L’AfD vuole vincere nella roccaforte socialdemocratica. La mutazione del voto di protesta

Il test sul cancelliere Scholz, che è stato tenuto lontano dal Land, e l’ultimo comizio dell’estrema destra prima del voto di domenica

Con il voto in Brandeburgo domenica si chiudono le elezioni regionali tedesche di questo settembre mestissimo per il governo di Olaf Scholz, che dalle europee di inizio estate continua a ricevere soltanto brutti colpi. Anche in questo piccolo e florido Land, che ingloba con le sue splendide campagne la città-stato di Berlino, i sondaggi segnalano una grande avanzata dell’AfD, il partito dell’estrema destra che ha vinto in Turingia ed è arrivato secondo in Sassonia: nelle ultime rilevazioni è un soffio sopra all’Spd, il partito del cancelliere Scholz che governa il Brandeburgo dalla riunificazione della Germania (entrambi sono attorno il 26/28 per cento).

Terza, ma con una distanza di oltre dieci punti percentuali, c’è la Cdu, la destra tradizionale tedesca che questa settimana ha confermato come suo leader Friedrich Merz, che viene già considerato, forse in modo eccessivamente sbrigativo, il probabile successore di Scholz alla cancelleria: se i socialdemocratici, con gli alleati della coalizione semaforo, i verdi e i liberali, sono in costante declino, i cristianodemocratici invece sono risultati il primo partito alle europee e forniscono l’alternativa più solida alla crescita della destra estrema. Appaiato alla Cdu c’è il partito della sinistra radicale guidato da Sahra Wagenknecht, il Bsw, che saccheggia voti alla Linke (nei sondaggi ha meno della metà dei consensi rispetto alle ultime elezioni del 2019) e che già in Sassonia si è imposto come interlocutore necessario per formare una coalizione di governo.

Poiché il Brandeburgo è l’unico Land guidato ininterrottamente dall’Spd dal 1990, queste elezioni sono considerate un test cruciale per l’acciaccato Scholz, che è stato per questo tenuto a debita distanza dal governatore della regione, Dietmar Woidke, al potere da 14 anni, che non ha temuto di essere considerato un ingrato da parte del cancelliere e ha deciso di scollegare completamente la sua campagna elettorale dalla leadership nazionale: sui cartelloni c’è soltanto lui, negli slogan elettorali dice: se proprio volete uno skinhead, votate me (è pelato). Una mossa furba, scrive lo Spiegel: se Woidke vince, si dirà che ha fatto bene a non mischiarsi con la crisi del cancelliere; se perde, potrà dire che il contagio di impopolarità che arriva da Berlino è talmente potente da non poter essere arginato. In ogni caso, l’eventuale caduta di una roccaforte socialdemocratica com’è il Brandeburgo non potrà essere addebitata soltanto a Scholz, è evidente che nella politica tedesca sta avvenendo una mutazione più profonda e ancora non del tutto decifrata. Il Brandeburgo è molto diverso dagli altri Länder dell’est: è ricco, è pieno di investimenti, è il rifugio dei berlinesi che non vogliono più vivere in città, ospita stabilimenti d’avanguardia come la gigafactory della Tesla, la prima aperta in Europa che impiega 12 mila persone, viene scelto come set per film hollywoodiani. La retorica dell’est tedesco dimenticato, tradito da una riunificazione che non ha portato benefici ma che ha soltanto tentato di nascondere fratture sociali incurabili non s’adatta al Brandeburgo, così come non s’adatta la retorica anti immigrazione, visto che qui soltanto il 12 per cento dei residenti è immigrato, contro una media nazionale che è più del doppio.

Eppure l’AfD ha fatto un’avanzata straordinaria e punta a vincere: sarebbe la seconda volta nella sua storia, la prima è stata tre settimane fa in Turingia. Alla chiusura della campagna elettorale a Cottbus, la seconda città più grande del Land in cui l’AfD ha stabilito il suo quartier generale, è arrivato il sulfureo Björn Höcke, che guida il partito in Turingia e quindi è ora osannato, che dal palco si è messo a fissare i tanti simpatizzanti dicendo: una volta vedevo soltanto teste bianche come la mia, ai comizi dell’AfD, invece oggi vedo ragazzi, donne, famiglie – è già stato l’elettorato giovanile a determinare il successo del partito in Turingia e Sassonia. Secondo gli esperti, è ancora una volta il voto di protesta a determinare l’ascesa dell’AfD, cioè l’insofferenza nei confronti del partito che governa da più di trent’anni. Nelle interviste agli elettori che dicono che voteranno per l’estrema destra (c’è un 25 per cento di indecisi: una grande fetta) ricorrono i temi generali che fanno forte l’AfD: impoverimento, disinteresse della politica, immigrati pericolosi o comunque non integrati, servizi diventati scadenti. C’è anche l’Ucraina: a Schwedt c’è una grande raffineria gestita dalla società Pck, che impiega un migliaio di persone e che fino al 2022 era completamente dipendente dal petrolio russo. Le sanzioni contro Mosca e il sostegno tedesco alla difesa di Kyiv hanno condizionato la vita dei dipendenti della raffineria e anche il loro voto. Nelle ultime settimane in realtà c’è stato un recupero dell’Spd, che i commentatori spiegano con una sostanziale voglia di stabilità, la stessa a cui ambisce il traballante Scholz.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d’amore – corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d’amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l’Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell’Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi

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