione al caso, ma precisano: “Mentre la notizia dell’arresto era stata diffusa ovunque, anche come apertura dei tg, meno risalto hanno avuto le assoluzioni da tutte le accuse. Di questo non si è parlato. È una logica commerciale che un po’ si gioca sulla pelle delle persone”, notano i legali. “Credo che al di là dell’indennizzo la riabilitazione dal punto di vista mediatico passi anche da un atto di responsabilità dei giornali. Io non so se tutte le testate che hanno parlato del suo arresto hanno scritto anche dell’assoluzione, ma se dovessi scommettere direi di no”.

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