Casalino: “Mi spiace per la guerra Grillo-Conte. Stiamo sbagliando linea politica”

Lo sfogo del comunicato del M5s: “Sono leale a Giuseppe. Ma dopo aver perso voti a destra, rischiamo di fare altrettanto anche a sinistra. Bisogna tornare a essere più politicamente scorretti e qualunquisti”

Sono amareggiato”. Assiste, silenzioso e un po’ in pena tra i busti del Senato, alla guerra micidiale in corso tra Giuseppe Conte, di cui è stato portavoce a Palazzo Chigi, e Beppe Grillo, di cui è stato deus ex machina della comunicazione ai tempi belli che furono. Quando i grillini volevano prendersi l’Italia e aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno o quando dicevano di aver abolito la povertà da un balcone. Rocco Casalino, per tutti e per sempre solo Rocco, è la scatola nera del Movimento. Ne conosce i segreti e le storture. E’ l’unico vero big rimasto in voga dal vaffa alla pochette. Rocco, come stai, con chi ti schieri? “Che domande: resto leale a Conte, consapevole che ci debba essere questo percorso dell’assemblea costituente per rigenerarci per un nuovo slancio: dobbiamo tutti esserne orgogliosi”, risponde ai colleghi che coordina a Palazzo Madama, dove ricopre il ruolo di capo ufficio stampa oltre a occuparsi sempre di tv e di strategia politica. Anche se è forse poco ascoltato.

Casalino è stato più di un comunicatore nelle passate due legislature. Decideva chi, tra i parlamentari, andava in televisione (il celeberrimo “Codice Rocco”), dettava l’agenda dei tg, gestiva il potere in maniera naïf e spietata. “Me l’ha detto Rocco”. “Ho sentito Rocco”. Parlava con Davide Casaleggio, ne aveva conosciuto anche il padre Gianroberto, con Grillo era in sintonia completa. Se parlava lui era come se lo avesse fatto Beppe. “Noi siamo un’intelligenza collettiva”. E poi Luigi Di Maio, le guerre con gli altri portavoce. Una certa dose di tracotanza sopportata dal mondo mediatico, quasi tutto ai suoi piedi, fino a quando stava a Palazzo Chigi a suggerire all’orecchio di Conte. I vocali bestiali contro i “pezzi di merda del Mef”, le chat del potere solo per i giornalisti corrivi. Poi Mario Draghi, poi l’oblio. Nuove elezioni. Si è fatto da parte. E’ stato messo in Senato. Sogna un seggio in Parlamento, dopo la candidatura sfumata alle europee. “Se la merita”, dicono i suoi amici che in questi giorni assistono al piccolo dramma emotivo di Casalino. Dispiaciuto per queste scene fra il suo Giuseppi e Beppe, scene di un mondo in dissoluzione. Casalino si candidò nel 2012 come consigliere regionale del neonato M5s in Lombardia (non venne eletto). Poi conobbe subito Grillo e Casaleggio padre. Ora è guardingo, nella sua torre d’avorio, ma critico per l’andazzo che sta prendendo il “suo” M5s. Rocco, cosa hai: non ti piace la linea del capo? “Certo che mi piace: è giusto stare nel campo progressista, se di là ci sono Meloni, Salvini e Tajani. Però il Movimento per funzionare deve essere qualcosa di più ampio e meno ideologico. Altrimenti dopo aver perso i voti a destra dopo il 33 per cento nel 2018, per colpa della Lega che era più netta, perderà anche quelli a sinistra, perché gli elettori sceglieranno l’originale”, racconta Casalino ai suoi discepoli con cui pranza al ristorante di Palazzo Madama, sempre interessati al suo parere. Rocco lo stratega: la sua passione. Anzi, “Il Portavoce”. Dal titolo della sua autobiografia (l’infanzia in Germania, il padre violento, la scoperta dell’omosessualità, il Grande fratello, la politica fino all’empireo di Palazzo Chigi) che sarebbe dovuto diventare addirittura un film, progetto poi saltato. Casalino il custode dei segreti di un partito, che ormai ha 14 anni, ma è anche l’ultimo rimasto in piedi della vecchia guardia. “Io ci sarò sempre”, scherza con gli amici, e chissà che non lo pensi davvero. Il fatto è che ormai è finito in “minoranza” nel Movimento. Ascolta e consiglia Conte, che però non lo segue più come prima, attorniato da un’altra squadra. Casalino sogna un M5s che sappia ancora parlare in maniera non elaborata. Meglio essere un po’ qualunquisti e populisti con gli elettori che cercano risposte semplici e dirette, forse scorciatoie. Assiste invece a un M5s che si sta spostando per via dei parlamentari sempre più a sinistra, con il rischio chiaro di sovrapposizioni con i partiti originali come Pd e Avs.

Rocco, perché sei dubbioso? “E’ una questione di mercato elettorale da aggredire: ci sono italiani che non votano, bisogna rivolgersi anche a loro, senza illusioni centriste da nuova Dc”, spiega ancora il funambolico ingegnere pugliese ai colleghi. Che poi ovviamente non si tengono nulla e vanno a spifferare il pensiero del Vate-Rocco ai quattro venti. Casalino è per definizione un amante del politicamente scorretto: una cifra dei vecchi grillini, al contrario della “cura delle parole” imposta dall’avvocato di Volturara Appula.


E’ defilato, triste e un po’ solitario, questo sì. E’ “rammaricato” per la piega che sta prendendo la guerra interna fra il fondatore e il leader. “Una cosa seria: mica stanno scherzando, fanno sul serio e mi dispiace”, lascia cadere sul parquet scricchiolante del Salone Garibaldi. Prima di scomparire aggrappato al telefono, come sempre, anche se non riceve più le potenti telefonate di una volta. Forse.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

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