Il ddl sicurezza di Meloni è scomposto e disordinato

L’impulso della politica è di assecondare le istanze di sicurezza dei cittadini facendo la voce grossa, proprio per mascherare un braccio debole, mentre l’obiettivo comune dovrebbe essere la cosiddetta depenalizzazione. Ma queste non sono parole mie. Indovinate di chi, invece…

Ci sono giorni in cui scrivere questa rubrica è così facile e automatico che quasi non mi accorgo di esserne l’autore, come se un altro guidasse le mie mani e digitasse al posto mio. Per esempio, oggi potrei cavarmela dicendo che il ddl sicurezza in esame alla Camera in questi giorni e voluto dal governo Meloni ha aumentato reati e pene, e ha insistito nella perniciosa abitudine di intervenire a pioggia, in modo scomposto e disordinato, in un sistema fragile come quello penale, dove da tempo l’organicità e la coerenza sono state sostituite da un’affannosa ricerca del consenso emotivo giornalistico e giornaliero.

L’impulso della politica è di assecondare le istanze di sicurezza dei cittadini facendo la voce grossa, proprio per mascherare un braccio debole. Ma i malviventi se la ridono delle nostre pene platoniche, gridate per rabbia e non eseguite per impotenza. Qui, come direbbe Shakespeare, c’è una lucidità nella follia del legislatore. La lucidità sta nel disegno di accaparrarsi un immediato consenso placando l’ira e la paura dei cittadini. La follia sta nel credere che questa bella pensata conduca a un risultato.

E invece l’obiettivo comune dovrebbe essere la cosiddetta depenalizzazione, cioè quel “diritto penale minimo” che la magistratura coralmente si augura… Vedete? Facilissimo. Oggi infatti la rubrica me l’ha scritta il ministro Nordio in persona. Tutto ciò che viene dopo la parola “Meloni” sono parole sue, trascritte senza cambiare una virgola dal libro “In attesa di giustizia. Dialogo sulle riforme possibili” (Guerini e Associati, 2010).

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