Magda vola via: la musica “lieve” di Giacomo Puccini

Doveva essere un’operetta per Vienna, diventò “La rondine”. Un mosaico composto da melodie frammentate e citazioni, incentrato su una protagonista coraggiosa che decide da sola sul suo futuro, anche a costo di spezzare il cuore del suo promesso sposo

Una chiacchierata con musicisti, interpreti e critici per ognuna delle dodici opere di Giacomo Puccini, nel centenario della morte del compositore. Abbiamo già scritto di “Manon Lescaut” (31 gennaio), “Gianni Schicchi” (16 febbraio), “La Fanciulla del West” (6 aprile), “Le villi” (23 aprile). “La bohème” (11 giugno), “Edgar” (11 luglio), “Turandot” (29 agosto).


Quando Fabio Sartorelli parla di Giacomo Puccini, si commuove. Lo studia, lo ascolta e lo fa ascoltare ai suoi studenti del Conservatorio di Milano e dell’Accademia del Teatro alla Scala. Le sue guide all’ascolto, organizzate in tutta Italia (alcune disponibili anche su YouTube), sono seguitissime, anche dai giovani, attratti dalla sua innata capacità narrativa, dalla ricchezza infinita di aneddoti e dalla sua profonda conoscenza della materia. E’ un fenomeno da approfondire, in barba a quanti dicono che l’opera è qualcosa “da vecchi”.



Con lui torniamo al 1914, quando gli impresari del Carltheater di Vienna chiesero a Puccini di scrivere un’operetta. Fu una commissione che convinse poco il compositore lucchese, il quale, dopo un breve periodo di lavoro, comunicò la decisione di scrivere invece un’opera: La rondine. Come per molte delle sue partiture, Puccini propose numerose revisioni “perché – spiega Sartorelli – si accorgeva che la sua musica, in prima istanza, aveva una serie di potenzialità inespresse. La rondine, poi, non ebbe il successo sperato e questo accentuò i tentativi di revisione”. Ci furono quattro versioni (l’ultima ritrovata solo pochi mesi fa negli archivi di Torre del Lago ed eseguita alla Scala sotto la direzione di Riccardo Chailly) e Puccini ancora nell’agosto del 1924 scriveva: “Povera ‘Rondine’ mia, quale ingiusto oblio”.



La vicenda si svolge a Parigi nella seconda metà dell’Ottocento. Magda è la mantenuta di Rambaldo ma stuzzicata da Prunier sente la mancanza di un vero amore e ricorda i suoi errori. Questo fuoco riprende a crepitare quando incontra Ruggero. L’amore tra i due sembra trionfare e condurli alle nozze. Magda però intuisce che, in fondo, quella non è la vita che desidera: prende in mano il suo destino e decide di “volare” ritornando a Parigi. Sono numerosi e ben noti gli elementi che avvicinano La rondine alla Traviata dell’amato Giuseppe Verdi, con una differenza non trascurabile: “Magda è una donna che decide, a costo di spezzare il cuore di Ruggero – continua Sartorelli – ma lo fa anche per proteggerlo: Ruggero è un provincialotto che ha dovuto chiedere il permesso alla madre per sposare la donna di cui è innamorato, non avrebbe retto il peso del passato di lei”.



La vicenda è raccontata all’interno di una partitura leggera, chiara e di estrema raffinatezza: “Era lo stesso compositore – prosegue Sartorelli – a descrivere la nascente partitura come ‘lieve’ in risposta a una musica ostica. Il Novecento pucciniano inizia qui: Puccini comprendeva tutti i tentativi musicali in atto, ma non li apprezzava”. Così continua a delinearsi il suo stile compositivo che “dal 1910 con La Fanciulla del West sino al 1924 con Turandot si evolve toccando vette espressive a volte superiori al sinfonismo di Mahler, che peraltro criticava Puccini perché sentiva la mano di uno che avrebbe potuto fare come lui o addirittura meglio di lui”.


Così Puccini costruisce le melodie in maniera frammentata, un mosaico che valorizza le parti nascoste, gli accompagnamenti, i piccoli interventi strumentali. “Non mancano, come sempre, le citazioni – aggiunge Sartorelli – quella della Salomè di Strauss è ironica e dice della sua conoscenza di un certo repertorio; troviamo qui e lì Stravinskij. Ma Puccini cita anche sé stesso. Una padronanza della scrittura che conduce l’atto compositivo su livelli sempre diversi”.



Il tempo è volato e ci sarebbe da dire ancora molto ma stuzzichiamo Sartorelli – che di aneddoti ne ha tanti – sulle castronerie ascoltate in questo anno pucciniano. Sartorelli si fa serio: “Non si tratta di stupidaggini ma di un modo di raccontare Puccini carico di cliché poco interessanti e non sempre veri. Puccini e le donne, Puccini e le macchine, Puccini e il fumo. Per non parlare delle questioni politiche. Puccini è molto di più. Un mondo tutto da scoprire che dovrebbe vivere sulla pelle di persone che vibrano della sua musica”.

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