Il successo dello Starmer law and order è una questione di velocità

Il premier britannico la lezione l’aveva imparata già nel 2011, quando da procuratore capo era riuscito a domare l’incendio dei violentissimi riots di quella lontana estate di rabbia e nichilismo dopo cinque giorni. Ora gli interventi tempestivi contro le violenze nelle città inglesi stanno scoraggiando le emulazioni

Londra. L’arma migliore al servizio di Keir Starmer, uomo di legge, è una giustizia rapida: se puoi arrestare e condannare speditamente chi commette crimini, gli altri ci penseranno due volte prima di farsi travolgere da orge di violenza sul modello di quelle che hanno infiammato il Regno Unito nelle ultime due settimane. Tirare sassi contro gli agenti perde appeal se chi l’ha fatto subito prima di te è già in carcere e ci resterà per tre anni. Non servono misure speciali, l’importante è essere in grado di mobilitare la polizia dove serve, creando una sorta di “esercito permanente” capace di intervenire subito, come per gli hooligans, e avere dei tribunali che possano lavorare nonostante il rallentamento ereditato dagli anni della pandemia.

La lezione il premier l’aveva imparata a suo tempo, nel 2011, quando da procuratore capo era riuscito a domare l’incendio dei violentissimi riots di quella lontana estate di rabbia e nichilismo dopo cinque giorni. Anche stavolta, con 900 arresti e 460 condanne, l’effetto c’è stato, la situazione si è calmata, anche se è presto per cantare vittoria: il premier ancora non è andato in vacanza, i piromani sono ancora in giro, Elon Musk ha preso ad attaccarlo dopo averlo chiamato “TwoTierKier”, ossia Keir-due-pesi-e-due-misure, come se i manifestanti bianchi fossero trattati peggio di quelli di altre etnie, e il ruolo dei social media nei disordini è sempre foriero di sorprese. Però grazie all’esperienza, e a quella calma risolutezza che gli ha fatto vincere le elezioni poco più di un mese fa, Sir Keir si è dimostrato all’altezza della situazione dopo la più grande delle tragedie, ossia l’uccisione di tre bambine a Southport per mano di un diciassettenne nato a Cardiff e di origine ruandese. Il paese non aveva neanche iniziato a venire a patti con lo sgomento che, per dirla con le parole dell’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, è partita subito una “deliberata disinformazione, diffusa rapidamente online da pessimi attori con motivazioni maligne” e del tutto non cristiane, secondo cui l’autore del gesto sarebbe stato un richiedente asilo. Il neodeputato Nigel Farage ha fatto la sua parte con un “non ci dicono la verità” e a un mese dalle elezioni è tornata prepotentemente sulla scena l’estrema destra britannica, che ha in Tommy Robinson, fondatore della English Defense League e con un curriculum criminale di tutto rispetto nonostante i 41 anni appena, il suo guru. Un guru ricco, che fatturava 1,6 milioni di sterline e non pagava le tasse prima di dichiarare bancarotta, e su cui i servizi stanno indagando per capire quanto – il se non sembra essere in discussione – ci sia la mano di Mosca dietro le sue attività. Keir Starmer l’ha chiamato “il teppista da divano” ma non ha fatto sconti neppure a chi, dal Labour, ha usato toni di incitamento alla violenza.

Un consigliere laburista che ha auspicato che si tagliasse la gola ai nazifascisti è stato arrestato, l’imperativo in questi giorni è di abbassare la temperatura e rispondere in modo concreto e non ideologico all’emergenza che riguarda la galassia dell’ultradestra britannica, con legami internazionali e una sapiente capacità di organizzarsi sia online sia offline, dalle app alle palestre. Ma nessuno si illude che basti affrontare questa minoranza di soliti noti. Le sette città in cui i disordini sono stati più violenti sono povere e da anni mandano messaggi di scontento: Hartlepool, Liverpool, Manchester, Rotherham – teatro di sedici anni di molestie da parte di tassisti di origine pakistana ai danni di 1.400 ragazzine del posto, un orrore che la destra usa da anni per alimentare la propria islamofobia – hanno economie in disarmo da decenni e ora devono vedersela con la delusione di una Brexit che certo non ha risolto i loro problemi. Il fatto che il governo spenda 3 miliardi all’anno per dare un alloggio ai richiedenti asilo non aiuta, gli alberghi scelti sono spesso in quelle zone, la situazione va governata al di là dell’utilizzo che ne possono fare i populisti come Nigel Farage. Ai tempi di Boris c’erano 725mila arrivi l’anno, tra studenti e richiedenti asilo, la ministra dell’Interno Yvette Cooper spera che accelerando l’analisi dei casi si possano inserire queste persone nella società, ma il problema dell’occupazione e del peso sui servizi pubblici sono temi concreti, in un paese in cui la povertà è galoppante. Solo domenica 703 personehanno attraversato il canale su piccole imbarcazioni. Era un giorno di sole, il mare era calmo, due sono morte.

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