Israele colpisce Hezbollah nel sud del Libano con un’intensità inedita

Lo stato ebraico bombarda il gruppo e torna a colpire i suoi capi a Beirut. Intenzioni, pericoli e differenze dal 2006 della guerra con Hezbollah

Gli avvisi alla popolazione libanese sono stati diramati da parte di Tsahal dalle due ore a mezz’ora prima del più grande attacco che Israele ha compiuto contro il Libano dall’8 ottobre, giorno in cui Hezbollah, il partito-esercito che gestisce gran parte del paese, ha dichiarato la sua guerra contro lo stato ebraico aggiungendo i propri droni e razzi a quelli lanciati da Hamas dalla Striscia di Gaza. Ieri l’esercito israeliano, parlando in arabo, ha fatto sapere alla popolazione libanese che presto sarebbero stati colpiti molti dei principali depositi di armi che Hezbollah gestisce nel sud del Libano e ha esortato chiunque vivesse vicino o sopra un arsenale ad abbandonare immediatamente la propria casa. I messaggi, le chiamate e gli avvertimenti via radio si sono concentrati soprattutto nella valle del Bekaa, dove sono nascoste molte delle strutture militari di Hezbollah.



Dopo gli avvisi, sono arrivati gli attacchi, l’esercito israeliano ha detto che sono stati colpiti circa ottocento obiettivi militari, ha mostrato le immagini dei bombardamenti in cui gli edifici, dopo essere stati colpiti, iniziano a brillare in una catena di esplosioni continua. Dallo scorso anno, Israele non aveva mai lanciato un attacco tanto potente e alcuni esperti hanno anche comparato l’intensità dei ripetuti bombardamenti nel sud del Libano con la guerra del 2006. Con altri attacchi a Beirut, è stato preso di mira Ali Karaki, membro dello stato maggiore di Hezbollah e responsabile del fronte sud, quindi conoscitore delle posizioni di ogni deposito di armi e lanciamissili e dei piani per attaccare Israele. Dalla scorsa settimana, lo stato ebraico ha deciso di mostrare a Hezbollah fino a che punto conosce la sua catena di comando, quanto in profondità ha indagato sulla sua capacità operativa e fino a che livello può distruggere quello che Hezbollah ha messo in piedi per organizzare una guerra contro Israele. Alla decisione di far esplodere i cercapersone dei miliziani sciiti, realizzando un piano messo in piedi con anni di preparazione, all’eliminazione di Ibrahim Aqil, capo delle unità di élite Radwan, create e addestrate per penetrare dentro al territorio dello stato ebraico, Hezbollah ha risposto con un bombardamento intenso di più di trecento razzi che sono arrivati fino alla città di Haifa, considerata una delle linee rosse da non superare dagli attacchi del gruppo sciita. La presa di Hezbollah sul Libano è pesante e morbosa, il gruppo nasconde i suoi arsenali vicino o nelle case della popolazione, ha scavato anche i suoi tunnel al di sotto delle aree abitate. Israele sa quanto le realtà militare e civile di Hezbollah siano compenetrate, lo stato ebraico ha avvisato la popolazione affinché lasciasse le case in tempo, molti civili si sono spostati verso nord, cercando di arrivare a Beirut e, secondo il ministero della Salute libanese, il numero delle vittime per i bombardamenti di ieri è di 274 morti e più di mille feriti.



Israele continua a ripetere che l’obiettivo con il Libano non è la guerra totale, non è intenzione di Tsahal arrivare a uno scontro aperto su tutto il territorio. Agisce in modo mirato, nell’intenzione di indebolire il gruppo, privarlo delle sue armi, farlo sentire scoperto e nudo agli occhi dell’intelligence israeliana e quindi convincerlo a stringere un accordo, diverso e non parallelo a quello che ancora non si riesce a chiudere con Hamas e che, per quanto riguarda la sicurezza, per lo stato ebraico risulta più urgente. Una parte consistente del territorio israeliano è ancora disabitata, più di settantamila civili sono lontani dalle loro case da undici mesi, la parte nord delle regioni di Giudea e Samaria sono sotto il fuoco costante di Hezbollah e finora la diplomazia e i viaggi dei funzionari americani per placare la guerra non hanno cambiato la situazione. Israele è arrivato alla conclusione che questo è l’unico modo per costringere i miliziani a un cessate il fuoco che, come ha detto un funzionario di Tsahal ad Axios, gli israeliani sarebbero pronti a sottoscrivere immediatamente. Hezbollah ha trasformato il Libano in un campo di prova per il suo esercito, ha convinto parte dei libanesi di essere l’unico a poter far uscire il paese dalla crisi economica e di poterlo aiutare a sopravvivere e finora, anche nelle parole del suo leader Hassan Nasrallah, non ha mai dimostrato di voler fare passi indietro. Gli attacchi di Israele sono l’assaggio di una guerra più grande, ma che lo stato ebraico non ha intenzione di condurre come nel 2006. Alcuni esperti militari israeliani credono che, se mai dovesse iniziare un’operazione di terra dentro al Libano, coinvolgerebbe la parte meridionale in cui il gruppo sciita ha stipato le sue armi, mentre a Beirut e in altre parti del paese verrebbero condotte soltanto operazioni mirate.


Hezbollah inoltre non è più lo stesso gruppo che ha combattuto nel 2006, è un esercito ben armato, che si è addestrato durante la guerra in Siria, che si è arricchito e ha pazientemente messo da parte missili, razzi e droni per la sua guerra contro Israele.


Ieri il primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha detto che Israele non starà ad aspettare le prossime minacce, agirà per prevenirle. Gli Stati Uniti, che temono una guerra totale con il Libano, sono dell’idea che in questo momento le azioni israeliane abbiano il potere di limitare un conflitto più vasto. La risposta del gruppo, dopo il pesante bombardamento israeliano, è stata quella di colpire lo stato ebraico, senza mostrare passi indietro, ma con molte meno armi a disposizione.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull’Unione europea, scritto su carta e “a voce”. E’ autrice del podcast “Diventare Zelensky”. In libreria con “La cortina di vetro” (Mondadori)

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