Zanda (Pd): “L’incarico di Ermini per Spinelli non è uno scandalo. In Liguria no all’uso politico delle inchieste”

L’ex senatore dem: “Il passo indietro dell’ex vicepresidente del Csm? Aumenta la mia stima nei suoi confronti. Il ricatto della procura a Toti? Difficile che nella sua condizione potesse commettere reati”. E sul governo: “Cadrà entro 12 mesi”

Non trovo sia uno scandalo per Ermini aver accettato un incarico professionale nella società di Aldo Spinelli. Non c’è nulla di illegittimo. Credo abbia pesato la coincidenza temporale tra l’assunzione dell’incarico e le elezioni. Le sue dimissioni dalla direzione nazionale del Pd? E’ una decisione che fa aumentare la mia stima nei suoi confronti”. Luigi Zanda commenta così il passo indietro dell’ex vicepresidente del Csm. Che ieri ha annunciato le dimissioni dall’organo del partito, dicendosi profondamente amareggiato: “Non avrei mai pensato che assumere un incarico professionale potesse suscitare imbarazzi, che risentono evidentemente della situazione e del clima a Genova e in Liguria”. “Lui e Andrea Orlando sono due persone specchiate, una soluzione che tenesse conto dell’opportunità politica l’hanno trovata con le dimissioni”, dice allora Zanda. Eppure, non è una cattiva notizia che Ermini abbia dovuto fare un passo di lato nel partito pur di poter continuare a lavorare? “Dico solo che è stato un bravo parlamentare, un bravo vicepresidente del Csm. Continuerà a essere un bravo avvocato”.

E allora con l’esponente dem, parlamentare per cinque legislature, non potevamo che partire, in questo colloquio, proprio dalla Liguria. Il modo in cui si è arrivati alle dimissioni di Toti non è stato uno spettacolo particolarmente edificante. Con Schlein e Conte che scendono in piazza nel giorno in cui all’ex presidente venivano dati nuovi arresti domiciliari. Non è stato un vero e proprio ricatto da parte della procura quello verso Toti? “Mi sembra di poter dire che nelle circostanze date fosse molto difficile per lui reiterare il reato”, confessa il suo scetticismo Zanda sullo specifico delle misure cautelari. “Ho sentito dire a Orlando, e lo condivido, che la bocciatura verso Toti fosse principalmente politica. Ciò detto mi auguro che tutta la questione giudiziaria rimanga fuori dalla campagna elettorale. E che ci si occupi di temi politici. La lotta deve essere sempre politica, non giudiziaria”.

Quello ligure potrebbe davvero essere il primo test del campo largo dopo il riavvicinamento di Renzi. Orlando è l’uomo giusto? “Sarà un ottimo presidente, mentre la destra invoca un candidato civico ma è ancora in alto mare. E’ chiaro che sarà anche un voto con un significato nazionale”. Si voterà anche in Emilia-Romagna e Umbria. Lei è per Renzi sì o Renzi no? “Colpisce che sia il leader di Italia viva che Conte si siano fatti molto più dialoganti dopo che il Pd è passato dal 18 al 24 per cento. Io dico che in Italia si vince solo costruendo le coalizioni. Il problema è che è facile unirsi per ottenere un vantaggio elettorale, ma è difficilissimo far durare le coalizioni quando si va al governo. Guardate cosa sta succedendo alla destra”. Cosa? “A mio avviso entro 12 mesi la legislatura finirà, per le loro evidenti contraddizioni interne. Da una parte Tajani ha nuove ambizioni, dall’altra c’è il putinismo di Salvini. Meloni sta in mezzo e ancora non riesce a liberarsi dei cascami del passato del suo partito”. E’ anche per questo che Schlein sta accelerando sul fronte “campo largo” e si dice pronta ad andare a Palazzo Chigi? “Schlein fa bene, ma lo ripeto: allargare la coalizione è la parte più facile. Molto più difficile è trovare dei punti di contatto, delle linee comuni per avere un progetto di governo”. Il caso ligure ha evidenziato che su alcuni temi come la giustizia il Pd rincorre ancora il populismo dei Cinque stelle.

Non trova? “Io credo che nessuna coalizione si possa costruire senza un percorso comune chiaro sulla politica estera e su un’idea comune di futuro per il paese”, analizza Zanda. “Sullo stato di diritto, sulla separazione dei poteri e sulla presunzione di innocenza, poi, bisogna che la convergenza sia molto più chiara. Ma la sfida è, se vogliamo, ancora più impegnativa”. Perché? “Una forza di sinistra non può non pensare alla crescita economica. Senza crescita economica non c’è possibilità di portare avanti politiche sociali”. Sa che sta suggerendo di guardare alla sinistra à la Starmer? Dovrebbe essere un punto di riferimento anche per il Pd? “Se il modello Starmer vuol dire essere in grado di elaborare politiche economiche che rispondono al bisogno di creare ricchezza, allora sì, certo. I laburisti hanno vinto con una proposta politica poco ideologizzata, pragmatica. Anche il Pd può imparare molto”.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.

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