Autobiografia intellettuale, e altro, di Cassese, “giurista involontario” e globale

“Il professore”, “Monsieur le ministre”, “Mister Justice” sono i diversi nomi con cui è chiamato l’ex giudice della Corte costituzionale. Una vita tra leggi, politica e arte

Sciuperebbe l’occasione chi leggesse Varcare le frontiere di Sabino Cassese solo come “una autobiografia intellettuale”, perché un manuale si cela, o si svela, tra le 288 pagine del volume appena pubblicato da Mondadori. Il prestigioso percorso di “un giurista involontario”, che mal sopporta i “sergenti intellettuali” e gli ineffabili “tecnici del combinato disposto”, traccia una rotta della conoscenza priva di barriere. E’ l’invito a un dialogo tra saperi diversi non per diluire i propri ma per arricchirli; un monito a non divenire “rapsodi dell’attualità” ma al contempo a non risultarne avulsi, pietrificati dai feticci della normativa “pura”.

Nulla si sottrae al mutamento, sancirono Eraclito e lo Yijing. Neppure le leggi più belle del mondo, osserva Cassese ricordando che anche “un cambiamento costituzionale non dovrebbe spaventare chi teme una modifica di regime, perché gli stessi costituenti avevano previsto che la Costituzione potesse essere modificata”. E’ un esempio dei molti disseminati fra i trentuno capitoli del libro ed è da quest’approccio che l’autore ricava “un nuovo canone per gli studi di scienze sociali”, frutto di esperienze difficilmente riassumibili in recensione: dalla conoscenza di don Sturzo al lavoro nell’Eni di Mattei, dalle cattedre universitarie alla titolarità di un dicastero, dalla presidenza di commissioni ministeriali e consigli d’amministrazione all’immensa mole pubblicistica, scientifica o divulgativa. Quando insegnava in Sud America lo chiamavano “il professore”, in Francia “Monsieur le ministre”, negli Stati Uniti “Mister Justice” (si fa prima a dire cosa Cassese non ha voluto fare: l’avvocato).

C’è un tratto in cui l’uomo di adesso si rispecchia nel ragazzo della provincia campana che non fu quella “addormentata” di Michele Prisco, ma la casa dove i genitori, archivisti di stato, gli instillarono le passioni della lettura e della musica e che lasciò diciassettenne per studiare a Pisa con “chiari propositi e costante tenacia”. Cassese anziano si rispecchia nel giovane di allora per la medesima voglia di esplorare, apprendere, intrecciare analogie (quella con l’arte di Bach gli fa dire: “Come lo spartito non è la musica, la norma non è il diritto”). Quando dovette elencare i libri più importanti della vita, al primo posto mise la Storia d’Europa nel secolo decimonono di Croce e al secondo il Doctor Faustus di Mann, precedendo le Lezioni di diritto amministrativo del suo mentore Massimo Severo Giannini, “philosophus legum”.

Convinto che “i progressi scientifici si fanno nelle intersezioni”, e che bisogna “rompere le barriere disciplinari”, Cassese ne ha tratto conferme dalla rapidità con cui la realtà degli ultimi decenni ha travolto chi le resisteva. Non ha più senso un giurista che non sia “globale” né può sperarsi che la law in books eluda i conti con la law in action, pena l’irrilevanza. “E’ bene ricordare”, avverte, “che una cultura giuridica che manca di ambizione e resta chiusa nella zona tra Montecitorio, Palazzo Spada e la Consulta (legge e giurisprudenza), ignorando Palazzo Chigi, il Quirinale e il Viminale (amministrazione), finisce per perdere di vista i grandi problemi del nostro tempo”. Eccone alcuni: il mutamento dei partiti; il superamento della distinzione tra politica estera e interna; il frequente ricorso a strumenti di emergenza su questioni ordinarie; la crisi della separazione dei poteri; la dilatazione degli staff di ausilio della politica; la rincorsa contraddittoria tra diritto pubblico e privato; l’erosione dei poteri statali; l’asimmetria fra stato e impresa; il capitalismo che mira ad annullare distanze e diversità a favore di “un’unica geografia continua”. La sfida è leggere tra le anomalie quali possano essere “segni di un nuovo ordine che si sta affermando e indicare la nostra incapacità di rendercene conto”. Per riuscire bisogna possedere, senza idoleggiarli, i “ferri del mestiere”, perché “un pittore astratto deve innanzitutto essere un bravo figurativo”.

Tra le citazioni con cui Cassese corrobora gli ammaestramenti, un paio condensano la sua cifra di giurista anche a uso di chi non lo è. Antonio Machado: “Caminante, no hay camino / se hace camino al andar” (eco del popolare “andando vedendo”); T.S. Eliot: “Old men ought to be explorers / We shall not cease from exploration”. La poesia bagna il terreno scabro del diritto, perché “nuove materie di cui impadronirsi sono importanti per restare interessati (allo studio), ma anche per rimanere interessanti (per gli altri)”.

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