Chi sono gli amici di Hezbollah in occidente

Università, media, politici: attori utili quando scoppierà la guerra con Israele. Qui da noi, il “partito di Dio” ha seminato bene

Dopo il 7 ottobre si è visto quanto bene Hamas avesse coltivato le pubbliche relazioni in occidente. Lo stesso per Hezbollah.

Le bandiere del “partito di Dio” libanese (un drappo giallo al cui centro campeggiano un kalashnikov e un versetto del Corano) sventolano ormai apertamente nei campus americani, dalla Columbia all’Hunter College di New York, fino alle marce per Gaza nelle città europee da Londra a Berlino. Naim Qassem, secondo in comando di Hezbollah, ha incoraggiato le proteste studentesche in occidente, come il suo padrino, l’ayatollah iraniano Khamenei.

“Hezbollah è consapevole dell’importanza di coltivare contatti con l’occidente”, ha affermato l’analista libanese Leila Ghanem. “I forum sociali rappresentano un’opportunità per Hezbollah”. Noam Chomsky, il famoso linguista statunitense padrino di tanto antagonismo occidentale, ha visitato perfino il quartier generale di Hezbollah e incontrato il suo leader Nasrallah.

“Penso che Nasrallah abbia un argomento ragionato e convincente sul fatto che dovrebbero essere nelle mani di Hezbollah (le armi) come deterrente a potenziali aggressioni” ha detto Chomsky. Poi l’accademico Norman Finkelstein (di cui Rizzoli ha pubblicato l’imbarazzante “Industria dell’Olocausto”) ha imbastito un’apologia di Hezbollah davanti a una giornalista libanese palesemente spiazzata da ciò che il suo ospite stava dicendo. Edward Peck, ex ambasciatore americano e portavoce della Flotilla, ha elogiato Hezbollah, paragonata ai soldati americani paracadutati in Germania durante la Seconda guerra mondiale. “Hamas e Hezbollah sono movimenti progressisti parte della sinistra globale”, ha detto Judith Butler, la filosofa di Berkeley, in un video che ha fatto scandalo. George Galloway, leader della sinistra radicale indipendente inglese, ha lavorato per Al Mayadeen, il canale libanese filo Hezbollah (uno dei tanti canali islamisti per cui Galloway ha prestato i suoi servizi). E con Galloway, il gruppo di Jeremy Corbyn, che ha definito “amici” Hamas e Hezbollah.

“Hezbollah è riuscito a incorporare l’idea di resistenza come parte dei movimenti internazionali anti globalizzazione”, ha affermato Abdel Halim Fadlallah, vicepresidente del Centro per gli studi strategici di Beirut, affiliato a Hezbollah. Funzionari vicini a Hezbollah rappresentano il gruppo alle riunioni del World Social Forum. Una delegazione accademica italiana è partita anche dalla Sapienza per incontrare Hezbollah (senza dimenticare la famosa passeggiata a Beirut di un nostro ex primo ministro e ministro degli Esteri).

E poi politici come Christine Buchholz della Linke tedesca, che ha difeso la “legittima resistenza” di Hezbollah contro lo stato ebraico. E quanto Hezbollah sia stato in grado di costruire ponti in occidente lo si è visto nella più prestigiosa università canadese, la McGill di Montréal.

Prima la partnership con l’Università di Teheran. Poi professori della McGill, come Soroosh Shahriari, che hanno twittato a sostegno della brutale repressione della Repubblica islamica contro la rivolta guidata dalle donne contro l’uso forzato dell’hijab in risposta all’omicidio di Mahsa Amini. Poi, nel 2024, l’università che è stata occupata in nome di Gaza, sfoggiando bandiere di Hamas e Hezbollah e allestendo anche campi estivi studenteschi dove si imparava a combattere Israele. Infine, gli esperti di disinformazione che hanno scoperto che le proteste anti Israele alla McGill University sono state alimentate da una campagna sui social media con legami con l’Iran.

E come per Hamas, Hezbollah beneficia anche del doppio standard di certa stampa. A fine luglio, il Washington Post si è scusato per la prima pagina pubblicata il giorno prima, che accostava un’immagine di familiari in lutto per un bambino ucciso in un attacco missilistico di Hezbollah sulle Alture del Golan a un titolo che recitava: “Israele colpisce obiettivi in Libano”. Il sottotitolo che accompagnava l’immagine non menzionava nemmeno l’attacco missilistico di Hezbollah che ha ucciso dodici bambini drusi che giocavano su un campo da calcio a Majdal Shams. E con ottomila missili lanciati da Hezbollah su Israele dopo il 7 ottobre, 43 israeliani uccisi e sessantamila israeliani costretti a evacuare il Nord di Israele, c’è da immaginare che siano in arrivo molti altri fan occidentali di Nasrallah.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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