La lotta politica in Bolivia dopo il golpe sventato: Arce, Morales e la crisi energetica

L’ex presidente Morales guida una marcia verso la capitale La Paz e chiede le dimissioni del capo di stato, suo ex amico e ora nemico. La guerra tra i due ha spaccato il Mas – Movimiento al Socialismo e ora in piazza scendono anche altri gruppi radicali. A esacerbare la tensione il declino del gas

L’ex presidente boliviano Evo Morales mercoledì aveva abbandonato la marcia dei suoi sostenitori su La Paz per mostrare che non voleva farne una questione personale per la sua rielezione, ma solo dopo che il ministro della Giustizia Iván Lima aveva minacciato di processarlo come “golpista”. Giovedì però ci ha ripensato, mentre chiede al suo ex amico e ora nemico presidente Luis Arce di dimettersi a favore del vicepresidente Andrónico Rodríguez (e questi si chiama fuori).

I manifestanti dovrebbero in teoria arrivare nella capitale lunedì, ma una contromobilitazione di “autoconvocati” pro-Arce promette di bloccare quella che il presidente definisce “marcia della morte”. Già martedì, nel primo giorno della marcia, hanno teso una imboscata con scontri che hanno fatto 17 feriti. Intanto, la Chiesa cattolica invita al dialogo di fronte alla “complessa situazione sociale”.

Luis Arce è stato il brillante ministro dell’Economia di Evo Morales dal 2006 al 2017, e poi di nuovo dal gennaio al novembre del 2019, quando l’allora presidente fuggì dalla Bolivia. Dopo una sommossa seguita a elezioni contestate, in cui si era comunque presentato senza rispettare né il divieto costituzionale a fare più di due mandati né la sconfitta al referendum che gli aveva impedito di modificarlo, solo grazie a un intervento ad hoc della Corte Costituzionale. In capo a un anno, nuove elezioni videro la vittoria del suo partito (Mas – Movimiento al Socialismo), che però appunto per via di quel divieto costituzionale aveva candidato Arce. Il delfino si è però rifiutato di fare da pupazzo e a fine 2021 la rottura era ormai manifesta, con la spaccatura verticale nel partito Mas che ha bloccato il paese.

L’opposizione, di per sé, correrebbe il rischio di fare la fine di quelle di Venezuela e Nicaragua, come dimostrano le detenzioni sia della ex-presidente a interim Jeanine Añez, sia dell’ex-governatore di Santa Cruz de la Sierra Luiss Fernando Camacho. Ma all’Assemblea Legislativa Plurinazionale i deputati e senatori oppositori votano assieme contro Arce, che intanto cerca di far formalizzare che il divieto costituzionale impedirebbe a Morales non solo una terza candidatura consecutiva, ma una terza candidatura tout court. Esattamente come chiede l’opposizione. Ovviamente, Morales e Arce si sono cacciati a vicenda dal Mas, che si è dunque sdoppiato. Alla Camera ci sono dunque ora 50 deputati “arcistas”: 33 della opposizione di centro, 25 “evistas” e 16 della opposizione di destra. Al Senato 16 “evistas”, 11 della opposizione di centro, 5 “arcistas” e 4 della opposizione di destra.

Ma il Mas nasce come partito di sindacalisti, che portò Morales alla presidenza a colpi di proteste di piazza. E in piazza si consuma dunque oggi gran parte della sua faida interna. “Marcia per salvare la Patria, per la vita, la democrazia e la rivoluzione” si chiama la marcia contro la crisi economica dei seguaci di Morales che è partita ieri dalla località di Cracollo, e che prevede di raggiungere la sede del governo in sei giorni dopo un percorso di circa 200 chilometri. E’ una protesta pacifica, promette Morales, ma aggiunge che se le richieste non verranno soddisfatte da ottobre inizierà il blocco stradale. Lo stesso blocco era stato annunciato già da lunedì dal gruppo ancora più radicale dei Ponchos Rojos, che ha chiesto direttamente le dimissioni di Arce esibendosi in video con le armi. Ma invece dei nove posti di blocco annunciati ne hanno fatti solo cinque, con molti meno attivisti dei 10 mila proclamati, e quattro di loro sono stati anche arrestati.

“Non ti permetterò di mettere a rischio la vita del nostro popolo e agirò secondo ciò che la Costituzione politica dello stato impone”, ha risposto Arce a Morales domenica in tv, mentre il sindaco di El Alto Eva Copa avverte che l’ex presidente deve “chiedere il permesso” per entrare nel suo comune, e settori arcistas annunciano controblocchi. A esacerbare la tensione è la crisi iniziata dal 2023 dopo 15 anni di boom. Ma il declino del gas ha fatto crollare le entrate dello stato da 5,5 miliardi di dollari (nel 2014) a meno di 1,7 miliardi, e il tentativo di Arce di rimuovere sussidi ai carburanti ormai insostenibili alimenta appunto lo scontro.

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