Il mio red carpet veneziano. Appunti finali dal Lido

Una scorpacciata di feste e di film (migliori delle feste). I giovani cinefili e l’ubiquo Barbera (sarà nel nostro prossimo governo tecnico?). Le celebrità che poi finiscono nell’anonimato. Armani e il trucco & parrucco

Venezia 81 è finita ufficialmente sabato sera, con la consegna dei premi. Ma in realtà è iniziata a finire da giovedì, con la pioggia: un diluvio colossale che ha allagato il red carpet, costringendo i divi quella sera a fare il tappeto rosso a nuoto. (Scherzo: hanno sfilato dentro, niente passerella). Da quel momento il Lido – pur splendendo sin dal giorno dopo sotto un rinnovato sole – si è fatto dolcemente malinconico, sempre più svuotato di gente e di attrazioni. Da venerdì in molti sono tornati a casa, chi a Roma chi a Milano (“lunedì devo essere in ufficio e devo sfruttare il fine settimana per fare le lavatrici”); e chi è rimasto era comunque distratto dal caso Boccia-Sangiuliano, i film hanno iniziato a interessare meno. Questa è stata la mia prima Mostra del cinema di Venezia, fatta dal primo all’ultimo giorno, facendo spola fra la città e il Lido – al contrario degli altri cronisti, che restano sempre qui al Lido; ma io volevo evitare la bolla festivaliera, per non perdere il contatto con la realtà né la regolarità intestinale. Sono venuto qui in questi giorni per vedere questo evento unico al mondo: per dieci giorni, al Lido di Venezia sfilano studenti e autorità, divi di Hollywood e gente in costume da bagno, perdigiorno e gente che lavora. A Cannes mi dicono non sia così: è tutto più blindato e più glamour, mancano i giovani spiantati che qui invece si accampano da qualche parte, per gli autografi ma soprattutto per i film. Insomma, il Festival di Venezia è un bel punto di osservazione per vedere umanità varia sfilare; specie per chi, come me, aveva voglia di censirla un po’. Di seguito alcuni appunti, ritratti dal vero di gente che ho visto, anche solo di profilo. Il mio personale red carpet.

Alberto Barbera

E’ ovunque. Al Lido, il direttore della Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia è letteralmente ovunque. Lo vedo che passa davanti al Casinò mentre io sto entrando al Palazzo del Cinema e toh! Barbera passa anche lì; poi esco di nuovo, vado all’Hotel Excelsior, e chi arriva nel foyer? Barbera! Passa e se ne va, anche lì, non sta mai fermo. Lo vedo sedentario (ma comunque in piedi: in dieci giorni non ho mai visto Barbera seduto) solo sul red carpet, mentre attende le star per salutarle come si salutano le autorità. Per il resto Berbera è sempre in movimento: esce da una porta, sparisce dietro una colonna, lo vedi rientrare da dietro una tenda. Per il suo direttore artistico, la Mostra del cinema è tutta una serie di quinte teatrali dietro le quali sparire per poi rientrare in scena. Detto con una celebre citazione tratta da Alien: al Lido Barbera viene fuori dalle fottute pareti. I suoi sono camei alla Hitchcock: con la differenza che quelli del maestro del brivido erano uno a film, nel caso di Barbera sono trentasette al giorno. Prende piede l’ipotesi che Alberto Barbera abbia dei sosia, circa diciotto. Tutti identici, alti e sorridenti, in abito blu o in smocking, elegantissimi e charmant come l’originale. Sarà un’allucinazione lagunare, ma in Alberto Barbera ho visto il nostro prossimo governo tecnico. O il dopo-Mattarella.


I parrucchieri


L’Hotel Excelsior del Lido di Venezia è il vero quartier generale della Mostra del cinema. E’ qui che le star attraccano con il motoscafo sotto una pioggia di flash, è qui che (di solito) soggiornano, ed è da qui che escono per andare sul red carpet – distante meno di duecento metri. Dunque è all’Excelsior che si vestono, si truccano, si pettinano. O meglio: li/le vestono, li/le truccano, li/le pettinano. Armani, sponsor ufficiale del festival, ha l’onore e l’onere di provvedere al “trucco&parrucco”, come si dice in gergo; ma Armani sul suo libro paga non ha i parrucchieri. “Dunque si rivolgono a noi, i cugini” mi spiegano da Kerastase, linea di prodotti per capelli della L’Oreal, che schiera qui al Lido un esercito di parrucchieri/influencer capaci non solo di pettinarti ma anche di divulgare sui social la cura e la manutenzione tricologica. Il loro spazio è al piano terra dell’hotel, dove dalle 9 alle 18 accolgono e ricevono un po’ chiunque, “un colpo di phon non si nega a nessuno” – anche perché se uno è lì vuol dire che ha accesso all’Excelsior, quindi come minimo è un giornalista accreditato, il peggio che ti può capitare sono io che comunque non sporco. Per le star inoltre Kerastase garantisce il “servizio in camera”, come per esempio a Tim Burton, che prima del red carpet ha chiesto il parrucchiere in stanza. E che voleva? “Un capello naturale, mosso…” – cioè spettinato, e infatti così è apparso sul tappeto rosso. Ma in questi giorni veneziani, la vera sfida, per questi professionisti del colore, maghi nel colpo di spazzola, vere “mani di forbice”, è stata il clima. Anche i parrucchieri infatti devono confrontarsi con il riscaldamento globale, specie qui al Lido: l’umidità, si sa, rovina il capello. Quindi come avete fatto a salvare la magnifica e fluente chioma di Angelina Jolie? “Con il nostro olio pensato appositamente per l’umidità, e soprattutto asciugandole i capelli con la nostra piastra a vapore, realizzata assieme a Rowenta”. Una piastra a vapore, geniale; così oltre ai capelli fai anche la piega al vestito. Dal tappeto rosso veneziano partono tutte le tendenze autunno/inverno; dunque che capelli dobbiamo aspettarci quest’anno? “Basta con le acconciature: i capelli si portano sciolti”. Dunque via mollettoni, forcine o elastici per capelli; quest’anno pettinatevi e basta.

