La strana storia dei manifesti putiniani a Roma e della finta lupa, con intervento del Comune

“La Russia non è nostra nemica. Basta soldi per le armi a Ucraina e Israele”, si leggeva sui cartelloni apparsi per le vie della Capitale e poi fatti rimuovere dall’amministrazione. Ma non è ancora chiaro li abbia affissi

Un mistero (non tanto buffo) si è aggirato per la città in questi giorni di fine estate, per le strade trafficate, tra semafori e cantieri, sotto forma di manifesto gigante spuntato chissà come. “La Russia non è nostra nemica. Basta soldi per le armi a Ucraina e Israele. Vogliamo la pace e ripudiamo la guerra”, si leggeva sul cartellone — campeggiante, a un certo punto, anche in una via del centro, e raffigurante una stretta tra due mani, una con i colori della bandiera italiana, l’altra con quelli della bandiera russa, sulla falsariga di altre precedenti affissioni in alcune città del Nord, da Verona a Modena, e al Sud, per esempio a Lamezia Terme.

Non un messaggio neutro, anzi, e neanche una firma a coronare l’immagine e la scritta. Chi l’avrà fatto issare, l’anonimo manifesto? si sono domandati automobilisti e passanti, alcuni dei quali fuorviati dal piccolo logo in basso a destra: una lupa con la scritta “Roma”, a uno sguardo superficiale associabile più o meno al simbolo capitolino. Il Comune naturalmente non c’entrava nulla, ma intanto, dall’ambasciata ucraina, con un post preoccupato su X, si chiedeva di “riesaminare le concessioni dei permessi”. Partiva dunque la ricerca del mandante o dei mandanti. Ma partiva in fretta anche, dai tavoli capitolini (Dipartimento per lo Sviluppo economico), la richiesta di intervento per la rimozione dei manifesti, manifesti “pubblicitari” dal titolo “La Russia non è nostra nemica”. Nella missiva, rivolta a una delle società coinvolte nell’affissione, si faceva riferimento non soltanto al messaggio politico, ma anche alla presenza della Lupa capitolina e della dicitura “Roma”, il cui abbinamento con il titolo del cartellone poteva portare il cittadino a ritenere che si trattasse di un messaggio diffuso direttamente dal Campidoglio o in qualche modo appoggiato dal Comune stesso. Si specificava quindi l’assenza di ogni attività “autorizzatoria preventiva” in tal senso e si chiedeva la rimozione “con effetto immediato” dei manifesti, chiedendo nel contempo alla polizia locale di vigilare e segnalare l’eventuale presenza di cartelloni dal contenuto analogo per le vie della città. E ieri, infine, si apprendeva che i cartelloni russofili erano stati rimossi.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l’Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l’hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E’ nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.

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