La ricetta di Panetta per far proseguire la ripresa del Mezzogiorno dopo la crisi

Per la ripartenza del sud servono infrastrutture, non bonus. Il governatore della Banca d’Italia propone investimenti mirati su porti, reti e servizi pubblici e avverte sui rischi dell’autonomia differenziata. “Liberare il potenziale con politiche adeguate”

Il richiamo al Mezzogiorno da parte del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, assume un significato speciale nel momento in cui la premier Giorgia Meloni deve decidere se e a chi affidare la delega che è stata fino a oggi del ministro Raffaele Fitto, appena nominato vice commissario europeo. Il senso del suo messaggio è, infatti, quello di “dare continuità alla ripresa meridionale” incoraggiando “con politiche appropriate” la tendenza alla crescita economica mostrata dopo la pandemia.

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Tra il 2019 e il 2023, infatti, il pil del Mezzogiorno è aumentato del 3,7 per cento contro il 3,3 per cento di altre regioni, le esportazioni sono cresciute del 13 per cento, 4 punti in più del centronord, e l’occupazione è salita del 3,5 per cento, a fronte dell’1,5 per cento nel resto del paese. Infine, il tasso di disoccupazione è sceso di 3,6 punti, il doppio che nelle regioni centro-settentrionali. “Secondo i nostri indicatori congiunturali, l’espansione dell’economia meridionale sarebbe proseguita nel primo semestre di quest’anno”, ha affermato Panetta, non mancando di sottolineare che tale crescita “è in parte dovuta a fattori temporanei”. Quest’area del paese ha in generale beneficiato dell’incremento degli investimenti pubblici e del sostegno ai redditi delle famiglie. E per la crescita del pil è stato significativo l’apporto delle costruzioni, grazie al Superbonus, e del Pnrr.



Ma la ripresa in atto – ha aggiunto in sintesi il governatore – riflette anche i processi di ristrutturazione e di consolidamento produttivo innescati dalla precedente recessione, con l’espulsione dal mercato delle imprese meno efficienti, ed è stata favorita dai progressi emersi nel campo della tecnologia, della produzione di semiconduttori e dei settori aerospaziale e farmaceutico, grazie a poli universitari che stanno facendo passi in avanti notevoli nella ricerca. Inoltre, la durata dei processi civili si è dimezzata e il grado di digitalizzazione della pubblica amministrazione è aumentato. Insomma, almeno una parte dello scatto in avanti che ha fatto il Sud negli anni più recenti è dovuto a fattori strutturali.

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Naturalmente questi sono, per il governatore, “indizi” e non “prove” di un possibile miglioramento, ma al tempo stesso denotano un potenziale di sviluppo del Mezzogiorno che “può essere liberato con politiche appropriate”. Quali sono queste politiche? Per Panetta, più che bonus e incentivi, vanno privilegiati gli interventi infrastrutturali perché sono gli unici in grado accrescere la capacità produttiva (per esempio, porti e reti stradali e ferroviarie), ma occorre anche migliorare i servizi pubblici come sanità, scuola e giustizia, per i quali le risorse sono fin troppo scarse. In queste parole è possibile leggere un certo scetticismo nei confronti della possibilità di realizzare l’autonomia differenziata senza aggravare il divario nord-sud che il governatore auspica, invece, venga colmato per il bene di tutto il paese.



Ma la parte più incisiva dell’analisi di Panetta è su quello che c’è da fare. il Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno, ad esempio, potrebbe aggiungere altri investimenti a quelli che sono disponibili nel decennio in corso e che sono stimabili nel 5 per cento del pil del dell’area ogni anno. E qui il diavolo sta nei dettagli. In una nota del discorso del governatore, viene ricordato che il Fondo perequativo (istituito nel 2021 dal governo Draghi) con una dotazione iniziale di 4,6 miliardi, è stato fortemente “ridimensionato” nell’ultima legge di Bilancio: il Fondo è stato azzerato per il 2024-2026 e portato a 900 milioni per il periodo 2027-2033. Infine, il decreto Coesione (fortemente voluto dall’ex ministro Fitto) ne ha cambiato poi la denominazione destinando le risorse alla realizzazione delle infrastrutture previste dalla Zes Unica per il Sud. Tutte circostanze ricostruite a piè di pagina dalla relazione di Panetta che si conclude con una riflessione sui vantaggi di stabilità geopolitica che può offrire il Mezzogiorno come area per gli investimenti produttivi in uno scenario globale pieno di rischi per le imprese.



Ma la chicca è il richiamo finale alla qualità della classe dirigente che si occupa di Sud. Panetta cita Donato Menichella, l’ideatore della Cassa per il Mezzogiorno, quando disse che nessuno strumento, per quanto ben concepito, può dare risultati utili “se non è affidato a mani sapienti e a coscienze rette”. Una raccomandazione al governo di scegliere con cura chi si occuperà del futuro del Sud?

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