Lo sballo dei sovranisti messi in mutande dalla nomina di Fitto (e dal Pnrr)

Vale l’apertura di credito di Ursula von der Leyen all’Italia di Meloni e vale la delega al Pnrr. Perché è proprio il Piano che da tempo ormai aiuta il paese a crescere e a fare i conti con la realtà, a lasciarsi alle spalle le scappatelle populiste senza deragliare dai binari europei

Siamo ottimisti, lo sappiamo, a volte esageriamo, a volte ci lasciamo andare, ma gli ottimisti veri continuano a guardare il bicchiere mezzo vuoto provando a farlo diventare più che mezzo pieno e nella settimana appena trascorsa, settimana di scelte europee, settimana di movimenti comunitari, settimana di equilibri politici tra i paesi membri dell’Unione, c’è una novità interessante, importante, una novità europea che riguarda l’Italia. Si è detto, lo abbiamo scritto anche noi, che la presenza di Raffaele Fitto come uomo forte dell’Italia a Bruxelles, come vicepresidente esecutivo della Commissione e come commissario alla Coesione, è una notizia tutto sommato positiva per l’Italia per questioni di carattere politico. E’ vero che la casella di commissario di Fitto vale quello che vale, e in verità non vale moltissimo, e in questo senso ha perfettamente ragione chi ricorda che all’Italia, e alle imprese italiane, avrebbe fatto molto più comodo avere un commissario in grado di firmare accordi commerciali vantaggiosi o in grado di intervenire direttamente sulle regole del mercato unico piuttosto che un commissario deputato a essere il cane da guardia dei fondi comunitari sui quali i singoli paesi difficilmente riescono ad avere l’ultima parola. Ma è anche vero che il dato politico interessante della nomina di Fitto, come abbiamo detto, è un altro e riguarda l’enorme apertura di credito offerta da Ursula von der Leyen all’Italia di Meloni, che all’interno degli equilibri della Commissione europea non è stata trattata peggio di un paese come la Francia, che ha visto il partito del suo presidente votare nel Parlamento europeo per Ursula, cosa che Fratelli d’Italia non ha fatto, almeno non ufficialmente.

La nomina di Fitto, con il ruolo politico affidatogli, è lì a indicare un non isolamento italiano, lo sappiamo, nonché la presenza, nella scapestrata classe dirigente meloniana, anche di un volto in grado di non sfigurare, in Europa e non solo. Ma nella casella affidata a Fitto, ecco il nostro bicchiere mezzo pieno, c’è un elemento ultrapolitico, per così dire, che riguarda una parolina magica che da un bel po’ di tempo aiuta l’Italia a crescere, a muoversi verso il futuro e a restare con i piedi ben piantati per terra. La parola è sempre la stessa ed è un acronimo che ormai conoscete tutti: Pnrr. Il Pnrr, per quanto imperfetto, da anni aiuta l’Italia a migliorare sé stessa. E’ stato durante le trattative sul Pnrr che il secondo governo Conte ha dovuto fare un bagno di realtà mettendo da parte tutte le sciocchezze dette per anni dal M5s sulle terribili condizionalità dell’Europa.

E’ stato anche grazie al Pnrr, e alla necessità di scriverne uno decente, se dal governo Conte, nel 2021, siamo passati al governo Draghi. E’ stato anche grazie al Pnrr, e alla necessità di non perdere gli ingenti finanziamenti europei, se il governo Meloni è stato costretto a limare i suoi spigoli antieuropeisti. E’ stato anche grazie al Pnrr, e ai meravigliosi vincoli che hanno messo al riparo la traiettoria futura dell’Italia fino al 2027, se gli investitori internazionali hanno potuto osservare il percorso intrapreso dal governo italiano con ottimismo, consapevoli del fatto che per quanta irresponsabilità ci potesse essere in questa maggioranza, non ce ne sarebbe stata così tanta da allontanare l’Italia dal cammino europeo, cosa che avrebbe messo a rischio i fondi comunitari.

Sarà grazie agli investimenti generati dal Pnrr se l’Italia riuscirà a chiudere il 2024 con una crescita almeno dell’1 per cento (l’effetto del Pnrr sulla crescita nell’anno in corso, secondo gli stessi calcoli del governo, è pari a 0,9 punti percentuali di pil). E il fatto che la reputazione italiana in Europa, nei prossimi cinque anni, sarà legata alla capacità che avrà il nostro paese di essere performante sull’utilizzo dei fondi europei, cosa di cui Raffaele Fitto dovrà occuparsi insieme con il temibilissimo commissario Valdis Dombrovskis, è una notizia formidabile, se ci si pensa, per almeno due ragioni.

La prima ragione è evidente: se è vero che la reputazione dell’Italia nei prossimi anni sarà legata in buona parte alla capacità dei governi di mettere a terra il Pnrr, avere un commissario la cui reputazione dipenderà anche dalla sua capacità di far funzionare bene i Pnrr di tutt’Europa è un elemento di responsabilizzazione in più, per il commissario e per il suo paese. La seconda ragione è ancora più evidente: se è vero che parte del futuro dell’Europa dipenderà anche dalla capacità degli stati membri che utilizzano il debito comune di spendere bene i soldi europei, e di non sprecarli, avere un’Italia che in modo compatto lavorerà nei prossimi cinque anni per dimostrare che il Pnrr può essere un’esperienza da replicare, con altro debito comune, potrebbe portare ulteriormente l’Italia a responsabilizzarsi, a lasciarsi alle spalle le scappatelle populiste e a non perdere la propria rotta europeista anche nei prossimi anni, qualsiasi cosa succeda.

Un’Italia che, anche grazie alle nomine europee, grazie ai nuovi equilibri comunitari, si trova nelle condizioni di non poter deragliare dai binari europei è un’Italia che permette di guardare con ottimismo al futuro e che ci spinge anche a leggere quell’acronimo impronunciabile con uno sguardo diverso: Pnrr, Pensare Negativo Risulta Ridicolo. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? La nostra scelta la conoscete già.

  • Claudio Cerasa
    Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e “Ho visto l’uomo nero”, con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

Leave a comment

Your email address will not be published.