Tutti i ministri della nuova squadra di governo di Keir Starmer: solidità è la parola d’ordine

Il senso d’urgenza del primo ministro, che il giorno dell’incoronazione è già pronto a formare il nuovo governo. La vicepremier Angela Rayner, il sottosegretario Pat McFadden e la cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves. Più Brown che Blair, e pieno di nomi cresciuti con Ed Miliband

La grammatica politica non lo avrebbe richiesto, il nuovo governo il giorno stesso dell’incoronazione come primo ministro di Keir Starmer. Il giorno dopo il voto a valanga per il Labour sarebbe stato perfetto per l’arrivo tra le bandierine a Downing street, la foto con la moglie in rosso davanti al portone del Number Ten, il bagno di sangue nel campo conservatore. Troppa carne al fuoco. Eppure, prima ancora di essere incaricato dal Re a Buckingham Palace, gli spin doctor laburisti lasciavano trapelare la notizia che Starmer avrebbe formato e annunciato immediatamente il nuovo governo, prevista oggi la prima riunione dei ministri. Un senso di urgenza, di c’è molto da fare, non c’è tempo da perdere. Dando anche il segno di una lunga preparazione, di arrivare alla guida del paese non con improvvisazione o lasciando troppo tempo ai giornali per speculazioni e tifoserie sui possibili dicasteri, il totoministri che qualsiasi leader preferirebbe evitarsi.

Allo stravolgimento, pragmatico e strategico, della tempistica del nuovo esecutivo fa riscontro la solidità – tutto molto Starmer – della squadra che si è scelto. Più Brown che Blair, a dispetto delle attese della vigilia e del riposizionamento al centro del partito. E pieno zeppo di nomi cresciuti con Ed Miliband (che era il brownite dei due fratelli, David era l’arci-blariano). La sua vice in campagna elettorale, Angela Rayner, diventa vicepremier, prendendosi anche il portafoglio alla coesione sociale, il celebre levelling up, la prima ad arrivare verde smeraldo ieri pomeriggio a Downing street. Stessa provenienza working-class di Keir, madre a 16 anni, sindacalista, esordio sotto Corbyn, è stata al fianco di Starmer nella ricostruzione del partito laburista. Porterà al governo attenzione ai temi sociali, di cui si è occupata quando era shadow, e un carattere piuttosto risoluto che, all’epoca, faceva disperare Corbyn, ma che matcha benissimo con la moderazione paziente del nuovo primo ministro.

In un ruolo strategico come quello di sottosegretario alla presidenza del Consiglio – per mutuare un ruolo analogo in Italia – ci sarà Pat McFadden, scozzese, brownite, europeista, amico di Israele, che è stato lo stratega della campagna di Starmer. Esperto, sempre fuori dai riflettori, sarà il trouble-shooter di Downing Street, il Mister Wolf chiamato a risolvere le grane più spinose e a far girare al massimo la macchina di Downing street.

Il quarto angolo del quadrato magico al Numero 10 sarà l’annunciatissima cancelliera dello scacchiere, Rachel Reeves, che dovrà portare avanti l’agenda economica del Changed Labour, prima donna della storia. Formazione da classe dirigente, Oxford e London School of Economics, un passaggio alla Banca d’Inghilterra, poi in Parlamento con Ed Miliband, ma è con Starmer che prende il posto di Cancelliere ombra e riposiziona il partito su un atteggiamento pro-business, di disciplina fiscale e crescita. Suo il messaggio chiave della campagna sulla creazione di ricchezza in un quadro che vede lo stato come attore dinamico, capace di assorbire i colpi del mercato. Al Commercio, Jonathan Reynolds.

Torna al governo Ed Miliband, sfortunato leader del Labour tra il 2010 e il 2015, già al governo come ministro all’Energia e al Cambiamento climatico, dicastero che ricoprirà anche questa volta (ma come sicurezza energetica). Una delle proposte-chiave del programma elettorale, la creazione di Great British Energy, una azienda pubblica di energia, viene dal suo cappello; quello di uno dei più autorevoli dirigenti del partito, con il curriculum più pesante dell’intera squadra di governo. Dal mazzo di Miliband – ma più blairiana – anche Liz Kendall, ministra al Lavoro.

Per il ruolo di ministro degli Esteri toccherà a David Lammy il difficile incarico di dare continuità al sostegno adamantino del Regno Unito all’Ucraina. Radici in Guyana, Harvard, poi più giovane parlamentare a soli 27 anni, ma una visione molto matura degli affari internazionali, da sempre è toccato a lui trattenere le relazioni tra il Labour e i progressisti di tutto il mondo. Alla Difesa va John Healey, finora shadow sempre al fianco dell’Ucraina, con una provenienza brownite che ne fa uno dei più sperimentati e leali uomini di Starmer. Alla giustizia arriva Shabana Mahmood, una delle prime parlamentari islamiche a sinistra, avvocata, irriducibile al Labour corbynista, mentre agli Interni lavorerà Yvette Cooper, una delle dirigenti laburiste più esperte, un tempo fedelissima di Gordon Brown, già ministra del Lavoro.

La Scuola va a Bridget Phillipson, la Cultura a Lisa Nandy, i Trasporti a Louise Haigh e la sanità a Wes Streeting. La Scozia, dove il Labour è tornato a ruggire a scapito dello Scottish National Party, sarà appannaggio di Ian Murray. Peter Kyle, un fiero amico di Israele, con un curriculum da cooperante, ma posizioni molto falche sarà ministro alla Scienza, mentre Angela Smith, da sempre al fianco di Starmer, una fedelissima, sarà la Leader alla Camera dei Lord. Per essere un governo del cambiamento davvero poche sorprese, personale solido ed esperto, pochi fuochi d’artificio. Come Starmer, d’altronde.

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