Una madre

La recensione del libro di Colum McCann e Diane Foley edito da Feltrinelli, 240 pp., 18 euro

Tutto è iniziato con una fotografia, quella di James W. Foley, giornalista freelance, che in un bunker in Afghanistan legge un romanzo di Colum McCann, Questo bacio vada al mondo intero. Vedendola McCann ha voluto scoprire qualcosa di più su Foley, fino a raccontarne la storia in Una madre. A McCann non è però bastato raccontare la storia di James Foley, ha voluto farlo insieme a Diane Foley, firmando il libro insieme alla madre del giornalista ucciso. James, Jim, americano, nato nel 1974, stava seguendo la guerra in Siria da corrispondente quando nel 2012 è stato rapito. L’Isis l’ha decapitato un paio di anni dopo in risposta agli attacchi americani in Iraq. La decapitazione venne ripresa e postata su YouTube con il titolo: “A message to America”. “La distesa di un deserto. Una tuta arancione. Un uomo in nero, solo gli occhi visibili. Il tempo non si limitò a fermarsi, il tempo svanì completamente dal tempo”, scrive la madre nel libro dopo aver raccontato della lancinante attesa quotidiana sapendo che Jim era in qualche prigione in mezzo al deserto. Diane, con una lucidità che non viene macchiata dall’odio o dal dolore, mette insieme tutte le informazioni sulla vita di Jim negli anni di prigionia, parla con chi l’ha conosciuto, con chi è stato imprigionato con lui. “Il giornalista spagnolo Javier Espinosa ci disse che Jim sopportava la tortura con un’impassibilità senza precedenti”. Ma non vengono solo raccontate le dinamiche sulla vita del giornalista di guerra. Nel libro c’è anche l’incontro tra Diane e uno degli uomini responsabili della morte del figlio, il membro dell’Isis Alexanda Kotey, parte di quel gruppo di carcerieri noti come i Beatles della jihad, per il loro accento british. Kotey, nato in Inghilterra e poi radicalizzato, è stato catturato mentre fuggiva e ora è chiuso in un carcere di massima sicurezza del Colorado. Diane decide di parlargli, perché “conoscere il come della morte di una persona amata è conoscere meglio la vita della persona amata. Per amare più pienamente la persona amata. Per mantenere viva la sua vita”.

Diane Foley, cattolica devota, infermiera, madre di altri quattro ragazzi, non parla solo dei continui turbamenti tra colpe e perdoni, ma racconta anche le difficoltà politiche intorno al rapimento di Jim. Come il governo che dice alla famiglia: ci dispiace, non negoziamo con i terroristi. Ma da allora Diane Foley ha deciso di combattere per dare più voce a chi viene rapito all’estero e tenuto in ostaggio creando la James W. Foley Legacy Foundation, pur avendo un grande rispetto per le istituzioni americane. Questa partnership letteraria tra la madre di una vittima e uno scrittore irlandese è l’ennesimo documento – dopo V 13 di Emmanuel Carrère – che mostra da vicino l’orrore dell’estremismo religioso islamico e della sua brutalità.

Colum McCann e Diane Foley

Una madre


Feltrinelli, 240 pp., 18 euro

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