No all’autonomia e centrosinistra alla Starmer, dice Vito Leccese

Il sindaco di Bari compila la sua agenda ideale per l’opposizione, tra tagli, Pnrr, imprese e transizione ecologica

Eletto a sindaco di Bari al secondo turno e con oltre il settanta per cento dei voti, dopo una campagna elettorale tormentata, con il centrosinistra diviso e le primarie saltate lungo la via, Vito Leccese, in passato due volte parlamentare, è alla sua prima estate alla guida del comune. Guardare al tempo stesso alla città e al paese, questa la sfida e anche l’opportunità, in un centrosinistra che sembra aver ripreso energia, rispetto ai due anni di scoramento successivi alla vittoria di Giorgia Meloni. Quale dovrebbe essere l’agenda concreta dell’opposizione, secondo il neosindaco Leccese? “Il tema dei temi, profondamente politico”, dice, “è quello dell’autonomia differenziata. È la questione più importante, il pericolo più avvertito dall’opinione pubblica, almeno a queste latitudini, ma non solo. E ritengo che l’aver approvato in via definitiva il disegno di legge, qualche giorno prima dello svolgimento del secondo turno delle amministrative, abbia contribuito a determinare la sconfitta dei candidati di centrodestra in alcune città italiane, dove la vittoria del centrosinistra – e parlo anche di Bari, dove certo c’è stata una forte componente di voti in continuità rispetto ai dieci anni di sindacatura Decaro – è stata anche la vittoria di un voto di dissenso rispetto a determinate scelte del governo” .

L’altro giorno Leccese, a un banchetto per il referendum abrogativo per l’autonomia, ha visto tantissima gente in fila: “Non si tratta di un tema soltanto contingente, legato alle opposte vedute politiche”, dice, “è un tema che riguarda l’idea di paese, perché l’autonomia differenziata, così com’è stata articolata, va ad acuire i divari territoriali, non soltanto tra nord e sud ma anche tra aree a maggiore e minore sviluppo industriale in una stessa regione, e tra aree con infrastrutture migliori e peggiori nello stesso distretto. Abbiamo di fronte lo spauracchio di un’Italia iper-frammentata”. Al secondo punto dell’agenda, Leccese metterebbe “il ripristino dei sistemi di protezione sociale smantellati da questo governo. Rischiamo di entrare in un autunno non caldo, ma caldissimo. E tutto questo si scarica sui comuni”. Comuni che hanno avuto e avrebbero grandi opportunità legate all’erogazione dei fondi europei nell’ambito del Pnrr, ma che oggi lamentano i tagli meloniani. “Il problema”, dice Leccese, “è che bisognerebbe avere un rapporto sereno e sano con questo governo”. Non è possibile? “I circa ottomila comuni italiani hanno avviato la programmazione, fatto le gare, fissato un cronoprogramma stringente in vista della deadline del 31 dicembre 2026, e però allora il governo non può ridurre le risorse senza un confronto preventivo con le amministrazioni comunali. I comuni sono la più grande stazione appaltante del paese, e questi sono stati due anni di massacro a livello di impiego di risorse umane, a partire dal processo di implementazione dei dati, per poter rispettare la tempistica dataci del governo su indicazione dell’Unione europea”. Tuttavia il sindaco spera si possa fare opposizione costruttiva sul tema: “Spero che l’Anci avvii un confronto con il governo con focus sugli impegni che abbiamo già assunto. Il taglio dei finanziamenti rischia di essere un disastro, perché in molti casi tutte le opere sono già state appaltate, addirittura cantierizzate. Dei problemi di gestione come amministratori ci faremo carico, ma sarebbe veramente problematico dover interrompere in fase di avvio a causa della riduzione dei fondi” .

Investimenti per la crescita, parola o parolaccia per la sinistra? “La mia storia politica”, dice Leccese, “affonda le proprie radici nei movimenti ambientalisti degli anni Ottanta. Sono stato parlamentare per i Verdi per due legislature, e oggi posso dire di essere il primo sindaco verde di una grande città del sud. Per me la crescita ha un solo limite, la sostenibilità ambientale, ma al tempo stesso credo che oggi il percorso di transizione ecologica offra alle imprese e al paese grandi opportunità di crescita, con le giuste politiche. E anche i governi locali possono dare un contributo alle sfide globali. Oggi per esempio ho fatto un sopralluogo in quello che sarà il primo rifugio climatico di Bari, all’interno di un’area che costituiva un vuoto urbano, e che invece diventerà un giardino con caratteristiche che permetteranno di ottenere un abbassamento termico, in quella zona, di 4-5 gradi”. Sui rifiuti Leccese punta “sull’economia circolare”, ma anche sui comportamenti: “In città abbiamo un problema di igiene urbana dovuta a comportamenti non virtuosi all’interno dei grandi flussi turistici non governati. Bari, come molte altre città italiane, è letteralmente consumata dai visitatori occasionali”. La Puglia spesso è stata laboratorio per aggregazioni e disaggregazioni a sinistra. “A Bari abbiamo fatto un’esperienza molto interessante”, dice Leccese: “Il centrosinistra, come si sa, è andato al voto diviso, ma con l’impegno di andare unito al secondo turno ed eventualmente al governo della città. Bene, questo impegno, assunto prima dello svolgimento del primo turno, lo abbiamo mantenuto e abbiamo oggi un campo larghissimo, una grande coalizione progressista, Cinque stelle compresi”. Si pone però nel paese il tema del centro. Il leader di Italia Viva Matteo Renzi, con un’intervista al Corriere, ha messo in campo l’idea di un’ampia convergenza. “Se Renzi torna nell’alveo del centrosinistra, io sono molto contento”, dice Leccese: “e credo che la ricchezza di una coalizione stia nelle sue molte anime”. Modello inglese, alla Keir Starmer, o modello grande accozzaglia francese? “Sono per il modello ‘per’ ”, dice il sindaco, “si sta insieme per far vincere le proprie idee, non per contrastare qualcuno o qualcosa”.

La Puglia può insegnare qualcosa? “Negli anni Ottanta, con il sociologo Franco Cassano, con Beppe Vacca e altri intellettuali, la Puglia era anche nota per quella che veniva chiamata école barisienne: un movimento di pensiero che evidenziava la capacità dei baresi di vedere oltre, di essere lungimiranti rispetto alla politica. Io sono nato in questa città, mi sono formato qui, e credo che l’operazione fatta da me e dall’altro candidato di centrosinistra, Michele Laforgia, non sia stata indolore sul piano emotivo – siamo della stessa generazione, abbiamo diviso per così dire famiglie e comitive – ma alla fine ci siamo ritrovati insieme. E allora penso che la nostra esperienza possa essere guardata con grande fiducia, rispetto al futuro della coalizione di centrosinistra nel nostro paese”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l’Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l’hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E’ nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.

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