Landini riunisce le opposizioni contro l’Autonomia: presentato il quesito per il referendum

Da Schlein a Conte fino a Boschi: tutti i partiti di minoranza (tranne Azione di Calenda) insieme ad associazioni e sindacati, contro la legge Calderoli. Ora parte la raccolta delle 500 mila firme necessarie per proseguire l’iter. Mentre anche le cinque regioni del centrosinistra si muovono per chiedere la consultazione

Ci sono (quasi) tutti. Questa mattina le opposizioni, i sindacati e svariate associazioni si sono ritrovate davanti alla Corte di Cassazione, al Palazzo di Giustizia, dove il segretario della Cgil Maurizio Landini ha depositato il quesito referendario per abrogare la legge Calderoli, la legge sull’Autonomia differenziata. Presenti i principali leader di partito dell’opposizione: per il Partito democratico c’è Elly Schlein, che si è recata all’appuntamento prima di andare ad aprire la direzione del Pd, per il Movimento 5 stelle c’è Giuseppe Conte, ma anche Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni per Avs, Riccardo Magi per +Europa e Maria Elena Boschi (non Renzi) per Italia Viva. Manca Azione e manca Carlo Calenda, ma c’è anche Maurizio Acerbo, segretario nazionale del partito della Rifondazione comunista.

Il testo presentato da Landini recita: “Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, ‘Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione’?“. Le risposte che saranno eventualmente presenti sulla scheda referendaria saranno “Sì” o “No”. La domanda è stata presentata da un totale di 34 sigle, fra partiti, sindacati, ma non la Cisl, e associazioni.

La presentazione del quesito referendario è però solo un primo passo verso l’organizzazione del voto popolare vero e proprio. Il referendum abrogativo è regolato dall’articolo 75 della Costituzione, che definisce le condizioni per le quali si può indire, cioè quando è richiesto da cinquecentomila elettori o da cinque Consigli regionali. In questo caso le sigle promotrici sono già al lavoro per raccogliere le tante firme necessarie, ma allo stesso tempo le regioni si sono attivate per richiedere il referendum: quest’ultima strada potrebbe essere la strada più sicura (e più rapida) per le opposizioni, dal momento che il Pd e il Movimento 5 stelle governano proprio cinque regioni, giusto il numero necessario perché possa essere presentata la richiesta.

Due giorni fa l’Emilia Romagna ha fatto sapere di essere pronta per inoltrare la richiesta di referendum: qui, nello specifico, i tempi sono molto stretti viste le dimissioni anticipate del governatore Stefano Bonaccini, che in quanto eletto al Parlamento europeo ha deciso di chiudere prima di qualche mese la sua esperienza come presidente di regione. Le sue dimissioni ufficiali sono state spostate in avanti e dovrebbero arrivare tra l’11 e il 12 luglio. Per questa ragione i partiti di maggioranza in consiglio regionale sono al lavoro per inoltrare e formalizzare la richiesta nel minor tempo possibile. Anche la Campania sta preparando la richiesta, sostenuta da tutti i partiti del centrosinistra, più Azione e Italia Viva.

Stesso discorso per Puglia, Sardegna e Toscana. Eugenio Giani, Il presidente di quest’ultima regione in un’intervista alla Stampa di oggi ha anche spiegato lo stato di avanzamento del lavoro tra le regioni: “Ci stiamo coordinando con le altre quattro regioni amministrate dal centrosinistra per muoverci insieme ed evitare così di dover raccogliere le firme”, ha detto. Nella sua regione il quesito sarà discusso in Consiglio regionale martedì prossimo.

Elly Schlein, intervenendo alla Direzione del Pd, dove si è recata dopo la deposizione del quesito, ha spiegato: “Con la riforma dell’autonomia chi nasce in Calabria avrà meno opportunità di chi nasce in Lombardia e questo per noi è inaccettabile. Ci sono tante ragioni per mobilitarsi insieme e siamo felicissimi di farlo con questo largo rassemblement di forze politiche, associazioni, sindacati società civile. Ci stiamo muovendo anche con le regioni“. Conte ha poi detto questo referendum è “l’occasione ai cittadini di contrastare lo ‘spacca-Italia'” e di evitare “la condanna a morte della sanità, dell’istruzione, delle infrastrutture, specialmente nelle aree più in difficoltà del paese e per evitare che un macigno arrivi sulle imprese del Nord che rischiano di essere soffocate da venti democrazie”.

Riccardo Magi ha spiegato che quella di oggi, secondo lui, “è una iniziativa di opposizione alla pessima riforma del governo Meloni che rappresenta anche una bomba nel bilancio pubblico. Penso che le opposizioni si ritrovano sulle occasioni in cui fare opposizione, e questa è una delle occasioni”, mentre Maria Elena Boschi, per Italia Viva, ha spiegato: “Ci mobiliteremo per la raccolta firme, che è un messaggio potente al governo Meloni, e ci saranno anche divisioni nella maggioranza, sono già iniziate”. Fuori dalla foto di gruppo del “Fronte Popolare italiano” (al quale ha alluso Schlein in Direzione) è rimasto il partito di Carlo Calenda, che non ha partecipato alla consegna del quesito. Differenze troppo evidenti su tutto il resto, forse, sulle quali anche Boschi si è soffermata dopo l’iniziativa di oggi “Restano differenze su altri temi e ovviamente al referendum sul Jobs act saremo dalla parte opposta”, ha detto la rappresentate di una delle due anime dell’ex Terzo Polo.

Sulla presentazione del quesito referendario per la maggioranza ha parlato il ministro degli Esteri Antonio Tajani: “L’opposizione fa ciò che vuole. L’Autonomia nasce da una riforma della Costituzione, nel 2001, fatta dalla sinistra. Abbiamo sempre detto che bisogna valutare la riforma facendo in modo che non ci siano danni per le regioni del Sud. Presenterò al Consiglio nazionale l’idea di un osservatorio nazionale di Forza Italia permanente, con persone che più conoscono la materia”, ha spiegato il segretario di Forza Italia.

La palla sul Referendum ora passa alla burocrazia. La richiesta, che essa sia fatta attraverso le cinquecento mila firme o con i cinque consigli regionali, dovrà essere presentata entro il 30 settembre. Se i quesiti depositati (in questo caso uno) saranno a norma di legge partirà l’iter del controllo della Corte costituzionale. Superati questi step, l’ok al voto arriverà dal presidente della Repubblica, che dovrà indire il referendum nella primavera del 2025.

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