Per la prima volta, dall’Onu arriva un documento critico sulla pratica dell’utero in affitto

Arriva dalle Nazioni Unite l’allarme verso la maternità surrogata consentita in Grecia, in cui la regolamentazione sembra tutelare di più i committenti che la salute delle donne: attesa nei prossimi giorni la risposta del governo: dovrà fornire indicazioni anche riguardo le numerose indagini di traffico di esseri umani

Veramente una tipa tosta la giordana Reem Alsalem, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro donne e ragazze. Dopo aver annunciato – in seguito al caso Imane Khelif alle Olimpiadi – che nell’assemblea di ottobre proporrà la reintroduzione dei sex test per accertare l’effettivo cariotipo delle atlete che gareggiano nelle categorie femminili, ora punta l’obiettivo sull’utero in affitto con una dura lettera indirizzata al governo greco: è la prima volta che dalle Nazioni Unite esce un documento così critico sulla pratica.



La Grecia è uno dei pochi paesi europei a consentire la maternità surrogata in forma “altruistica”. Ma solo sulla carta: in realtà le donne ricevono un “rimborso spese” (in sostanza vengono pagate meno delle surrogate commerciali californiane e forse perfino delle ucraine). L’anno scorso uno scandalo ha acceso i riflettori sul mercato ellenico con la chiusura del Mediterranean Fertility Institute, importante surrogacy clinic di Creta, per sospetto traffico di esseri umani, frode, adozione illegale, acquisto e vendita di materiale genetico o di embrioni, falsificazione di dati di cartelle cliniche ai fini della vendita di materiale genetico, certificati medici falsificati e altri reati. L’intera equipe medica è stata arrestata. Un giro di trafficanti avrebbe cooptato almeno 160 donne povere – ucraine, rumene, moldave, albanesi e georgiane – convincendole a fornire ovociti e a prestarsi come incubatrici umane per poche decine di euro al mese e alloggiandole in modo semiclandestino in alcuni condomini dell’isola, quando invece per ogni bambino prodotto la clinica avrebbe incassato tra i 70 mila e i 120 mila euro. Metà dei committenti – circa 150 – erano australiani che hanno traversato mezzo mondo per rivolgersi alle cliniche greche, visto nel loro paese la Gpa è consentita solo se davvero “altruistica”: dimostrazione del fatto che in Grecia di altruistico non c’è nulla. Nelle scorse settimane, con ulteriore esborso di denaro, hanno dovuto ritirare frettolosamente i “loro” embrioni che nel frattempo erano stati depositati al Chania General Hospital.



Nella sua lunga e articolare lettera Alsalem esprime preoccupazione per il fatto che “la regolamentazione della maternità surrogata in Grecia sembra concentrarsi in modo sproporzionato sulla protezione e sulla sicurezza dei committenti, mentre mancano tutele efficaci e le dovute considerazioni sui diritti della madre surrogata e dei bambini”. “Sono anche preoccupata”, continua Alsalem, “per gli impatti dannosi sui diritti umani derivanti dalla regolamentazione della maternità surrogata in Grecia, per la mancanza di controllo sui centri medici privati (…) per i rischi per la vita e la salute delle donne, per la mancanza o l’inadeguata considerazione dell’interesse superiore del bambino, per i potenziali legami con la tratta di esseri umani e per le minacce alla privacy delle donne”. Alsalem parla anche di trattamenti medici altamente invasivi, di violenza economica, di effetti negativi sulla salute fisica e mentale delle madri, di assenza di adeguati meccanismi di ricorso. E osserva che “semplici modifiche alla legislazione esistente potrebbero non essere sufficienti a garantire la piena conformità con gli obblighi della Grecia ai sensi della legge internazionali sui diritti umani”.



La lettera della rapporteur Onu si chiude con la perentoria richiesta di informazioni e commenti (“Gradirei una risposta entro 60 giorni”) riguardo alle “accuse sopra menzionate”, in particolare “sulla raccolta dei dati e sul monitoraggio delle cliniche”, “sull’applicazione dell’interesse superiore del bambino”, sulle misure preventive per combattere le violazioni dei diritti umani contro le donne nel contesto della maternità surrogata”. Il governo greco dovrà rispondere anche in merito ai “servizi di supporto per la salute mentale per le donne coinvolte”, “sui risultati delle indagini condotte sui casi di potenziale traffico di esseri umani legati alla maternità surrogata” oltre a spiegare “i protocolli medici con specifico riferimento ai requisiti per il consenso informato e alla protezione dei dati personali”.


La svolta Onu potrebbe dare un impulso al Parlamento italiano dove da tempo si discute di una legge sull’utero in affitto “reato universale: già approvata alla Camera e licenziata dalla commissione Giustizia del Senato attende da tempo di essere calendarizzata per il voto definitivo in aula.

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