Unicredit sale al 21 per cento di Commerzbank, Scholz boccia l’operazione: “Atto ostile”

Al termine di una giornata convulsa, in cui sembravano esserci ancora margini di manovra per la banca guidata da Andrea Orcel, il cancelliere Olaf Scholz ha definito “un atto ostile” l’iniziativa italiana. Cosa potrebbe succedere adesso

Se a uno scopo è servito l’annuncio di oggi di Unicredit di essere salita al 21 per cento di Commerzbank, diventandone prima azionista, è stato di stanare definitivamente il governo tedesco. Al termine di una giornata convulsa, in cui sembravano esserci ancora margini di manovra per la banca guidata da Andrea Orcel, il cancelliere Olaf Scholz ha definito “un atto ostile” l’iniziativa italiana. Parlando con i giornalisti a New York, Scholz ha utilizzato parole severe: “Attacchi non amichevoli, acquisizioni ostili non sono una buona cosa per le banche ed è questo il motivo per cui il governo tedesco ha preso una posizione chiara in questa direzione”. Scholz ha anche aggiunto di non ritenere un approccio appropriato in Europa che “senza alcuna cooperazione, senza alcuna consultazione, senza alcun feedback, si stia cercando di investire in modo aggressivo nelle aziende”.


Al di là del fatto che Unicredit ha sempre smentito di aver agito alle spalle del governo tedesco, quella di Scholz appare una bocciatura “politica” senza appello di un’operazione alla quale la Bce guidata da Christine Lagarde ha dato la sua benedizione. Il tracollo del titolo di Commerzbank alla Borsa di Francoforte dopo le parole del cancelliere Scholz è la prova della distanza siderale che si è creata tra le ragioni del mercato, molto positivo sulla prospettiva di un’aggregazione italo-tedesca, e quelle della politica su posizioni di sovranismo bancario.

La posizione di Scholz è l’epilogo del malessere vissuto nel governo per l’iniziativa italiana e che aveva portato venerdì ad annunciare lo stop alla vendita di ulteriori quote di Commerzbank, di cui lo stato possiede ancora il 12 per cento dopo aver ceduto il 4,5 per cento a Unicredit durante un’asta competitiva. Mossa difensiva che non ha fermato Orcel, che ha rilanciato puntando su quella parte di opinione pubblica e di establishment tedesco favorevole all’operazione. Inoltre, per come è stata commentata dai vertici della Bce, la possibile fusione tra Unicredit e Commerzbank darebbe concretezza al progetto di unione bancaria di cui l’Europa ha bisogno per rafforzarsi.

Non è un caso che Unicredit, nel comunicato in cui ha annunciato di aver chiesto l’autorizzazione per salire fino al 29,9 per cento del capitale dell’istituto tedesco (la soglia dell’opa) e di averne nel frattempo già “opzionato” il 21 per cento, ha sottolineato di condividere, in linea con il recente rapporto della Commissione Ue (leggi rapporto Draghi), “la convinzione che una forte unione bancaria all’interno dell’Europa sia la chiave per il successo dell’intero continente e, attraverso quest’ultimo, della prosperità di ciascun paese”. Orcel ha cercato, insomma, di prevenire un arroccamento spiegando che garantire la crescita e la competitività del settore creditizio è fondamentale sia per l’economia tedesca sia per l’Europa. Ma non è servito. Le pressioni dai sindacati e del management hanno fatto sul governo, oltre che sul principale partito di opposizione: il leader della Cdu Friedrich Merz ha dichiarato che la vendita di azioni di Commerzbank è “completamente sfuggita di mano al governo”. In realtà, l’uscita dello stato dal capitale della banca era visto in maniera positiva, ad esempio dal ministro liberale delle Fiananze Christian Lindner. Ieri l’Handelsblatt in un commento sosteneva che Unicredit sarebbe un buon partner per Commerzbank e che lo stato farebbe meglio a non mettersi in mezzo. Della stessa opinione molti economisti e associazioni industriali. Dal lato italiano, il ministro degli Esteri Antonio Tajani – a New York come Scholz – ha ricordato ai tedeschi i loro principi ordoliberali: “ Non capisco perché quando qualcuno viene ad acquistare in Italia si dice che siamo in un sistema europeo moderno del mercato unico, se poi un italiano acquista fuori non è più nel mercato unico”.

Cosa succederà? Orcel, avendo sempre saputo che il terreno sul quale si stava muovendo è scivoloso, da buon banchiere d’affari si è dato un margine di flessibilità nella manovra che può portarlo effettivamente a detenere il 21 per cento di Commerzbank. Può convertire o meno gli strumenti finanziari in azioni. Un modo per tenersi una porta aperta che a quanto pare gli potrebbe servire.

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