I bagnanti


Non dimentichiamoci che il Lido di Venezia, “splendida cornice” della Mostra, è pur sempre una località balneare; per giunta adriatica, quindi un po’ “romagnola” per intenderci. Mentre ci sta Lady Gaga in conferenza stampa, a pochi metri c’è gente con i piedi nella sabbia, il sale fra i capelli, la crema solare impiastricciata su tutto il corpo. I due mondi convivono sulla stessa lingua di terra, ma paralleli, non s’incontrano mai: chi è qui per i film sta al chiuso nei palazzi o nelle sale, chi è qui per il sole e il mare sta in spiaggia. Spiagge curatissime, bellissimi e “Serenissime” come Venezia; questi stabilimenti non sono nemmeno turbati dalla annosa questione delle concessioni balneari, ad agosto quando c’è stato lo “sciopero” con la chiusura degli ombrelloni non hanno aderito e non solo perché qui non hanno gli ombrelloni ma le cabine, ma soprattutto perché qui gli stabilimenti le loro concessioni le hanno già ritrattate e concordate con la Regione Veneto anni fa, sono in regola. Uno di questi stabilimenti ha un self service/tavola calda, uno dei pochi posti al Lido dove si possa pranzare bene e a un prezzo onesto. Ed è qui che io, in maniche di camicia, pantalone lungo e mocassini, incontro “loro”, i bagnanti, in bikini o bermuda. L’età media è piuttosto alta, queste sono spiagge per famiglie; e le famiglie in Italia sono soprattutto i nonni. Gli uomini sono taciturni, le donne ciarliere; e molte di loro mi riconoscono, sanno persino il mio nome: non hanno visto nemmeno un film in concorso, ma guardano il programma di Gramellini su La7. Mi fanno i complimenti, vogliono sapere che ci faccio qui, quando ricomincia la trasmissione. Qui agli stabilimenti del Lido sono io la star, altro che George Clooney. Fossi anche gerontofilo, avrei svoltato.

Cate Blanchet


Era qui principalmente per presentare la serie “Disclaimer” di Alfonso Cuarón di cui è protagonista. Ma è anche testimonial per Armani che è sponsor della Mostra, così è stata ospite del Festival già dal primo giorno. Sin dalla prima sera ha sfilato sul red carpet; e fino al secondo tappeto rosso era una diva, foto e grida entusiastiche erano tutte per lei. Dal terzo giorno in poi però non se l’è filata più nessuno, e ho assistito personalmente a un suo passaggio sul tappeto rosso senza manco un flash, anzi i fotografi erano quasi insofferenti, “spostati Cate e facce vede’ Brad Pitt”. Il red carpet è così: lo fai se sei una celebrità, ma se lo fai troppe volte riacquisti l’anonimato.

Gli uomini dei bagni dell’Excelsior


Appena arrivato al Lido, la prima cosa che mi dicono i veterani della Mostra è “se devi andare al bagno, vai a quelli dell’Excelsior: sono sempre puliti”. Su quel “sempre” sarei più relativo; ma non c’è dubbio che il personale dell’Excelsior faccia di tutto per tenere le toilet del celebre hotel quanto più ordinate e igienizzate possibile. Il problema, semmai, è un altro: quei bagni sono sempre occupati. Chiarisco: non c’è la fila, ma quando arrivo trovo le porte sempre chiuse dall’interno. Allora aspetto. E continuo ad aspettare. Aspetto a lungo. Nessuna delle porte dà cenni di voler ruotare sui suoi cardini, e lasciare che ci sia un ricambio fra me e chi vi sta dietro. Inizio a pensare vi sia un’influenza gastro intestinale che si aggiri per il Lido, un’epidemia di escherichia coli, un’intossicazione alimentare di massa. Poi le porte finalmente si aprono, e ne escono uomini non sudati e sconvolti dal cedimento dei propri sfinteri, ma damerini vestiti di tutto punto, in giacca e cravatta perfettamente annodata, le scarpe stringate e lucide, i gemelli ai polsini, con un fagotto di indumenti casual sotto il braccio. Mistero risolto: qui gli uomini vanno in bagno per cambiarsi d’abito. Mica come me, che devo soltanto fare pipì.

