La storia di Walid Kandli, l’arbitro salvavita

Durante una partita di calcio di seconda categoria umbra, il direttore di gara ha soccorso un giocatore nell’attesa che arrivasse l’ambulanza salvandogli la vita

È la classica situazione, quella dell’uomo che morde il cane, così ci si intende subito. Scorso weekend, si gioca Virtus Foligno-Gaifana. Certo, non sarà Real Madrid-Liverpool, ma è pur sempre coppa umbra di seconda categoria (l’ultima ufficiale, dopo c’è solo Scapoli-Ammogliati e le sfide aziendali). Finirà 6-0 per i padroni di casa (gol di Riommi, De Angelis, D’Agostino, Ferri e doppietta di Diakitè, per la cronaca), ma questo interessa una quarantina di persone, a dirla grossa.

La notizia che fa il giro del mondo – si fa per dire – è che a metà del secondo tempo, un calciatore della Gaifana, cade a terra, svenuto, come morto. Panico.

A questi livelli manca tutto: medici, ambulanze, forze dell’ordine, perfino tifosi (di solito, in tribuna, c’è quasi sempre un infermiere o un medico in pensione che accorrono), nemmeno guardalinee (sono “di parte”, tesserati delle due squadre, immobili come semafori, segnalano solo i falli laterali e l’arbitro non li considera per niente, una finzione assoluta…), insomma c’è solo l’arbitro, che per fortuna in questo caso si chiama Walid Kandli.

Anni 26, nato in Italia da genitori marocchini – quindi italiano, per “ius fischiettum” –, arbitro da 12, una passione sconfinata per il calcio: capito presto che giocarlo non era il caso, si iscrive a un corso per arbitri. Mai pentito, anzi. Walid è anche laureato in scienze sociali e, nei momenti liberi, è un volontario della Croce Rossa di Foligno. Esperienza che gli torna utile, domenica: presta i primi soccorsi al calciatore, lo mette in posizione di sicurezza, presta le prime tecniche di rianimazione, monitora battiti, frequenze. Intanto qualcuno chiama l’ambulanza, il ricovero, le cure ospedaliere. In serata il Gaifana fa sapere che il ragazzo è fuori pericolo, i medici dicono che le prime manovre fatte da Walid sono state determinanti per il lieto fine che raccontiamo.

Walid ha fatto continuare la partita, fino al 90esimo e oltre, quando – chi c’era – è stato testimone di una scena più unica che rara: le due squadre e i tifosi, tutti insieme a ringraziare e congratularsi con l’arbitro, fregandosene degli errori, delle sviste, perfino del passaporto e del colore della pelle.

Lo hanno chiamato da tutta Italia, ma non vuol rilasciare dichiarazioni o apparire in tv o sui giornali. Rispettiamo la sua scelta. Parla al suo posto il responsabile Aia di Foligno, Simone Camilli: “Cerchiamo di formare uomini, prima che arbitri, e storie come questa di Walid sono la perfetta contro-narrazione che dovrebbe far ragionare molti. Sono ragazzi seri, che la domenica vanno in mezzo a altri ragazzi, soli contro tutti, con un unico scopo: cercare di divertirsi rispettando le regole che ci sono. Sembra poco, ma è tanto. Ci prendiamo insulti, a volte schiaffi, minacce e inseguimenti in auto, ma basta una storia come questa a ribaltare il tavolo e la prospettiva, e a dare un senso al nostro impegno. E che il protagonista sia un ragazzo con la storia di Walid… non serve aggiungere altro”.

Beh, una cosa da aggiungere in realtà ci sarebbe. Per una partita così, il rimborso per “il direttore di gara” non arriva a 50 euro. Lordi, ovviamente.

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