Il chiasso di Toropets. Una “Apocalisse” da sesta pagina

L’attacco ucraino a a nord-ovest di Mosca ha mandato in fumo un arsenale militare imponente, facendo vibrare perfino i sismografi svedesi, senza riuscire a raggiungere le orecchie degli europarlamentari. Un rumore che scuote un dubbio; è una condotta offensiva o difensiva?

Il mondo sta esplodendo, al dettaglio dei cercapersone e dei tostapane, e all’ingrosso delle bombe ipersoniche. A maggior ragione suggerirei alla mia cara Repubblica di mettere la testa sotto l’acqua fredda. La pagina dedicata all’attacco ucraino al deposito di armamenti e munizioni di Toropets si intitolava: “Apocalisse nel cuore della Russia”. Ora, il deposito era colossale, forse il più grosso della Federazione russa, il più antiatomico, e per parte sua il colpo ucraino, così addentro in territorio russo, fortissimo. Ma Apocalisse è un nome oltre il quale è difficile vederne uno più alto in grado. E un’apocalisse nel cuore della Russia rende pressoché ragionevole se non inevitabile un’apocalisse nel cuore dell’Ucraina. E tutto questo avviene a pagina 6 – le apocalissi serie chiedono la prima pagina. Meglio tenere i nervi saldi, penso.



Tanto più che, sempre oggi, il parlamento europeo doveva votare, e ha votato a larga maggioranza, la risoluzione che chiede ai paesi membri di revocare le restrizioni all’uso delle armi alleate contro legittimi obiettivi in Russia. Com’è noto, gli europarlamentari e le europarlamentari italiane hanno votato a larga maggioranza contro. È probabile che le loro coscienze abbiano impedito loro di fare diversamente. Alle coscienze non si comanda. Ma non avendo seguito attentamente il dibattito di Strasburgo, quello pubblico e quello interno ai gruppi, mi chiedo se si sia preso in considerazione l’avvenimento di Toropets, Tver’, che, benché non andasse oltre un’Apocalisse da pagina 6, era pur sempre una colossale pietra di paragone – il botto era stato registrato dai sismografi svedesi, doveva pur essere arrivato alle orecchie dei parlamentari italiani e ungheresi. L’esempio era specialmente cogente, dal momento che la santabarbara colpita era a 550 km dal confine ucraino-russo, dunque quasi al doppio della gittata dei missili alleati che gli ucraini implorano di poter utilizzare.



La domanda è: mirare e colpire un deposito di missili e razzi e droni e bombe plananti, proiettili di artiglieria e di kalashnikov, destinati da un momento all’altro all’impiego in cielo e terra ucraina, è un’operazione difensiva o offensiva? E dunque le armi con cui sia condotta sono offensive o difensive?


Non so perché ma non mi succede mai di aver voglia di domandare qualcosa ai 5 stelle. Però vorrei chiedere alle e agli europarlamentari del Partito democratico, uno per una, una per uno, in ordine alfabetico: sei dispiaciuta, sei dispiaciuto, che qualche migliaio di tonnellate di ordigni e munizioni sia andato in fumo a Toropets, facendo tanto chiasso, molto di più di quanto ne abbiano mai fatto i milioni di tonnellate di cereali bombardati nei depositi ucraini?



So immaginare qualche risposta. Il deposito inarrivabile di Toropets infilzato farà infuriare Putin e la sua banda e avvicinerà la guerra dei mondi. È la stessa risposta di quando gli ucraini affondano la Moskva, centrano il ponte di Crimea, vanno in gita in provincia di Kursk. Risposta vile, moralmente, a tener conto della portata della gita russa. Praticamente, cioè militarmente, politicamente, diplomaticamente, risposta perlomeno dubbia. La spettacolare incursione ucraina può attizzare il rogo, o può segnare un passo verso un pareggio e una interruzione, se non una fine. Il complemento della risposta può però essere: gli ucraini possono colpire fin oltre San Pietroburgo, ma se lo facessero con le nostre armi e con la nostra autorizzazione noi saremmo in guerra con la Russia. Infatti, noi siamo, diceva Marx, o forse Engels, quando non c’era la correttezza politica, come quella ragazza nubile che ha fatto un bambino, ma l’ha fatto piccolo piccolo.

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