Elodie, il nudo e i diritti: per “The Cal” è una scelta perfetta

Dimenticatevi Kate Moss, Cindy Crawford o Naomi Campbell: quella era “sex negativity”. La cantante invece è watchdog dei diritti e si impegna a condurre una lotta per le donne. Nell’Italia di Meloni

Con Elodie il calendario Pirelli torna agli antichi splendori ma senza rinunciare allo “sguardo critico” di oggi. Come la Coca “Zero”: gusto inconfondibile, niente sensi di colpa. Si chiama “sex positivity”. Quindi dimenticatevi Kate Moss, Cindy Crawford o Naomi Campbell spaparanzate e ignude alle Bahamas: quella era “sex negativity”. Non vi rendeva persone migliori. La sex positivity invece vi educa allo sguardo. “Soggettivizza” il corpo lì dove il nudo di prima lo “oggettivizzava”. Se non vi è chiaro, peggio per voi: siete rimasti ai calendari zozzoni delle autofficine, anche se ora hanno le foto di Richard Avedon pure lì.

Elodie per “The Cal” è una scelta perfetta e inclusiva. Perché c’è Elodie chiappe al vento che svolazza leggiadra tra i pali della lap-dance, e Elodie santino di Repubblica, stesse chiappe al vento, ma watchdog dei diritti, eroina della giustizia sociale, finalmente donna e non oggetto. Io maschio sono costretto a spiegarlo a mia moglie (femmina) ogni volta che si parla di Elodie e lei continua felice a vedere tette e chiappe con gli occhi del Novecento, come fossero belle o perfette e basta e si perde tutta la cosa dei diritti (poi uno dice che c’è il mansplaining).

Arrivano le foto dal backstage. Partono le polemiche. Corpo usato come merce o corpo liberato? Dipende. Da Miami Elodie rilascia una bellissima intervista a Repubblica, in cui parla un po’ come Michel Foucault ospite a un serale di “Amici”. “Il corpo è una parte di te, ma non sei tu”, “nasciamo nudi, il nostro corpo è un involucro che racchiude l’anima”, c’è un’ossessione della “proprietà sui corpi”, come “con i confini”. Altro che scusa per far vedere le chiappe, siamo alla decostruzione dello sguardo bianco, colonialista, patriarcale, sponsored by Pirelli. Elodie spiega che le donne non sono ancora libere di andare in giro come vogliono. Ha ragione. Come esempi non cita l’Iran o l’Afghanistan (troppo facile), ma l’Italia fascista di Meloni. L’intervistatrice non sa come chiuderla e butta lì il povero Dostoevskij, “ma la bellezza ci salverà o siamo andati già troppo oltre?”. Lei è fiduciosa: “La speranza è l’ultima a morire”. Bene. Ma intanto c’è questa lotta, qui e ora, “la lotta che sto conducendo”. Quella di un corpo libero e antagonista contro un corpo mercificato. E’ come nell’illusione anatra-coniglio, tutto dipende da come lo guardate. Leggendo i giornali si capisce che il calendario non è mica una vetrina ma un’altra piccola barricata. Giusto Libero sta lì a sdilinquirsi per la “piccolissima mutandina color carne” manco fossimo in “Basic Instinct”. Non hanno proprio capito. Tutto quel “corpo” serve a farci sentire una mancanza. E’ come con Dino Risi davanti ai film di Moretti: “Elodie spostati che voglio vedere i diritti”.

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.