Questa è l’epoca in cui non si ha fiducia in niente ma si crede a tutto

Nel libro “I demoni della mente” Mattia Ferraresi esplora come la realtà contemporanea sia vista come illusoria e manipolata, portando a complottismo e paranoia

In Le origini del Capitalismo Hannah Arendt ha scritto che il suddito ideale del regime totalitario non è il marxista convinto o il nazista convinto, ma colui per il quale la distinzione tra il vero e il falso, tra ciò che è reale e ciò che non lo è non esiste più. Il regime totalitario, questa la tesi della Arendt, afferma il suo potere assoluto tramite una mobilitazione generale che coinvolge non soltanto le masse e gli apparati politici o di partito, ma il senso stesso della realtà. Anche la realtà viene messa in movimento; guai a qualcosa che stia fermo, che possa rappresentare un riferimento comune per gli uomini. Se vogliamo farne una massa sempre più amorfa, questi ultimi debbono essere isolati, atomizzati, impauriti di non stare dentro il “mainstream”. Quanto al mondo, esso deve essere scompaginato, ribaltato, trasfigurato. L’uomo nuovo e il mondo nuovo nasceranno soltanto dopo che saranno state abbattute tutte le barriere, prima fra tutte la barriera del senso comune.

È stato questo il pensiero che mi ha fatto compagnia dall’inizio alla fine nella lettura del libro di Mattia Ferraresi, “I demoni della mente”. Il tramonto di un’epoca in cui non si ha fiducia in niente ma si crede a tutto (Mondadori 2024), un libro che ha suscitato in me il diletto che sempre scaturisce dalle idee chiare e distinte, specialmente quando sono ben scritte, ma anche una profonda inquietudine. Proprio all’inizio del suo libro, Ferraresi scrive: “Una grande premessa opera alla base della mente contemporanea e il suo contenuto può essere brutalmente sintetizzato così; la realtà non esiste. Quello che sperimentiamo è poco più di un’illusione, una trama d’inganni e conflitti interpretativi. Il mondo è un groviglio di impulsi che suscita impressioni in soggetti più o meno consapevoli e perciò poco attrezzati per offrire testimonianze credibili anche sull’esperienza che li riguarda direttamente. Il soggetto dissociato, che non sa distinguere con certezza ciò che accade dentro la sua testa da ciò che avviene fuori, è uno dei protagonisti assoluti del nostro tempo”.

Di qui, manco a dirlo, il complottismo, la dietrologia, lo stile paranoico che spingono ad andare oltre le apparenze, oltre ciò che si vede, al fine di scoprire la “vera” realtà, la trama occulta che sostiene ogni cosa. Tutti temi che Ferraresi cerca giustamente di ricondurre a una tendenza diffusa nella cultura occidentale fin dai tempi di Platone (forse anche prima, si pensi a Parmenide) e che oggi si incarna alla perfezione nella filosofia della saga cinematografica di “Matrix”. Questa saga rappresenta per Ferraresi “il più potente saggio sulla mente contemporanea prodotto nella nostra epoca”, una sorta di “mito della caverna riadattato al Ventunesimo secolo”. Il mondo che crediamo di conoscere in realtà è soltanto un “grande show cibernetico” fatto apposta per tenerci buoni; la realtà così come appare è soltanto illusione e inganno; ognuno di noi è uno schiavo “in custodia nella più inviolabile delle prigioni, quella della nostra mente”. A meno che qualcuno non ci offra la famosa “pillola rossa”, grazie alla quale vedere le cose come realmente sono. Illuminazione e risveglio sono non a caso le metafore che fanno un po’ da guida alle molte storie paradigmatiche che Ferraresi racconta in questo libro. Dalla saga cinematografica di “Matrix” all’ideologia woke, dalla convergenza tra le fandom di Taylor Swift e Donald Trump all’idea di un sistema di criptovalute capaci di liberarci finalmente da ogni ingombrante rapporto di fiducia, e sono soltanto alcuni esempi tra quelli su cui si sofferma Ferraresi, tutto sembra alimentare un clima mentale che, a furia di guardare ciò che c’è sotto e che non viene detto, finisce chestertonianamente per rendere credibile qualsiasi cosa, persino che il pene sia “la forza concettuale che è alla base dei cambiamenti climatici”. Le pagine del capitolo finale intitolato Pene concettuale e terrorismo stocastico sono in questo senso un esempio mirabile di tragedia culturale raccontata con ironia; pagine assolutamente da leggere.

Anche se la parola non viene mai usata da Ferraresi, credo che il suo libro ci mostri in modo assai eloquente una sorta di ascesa e rovina del vecchio gnosticismo, sempre presente nelle diverse epoche culturali che si sono via via succedute nel corso della storia, ma oggi diventato di massa e quindi destinato per ironia della sorte a morire nel ridicolo. Per secoli lo gnosticismo ha guardato con sospetto la realtà, il mondo che si vede, quello che sta sotto gli occhi di tutti; alle banali verità del senso comune ha sempre contrapposto qualcosa di arcano, visibile a pochi eletti, capaci di guardare dall’alto della loro conoscenza da iniziati gli Untermenschen, gli uomini inferiori che continuano ad abitare i pregiudizi del senso comune, la realtà che fa dire pane al pane e vino al vino. Ebbene, oggi che è diventato di massa, questo atteggiamento non soltanto ha perduto il fascino che lo avvolgeva nei secoli passati, dovuto per lo più anche a un certo suo pur nobile potenziale critico nei confronti del pensiero dominate, ma essendo diventato esso stesso pensiero dominante rischia paradossalmente per non avere più nessun mondo reale da decostruire. Restano soltanto le sue molteplici rappresentazioni, ognuna delle quali autoreferenziale e incomunicabile. Come dice Ferraresi, l’atteggiamento della mente contemporanea è contrassegnato ormai dal fatto di guardare sempre a ciò che c’è dietro, non a ciò che ho davanti. Sia coloro che pensano che Biden abbia scippato a Donald Trump la presidenza degli Stati Uniti, sia coloro che vedono dietro il Covid le macchinazioni di Soros, e sia infine coloro che parlano di scie chimiche o dei segreti effetti collaterali dei vaccini rappresentano in fondo tanti mondi a parte, chiusi, accomunati soltanto dalla convinzione che nei nostri giudizi sia anzitutto necessario andare oltre la superficie delle cose. In questo modo la realtà svapora e a chi continua ostinatamente a richiamarsi a essa non resta che aggrapparsi ai propri pregiudizi. D’altra parte, come dice da par suo il grande Nicolás Gómez Dávila, sono esattamente i pregiudizi che ci proteggono dalle idee stupide.

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