La privatizzazione delle Ferrovie è a un passo. Parole da appuntarsi

Alzare i tassi di concorrenza e migliorare la qualità del servizio offerto. Questo è l’obiettivo del ceo Stefano Donnarumma e del governo, ma il modello attuale ha bisogno ancora di miglioramenti

La privatizzazione delle ferrovie? “Per noi è un invito a nozze”. Resta sorpreso chi si aspettava parole di grande prudenza o addirittura una frenata da Nicola Zaccheo, presidente dell’Autorità di regolazione dei trasporti, sull’ipotesi di ingresso dei privati nelle Fs: la sua prima risposta a caldo evidenzia, invece, le opportunità di un progetto importante.

Un progetto che, almeno in potenza, può portare ampliamento del mercato (“la ragione per cui siamo nati e lavoriamo”) e partecipazione di nuovi soggetti imprenditoriali. Inevitabile, però, piantare subito due palettoni robustissimi: rafforzare parallelamente la regolazione e “mantenere la rete ferroviaria unica, pubblica e nazionale”. Alla fine, per sintetizzare: “Ben venga l’ingresso dei privati sulla parte servizi, gestiti con rapporti di concessione”. Meglio ancora se i privati hanno “una quota di minoranza”.

Ognuno fa il proprio mestiere e quello di Zaccheo – che ieri ha tenuto al Senato la relazione annuale al Parlamento sull’attività dell’Autorità – è garantire condizioni di mercato paritarie a tutti gli imprenditori (pubblici e privati) che utilizzano i grandi asset strategici delle reti infrastrutturali nazionali. Fa parte del mestiere mettere in guardia dai “disastri prodotti dai tentativi di privatizzare la rete ferroviaria, come quello del caso inglese”. La regolazione è un work in progress: si capisce quando Zaccheo ricorda di avere dato parere favorevole al bando del comune di Roma per assegnare altre mille licenze di taxi, ma ricorda che, secondo i parametri dell’Autorità, “dovevano essere duemila”.

Le parole di Zaccheo sulla privatizzazione delle ferrovie rafforzano la posizione espressa dal nuovo amministratore del gruppo Fs, Stefano Donnarumma, che a Cernobbio aveva spiegato di voler studiare a fondo il dossier, anche due anni se necessario. Prudenza e valutazione di tutte le possibili opzioni sul campo. Gli interrogativi di fondo sono gli stessi da anni. Ingresso dei privati solo nella società dei servizi di trasporto (Trenitalia)? Ingresso dei privati nella holding Fs accentuando la separazione (anche proprietaria e non solo societaria) della società per la rete Rfi? Una holding di soli trasporti?

L’obiettivo – è d’accordo anche il governo – deve essere quello di innalzare i tassi di concorrenza e migliorare la qualità del servizio, non “fare cassa”. Anche perché se c’è un campo in cui l’Italia ha fatto scuola, quanto a concorrenza, è proprio l’Alta velocità che – unico caso di successo in Europa – consente di far viaggiare due vettori nazionali sulla rete. Tutelare la concorrenza che c’è dovrebbe essere il punto di partenza, per poi accrescerla facendo spazio a più soggetti imprenditoriali. E allargarla a servizi diversi dall’Alta velocità. Sarebbe un disastro far saltare un modello che funziona per inseguire chimere ideologiche o interessi di piccolo cabotaggio. Senza dimenticare che il modello attuale ha ancora bisogno di tanti miglioramenti, come ha fatto capire lo stesso Zaccheo, parlando di Rfi nella relazione: “Non conformità” alle proposte tariffarie di Rfi per il periodo 2024-2028, prescrizioni alle proposte di assegnazione delle tracce, “procedimento sanzionatorio” con sanzione “per violazione dei limiti consentiti nell’assegnazione della capacità quadro con riferimento a undici accordi quadro nel corso del 2022”.

E poi “è necessario un significativo cambio di rotta, sia gestionale che industriale” per arrivare all’ottimizzazione dell’uso della rete. “Sappiamo dei problemi che nascono dalla saturazione della rete su alcune tratte e dai cantieri per i lavori del Pnrr – ha detto Zaccheo – ma riteniamo che ci siano ancora ampi margini di miglioramento”. La performance di Rfi deve migliorare, ha insistito Zaccheo: “Ogni anno si contano circa 10 mila interruzioni di linea, ma ciò che preoccupa è anche la loro durata: nel primo semestre 2022 erano pari a 17.913 ore; nel primo semestre 2023 sono aumentate a 19.978 ore; nel primo semestre 2024 a ben 22.904 ore”.

Ci sono cose più urgenti della privatizzazione.

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