Bernard Cazeneuve è il nome giusto per guidare la Francia?

Il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, sembra aver individuato il profilo idoneo a guidare un ampio fronte repubblicano. Chi è l’ex ministro dell’Interno e capo dell’esecutivo sotto la presidenza di François Hollande

Parigi. A quasi cinquanta giorni dalle dimissioni di Gabriel Attal, e dopo una settimana di consultazioni con i capi di partito e dei gruppi parlamentari, il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, sembra aver individuato il profilo idoneo a guidare un ampio fronte repubblicano e a garantire alla Francia una stabilità istituzionale: Bernard Cazeneuve, ex ministro dell’Interno e capo dell’esecutivo sotto la presidenza di François Hollande.

Socialista pragmatico apprezzato anche a destra, Cazeneuve è stato consigliere tecnico nei ministeri, sindaco e deputato prima di diventare ministro, tante esperienze che gli garantiscono lo status di homme d’état agli occhi di amici e avversari. Secondo le parole dell’entourage di Macron, “non riunirebbe nell’immediato una maggioranza contro di lui all’Assemblea”. In altre parole, non sarebbe oggetto di quella minaccia di censura brandita dai gollisti, dai lepenisti e dai centristi in caso di presenza della France insoumise, la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, al governo. Con Cazeneuve, dicono gli addetti ai lavori, ci sarebbe quel “profumo di coabitazione” ricercato da Macron durante le consultazioni.

Il nome di Cazeneuve, vicino alla corrente di Laurent Fabius negli anni d’oro del socialismo, circola da diverse settimane assieme a quello di un altro socialista considerato Macron-compatibile, Karim Bouamrane, sindaco di Saint-Ouen con buone entrature nella destra gollista, soprannominato il “Barack Obama della Senna”. L’ex ministro dell’Interno nega di essere stato avvicinato da Macron durante l’estate, ma a domanda diretta sull’ipotesi Matignon risponde così: “Non ho mai rifiutato di mettere la saggezza lì dove c’è dell’irragionevolezza”. La sua unica preoccupazione è che la Francia “non scivoli verso il declassamento, verso l’ingovernabilità”. Cazeneuve, che fu ministro dell’Interno durante il periodo buio degli attentati jihadisti di Charlie Hebdo e del Bataclan, avrebbe già posto le sue condizioni: mani libere sulla composizione del governo, dunque sulla scelta dei ministri. “Sarà un governo di vera coabitazione, e un governo di sinistra”, avrebbe affermato.

Prima di accettare un eventuale incarico, tuttavia, Cazeneuve incontrerà i vari gruppi parlamentari per assicurarsi di non essere censurato, soprattutto a sinistra, dove il suo nome non riscuote l’unanimità. “Considererei la nomina di Bernard Cazeneuve come una provocazione del presidente nei confronti del Nuovo fronte popolare (Nfp)”, ha detto al Figaro la deputata Ps Céline Hervieu. I Verdi non gli perdonano “la gestione catastrofica del dossier Sivens” quando era ministro dell’Interno, secondo le parole della segretaria nazionale ecologista Marine Tondelier. Il riferimento è alla morte del militante ecologista Rémi Fraisse, ucciso da una granata della gendarmeria durante le manifestazioni contro la costruzione di una diga a Sivens.

C’è chi teme il ritorno della vecchia politica, dell’hollandismo, ma c’è anche chi, come Jean-Christophe Cambadélis, ex primo segretario del Ps, non nasconde la sua felicità nel vedere il nome di Cazeneuve citato come favorito per Matignon: “È di sinistra senza appartenere a Nfp, è repubblicano senza essere di destra”. Allo studio legale Auguste Debouzy dove lavora come avvocato associato, la sua collega Emmanuelle Mignon lo chiama già “monsieur le premier ministre”. Cazeneuve attende soltanto la chiamata dell’Eliseo.

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