Ha riaperto il Bar della Pace, ma è un ristorante (e senza edera)

Era il 2016 quando lo storico locale chiuse i battenti per uno sfratto, adesso ha rialzato la saracinesca ed è molto diverso: Mauro Pizzuti, il nuovo gestore, l’ha completamente ristrutturato. Resterà da capire se la nuova formula preserverà la sua tradizione per restituire alla Capitale il suo storico Caffè

La notizia è passata piuttosto in sordina. Ma dopo 8 anni di chiusura ha riaperto il Bar della Pace, punto di ritrovo per eccellenza nel centro della città. Nato nel 1891, il locale è stato crocevia di artisti, scrittori, attori, registi, personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo. A due passi dal Chiostro del Bramante, era il luogo dove ci si dava appuntamento a inizio serata oppure si passava alla fine, perché tanto ormai la serata era andata, magari un po’ deludente, e allora si andava “alla Pace” per risollevarla un po’, per un ultimo bicchiere. Ci si andava pure da soli, certi di trovare sempre qualcuno con cui fare due chiacchiere. Per un appuntamento in centro era un classico: ci vediamo al Bar della Pace. C’era poi chi ci stazionava per l’intera serata, una specie di seconda casa. Anche solo guardare il passaggio di persone era di per sé uno spettacolo.

Tutto finì con lo sfratto che i proprietari dello stabile, il Pontificio istituto teutonico di Santa Maria dell’Anima, diede ai gestori, la famiglia Serafini, nel 2014. Per due anni si andò avanti tra minacce, ultimatum, incredulità (il locale era “caffè storico”), proteste, “incatenamenti”, fino alla chiusura nel 2016. “I preti chiudono il Caffè della Pace”, titolarono i giornali. L’obbiettivo era farci un hotel a cinque stelle, mai realizzato: nel corso degli anni è rimasto chiuso e basta, e al posto dei tavolini immondizia e automobili. Ora, a sorpresa, la riapertura.

“Non l’abbiamo detto a nessuno, vogliamo fare un po’ di rodaggio, poi faremo una festa di inaugurazione. In questi giorni, però, sono venuti in tanti, spinti dalla curiosità e dal passaparola”, racconta il nuovo gestore, Mauro Pizzuti. La cui società ha altre attività in zona, nei dintorni di piazza Navona, come il famoso bar Tre Scalini. “Quello originale del tartufo, però, non l’altro…”, tiene a sottolineare.

Ma torniamo alla Pace. Non c’è più l’edera che avvolgeva il palazzo, ma la grande novità è che ora è anche un ristorante. A vedere l’ampiezza del menù, più ristorante che bar. “Col solo beverage ormai non si sopravvive, ma la parte bar resta: chi vorrà solo bere, lo potrà fare con la massima libertà. Del resto, il locale è aperto dalle 7 di mattina alle 2 di notte, c’è spazio per tutto, dalla colazione all’afterdinner”, spiega Pizzuti. Il menù è corposo: antipasti, fritti, focacce, pinsa romana, zuppe insalate, primi, secondi, carne alla brace, dolci. Lunga lista di vini, bollicine, mixology, tra cui spicca un cocktail “Pace” e uno spritz “Bar della Pace”.

Il locale è cambiato completamente anche all’interno, dove è stato realizzato anche un piano superiore. “Qui non c’era più nulla, era rimasta solo l’antica colonna centrale, del vecchio locale abbiamo recuperato la cassa, le porte, qualche tavolo e sedia. Il resto è tutto nuovo, ma provando a restare fedeli alla tradizione”, sostiene Pizzuti. Gli interni sono glamour, un po’ parigini, con un bancone importante, anche se il fascino “sgarrupato” del vecchio un po’ manca. Qualche domanda, però, è legittima: diventando ristorante il locale si snaturerà? E in cosa si differenzierà dalle decine di altri risto della zona? Insomma, non sarà facile ricreare quel clima, anche perché otto anni di “buco” sono tanti, quasi una generazione. Forse sarà una cosa completamente diversa, con clientela differente. Intanto è stato assoldato un art director, Giovanni La Gorga, in arte dj Giovannino, storico dj della capitale, che abita proprio qui sopra. Durante la pandemia s’è inventato “from my house in da house”: metteva dischi a casa con le casse sul balcone e faceva ballare la gente in strada.

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