Storie fantastiche di isole vere: la scrittura e il vento per Ernesto Franco

Creta è una pistola turca abbandonata da qualche pirata in fondo all’Egeo. Chiude a sud il mare della Grecia e i confini dell’Europa come la smorfia di un pescatore che guardi da lontano lo scintillio del mare. Sopra di lei le Cicladi sembrano ricordi che affiorano alla mente.


Ernesto Franco, “Storie fantastiche di isole vere” (Einaudi, 122 pp)

Avere in testa le isole significa credere nelle storie: da scoprire, indagare, inventare. E le isole sono balsami per le inquietudini: circondate dal mare, non così grandi da non poterle capire mai fino in fondo, non così noiose da credersi terraferma, non così presuntuose da pretendere dedizione costante. Nelle isole si arriva, dalle isole si riparte con il senso di una scoperta, con la promessa di un ritorno. Ernesto Franco, editore e scrittore, traduttore, genovese di vento e di mare, quindi teso sempre fra Oriente e Occidente, ma soprattutto con lo sguardo all’orizzonte, ha composto un sillabario di isole, da Cipro ad Haiti, ad Alacatraz, a Rodi, alle isole invisibili, fino a Itaca che è il luogo del ritorno. “E’ ciò che dà senso al viaggio, che è sempre di ritorno. Viaggiare è forse solo un continuo mandar notizie a se stessi dal luogo di partenza. A se stessi quan do si sarà ritornati”.

In questi capitoli fatti di isole, ognuna con il suo nome, il vero si mescola al fantastico, il mito alla letteratura e alla storia, ma anche al sentimento che ogni luogo imprime nella memoria e nell’immaginazione. Il sentimento che ogni isola lascia in chi l’ha conosciuta o sognata.

Ernesto Franco ha trovato parole, storie e personaggi per un’isola che io avevo appena conosciuto e che nel fantasticare di uno scrittore e di un intellettuale non poteva essere più vera di così. “Nuotando in mare, magari in acque un po’ più profonde, lei non ha mai avuto la sensazione di essere osservato? Proprio dal fondo? Come la sensazione della possibilità che non qualcuno, ma qualcosa potesse venire a prenderla e portarla altrove?”. A Creta succede questo, e a Creta è stata inventata la scrittura: una scrittura che ancora non riusciamo a comprendere del tutto, a Creta si è fantasticato di un labirinto, di un minotauro di cui secondo Julio Cortazàr (autore amatissimo da Ernesto Franco) Arianna era innamorata. Non amava Teseo, fingeva soltanto, e il filo serviva al Minotauro, che sa i nomi di tutti i fiori e le stelle, per raggiungerla finalmente libero dopo avere ucciso il vanaglorioso Teseo. Il Minotauro però si lascia uccidere da Teseo. “Sì, ho sempre preferito questo Minotauro, trovo lui e il suo labirinto più vicini a ciò che nascondiamo dentro, ma per carità è fondamentale che ciascuno di noi abbia il suo, di labirinto. Non c’è un labirinto uguale per tutti”.

Ognuno ha il suo labirinto, le sue isole negli occhi e le cose più importanti che, come a Creta, sono quelle che non si vedono. “Le isole sono universi paralleli, non molto diversi dal nostro. Solo un po’. Solo per un vento, un giro di frase, un modo di guardare”. Come chi scrive, ulivo sferzato dal vento.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.

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