Mattia Carzaniga


Angelina Jolie, Nicole Kidman, Pedro Almodóvar, Lady Gaga: sul red carpet passano tutti. Lui invece non passa, resta. Lui è Mattia Carzaniga, 41 anni, da quattro anni l’uomo che accoglie i divi e le dive sul tappeto rosso, e li intervista brevemente per RaiMovie e RaiPlay. Ormai è parte integrante del cerimoniale, oserei dire della struttura; quando arrotolano il tappeto rosso a fine Mostra m’immagino che dentro ci sia anche lui, come un cadavere da occultare. Dato che il red carpet qui è l’altare del divismo, anche Carzaniga in quei giorni diventa un po’ una star: ha le sue “bimbe”, delle fan che fanno i braccialetti con il suo nome. E per molti è diventato un punto di riferimento qui al Lido, forse anche troppo: gli scrivono sui social per chiedergli informazioni, non solo sui divi, anche logistiche. Praticamente una Pro loco del red carpet. Fosse affetto da mitomania – come tutti – se la tirerebbe per un anno intero; invece si diverte in questi dieci giorni, si gode la sua celebrità lagunare e la luce riflessa di quelle degli altri, e poi se ne torna a casa a Milano, contento, sereno, dove trascorrerà il resto dell’anno a scrivere di cinema. In attesa del prossimo giro di giostra.

I giornalisti


Non solo Mattia Carzaniga: ci sono anche i suoi colleghi “della carta stampata” – che ormai non stampa quasi più nessuno, se li leggiamo è su smartphone o pc. Gente “costretta” a vedere dei film; che c’è di peggio nella vita, per carità, li pagano pure (poco, sia ben chiaro); ma a voi andrebbe di vedere film che non vi va di vedere? Sì perché non sempre hanno voglia di vedere il film cileno, o quello norvegese, o cinese. P. per esempio è un amante dei vecchi film, vorrebbe tanto andare a vedere i classici restaurati (ogni hanno qui al Lido c’è una bella selezione) che danno alle sale Astra 1 e 2, invece deve vedere M. in Sala Grande perché lo deve recensire. Qui ho visto quanto sia falso il luogo comune dei critici che non guardano più i film: non è vero, li guardano eccome, durante il giorno hanno tempo giusto per un panino. Quindi quando non siete d’accordo con una recensione, non dite “ma questo che ha scritto? manco avrà visto il film!”; chiedetevi piuttosto cosa c’era nel panino.

I cinefili


Il cinema sarà anche morto (come tutto, del resto), ma i cinefili no. Sono vivi, e sono qui al Lido. Entrano ed escono dalle sale, mangiano male, dormono poco. Vogliono vedere i film, poi eventualmente anche parlarne ma non necessariamente – anche perché domattina si svegliano presto, hanno una proiezione alle 8.15 in Sala Darsena. Hanno già tutti i biglietti, comprati sin dal primo giorno in cui sono stati messi in vendita online; e se uno di loro abbandona la sala a film in corso, è la più sonora delle stroncature. A fine Mostra ci sono bilanci personali piuttosto importanti: Tommaso per esempio, giovanissimo cinefilo umbro, mi racconta che in questi giorni qui alla Mostra ha visto due cortometraggi, due serie e trentuno film. Non so come abbia fatto: sommate assieme tutte le durate, fanno più anni di quanti ne abbia lui. Un’altra ragazza, cinefila irpina, un pomeriggio mi scrive il seguente messaggio: “Ero appisolata sul prato fino a poco fa, ora sto entrando a vedere un film francese”. Ecco, il senso della Mostra del Cinema di Venezia è tutto qui. O forse è proprio il senso della vita. Sicuramente lo è per i cinefili.

Io


Ed eccomi qui. Sono dieci giorni che vado a letto tardi (per andare alle feste) e mi sveglio presto (per vedere qualche film anche io). E i film erano meglio delle feste. Ho sofferto il caldo, ho sudato molto – io che non sudo mai. Il caldo qui non ti rende soltanto appiccicoso, ma adesivo. Sul retro del mio zaino, con cui andavo e tornavo dal Lido per portarmi dietro il computer su cui scrivere le mie cronache giornaliere, c’è adesso un alone bianco gesso: una sorta di sindone della mia schiena, fatta con i miei sali minerali. Sarà esposto alla prossima Biennale Arte. In compenso mi aspettavo più zanzare e invece zero, non ne ho beccata una – con tutto che hanno segnalato un caso di Dengue proprio in questi giorni, e proprio qui a Cannaregio dove ho soggiornato io; roba da non dormirci la notte, ma ero talmente stanco che quelle poche ore che mi sdraiavo dormivo lo stesso. Se mi hanno punto e ho la Dengue magari me ne accorgerò nei prossimi giorni, chissà. Ma intanto sarò ripartito, avrò lasciato Venezia ai veneziani. Vi dirò, è stato bello ma adesso ho voglia di tornare a casa. A Roma, dove abito. Cosa farò appena arriverò a Roma? Andrò al cinema, ovvio! Ma prima manderò anche io una lavatrice.

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