Cosa non torna nella legge sui carburanti di Adolfo Urso

Il disegno di legge portato in Cdm dal ministro delle Impres “Riforma del settore della distribuzione di carburanti e ristrutturazione della rete” ma potrebbe essere più precisamente chiamato “du’ spicci per il quieto vivere”

Il disegno di legge portato in Consiglio dei ministri da Adolfo Urso è intitolato alla “Riforma del settore della distribuzione di carburanti e ristrutturazione della rete” ma potrebbe essere più precisamente chiamato “du’ spicci per il quieto vivere”. Di razionalizzazione della rete si discute da decenni: in Italia abbiamo troppe stazioni di rifornimento, con un erogato medio troppo basso e un insufficiente livello di diversificazione dei prodotti offerti. Ristrutturare la rete, quindi, significa agevolare la chiusura degli impianti marginali e promuovere la differenziazione di quelli esistenti, agevolando sia la vendita dei combustibili ecologici, sia di prodotti “non fuel”. Il ddl fa poco di tutto ciò: ha una dotazione finanziaria limitata e la distribuisce in modo irrazionale.

E anziché supportare la trasformazione degli impianti più competitivi e favorire la chiusura degli altri, mette tutte le fiches sulla realizzazione di colonnine per la ricarica elettrica (fino a 60 mila euro) ed eventualmente pompe per l’erogazione dei biocarburanti (fino a 10 mila euro) per i soli operatori che intendono sbarazzarsi del tutto del fossile. In sostanza, il ddl travisa il termine “transizione” e sembra ritenere che il mercato vada verso una separazione netta – e non l’integrazione – tra la vendita di carburanti tradizionali e innovativi. La chiusura degli impianti meno competitivi è utile in sé, per razionalizzare la struttura e i costi della rete, a prescindere dall’inaugurazione di nuove colonnine.

Il ddl contiene alcune utili semplificazioni, anche se forse ci vorrebbe ancora più coraggio sui costi di bonifica. Infine, dopo aver obbligato i gestori a esporre un cartello inutile (e illegittimo) col prezzo medio regionale, adesso il governo sembra voler togliere un’informazione utile, quella sul differenziale tra servito e self. Il governo Meloni non è il primo, e sfortunatamente non sarà neppure l’ultimo, a non mantenere la promessa della razionalizzazione della rete.

Leave a comment

Your email address will not be published.