Chi di Brexit ferisce di Brexit perisce

Il Regno Unito vota Labour e pone fine a quattordici anni di governo dei Tory, cominciati con il premier David Cameron, che ha indetto il referendum sulla Brexit pensando di vincerlo, e finiti con Rishi Sunak, sostenitore della Brexit della prima ora che ha cercato, in silenzio, di aggiustare un progetto fallito.

Il Labour di Jeremy Corbyn ci aveva messo del suo nella decisione di lasciare l'Unione europea nel referendum del 2016. Ora che il partito è guidato da Sir Keir Starmer, il futuro primo ministro, il Labour non mette in discussione la decisione ma inizierà un cauto e lento riavvicinamento per permettere al Regno Unito di rientrare nei giochi europei. "Il Regno Unito non entrerà nell'Ue, nel mercato unico o nell'unione doganale", ha dichiarato Starmer.

Nessuno a Bruxelles ci si aspetta una completa inversione di rotta sulla Brexit. "Dovremo aspettare una generazione", ci ha detto un alto funzionario dell'Ue. "Tra un secolo o due, sì", afferma Jean-Claude Juncker in un'intervista a Politico.eu. L'ex presidente della Commissione europea ha negoziato la Brexit, facendosi insultare da media e politici britannici. "La Gran Bretagna sta scoprendo ora le conseguenze del suo voto e queste conseguenze corrispondono esattamente a ciò che avevano detto", dice Juncker un po' disilluso. L'uscita del Regno Unito, un freno quando era membro dell'Ue, è stata vissuta come tragedia, ma anche come un sollievo. Oggi sono altri paesi che si assumono la responsabilità di mettere i bastoni tra le ruote al blocco europeo. Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, non ha fatto mistero delle sue intenzioni, sta lavorando con un certo successo per paralizzare il processo decisionale e, ora che ha la presidenza di turno dell'Ue, decide di andare in visita a Mosca.

La Brexit è diventata un argomento tabù su entrambe le sponde della Manica. Non si parla più di ridiscutere l'uscita dal Regno Unito. Ma le parti stanno cercando di rivedere le loro relazioni. Il modo in cui ciò avverrà rimane da vedere. Starmer vuole rinegoziare gli accordi commerciali con l'Ue. "Penso che potremmo ottenere un accordo migliore di quello pasticciato che abbiamo ottenuto sotto Boris Johnson sul fronte del commercio, della ricerca e dello sviluppo e della sicurezza", ha annunciato il futuro primo ministro. Un risultato positivo non è scontato. Il continente non si mostra molto propenso a nuovi negoziati con Londra.

Gli sconvolgimenti geopolitici stanno aprendo nuove prospettive. E spingono britannici ed europei a riconsiderare le loro relazioni. "Gli aiuti militari e finanziari all'Ucraina, le sanzioni contro la Russia e lo sforzo di ricostruzione hanno dato vita a uno stretto coordinamento e a un'azione di cooperazione sin dall'inizio della guerra, ma su base informale e guidata dall'urgenza. Questa volta, la concomitanza delle elezioni europee e britanniche, rispettivamente il 9 giugno e il 4 luglio 2024, offre l'opportunità alle future squadre al comando di avviare, strutturare e formalizzare un nuovo dialogo per estendere le relazioni a settori strategici", sottolinea in una nota analitica Sébastien Maillard dell'Istituto Jacques Delors.

La Comunità politica europea (Cpe) fornisce un quadro di riferimento. Il Regno Unito ha immediatamente aderito a questo organismo informale lanciato dal presidente francese, Emmanuel Macron, nel 2022. Il governo britannico ospiterà il prossimo vertice, previsto per il 18 luglio 2024 a Blenheim Palace, vicino a Oxford. "Descritto dal Foreign Office come il più grande evento europeo sul suolo britannico dopo la Brexit, con il sostegno all'Ucraina in cima all'agenda, dovrebbe vedere il successore di Rishi Sunak dare il benvenuto ai suoi omologhi di tutto il continente e ai leader dell'Ue, alla presenza di Re Carlo III, in quello che potrebbe simboleggiare il primo riavvicinamento della Gran Bretagna all'Europa. E il possibile inizio di un dibattito sulle loro relazioni", sostiene Sébastien Maillard. Sicurezza e difesa sono due aree di cooperazione. Anche se i britannici lo negano, la Brexit è costata loro cara. All'interno della Nato, Londra è considerata un partner molto al di sotto del suo potenziale. Le sue capacità militari si sono degradate a causa di "gravi errori di valutazione commessi dal 2020", secondo un documento che abbiamo consultato. Le forze armate britanniche "non possono difendere adeguatamente il territorio britannico" e "non sono preparate per un conflitto di qualsiasi portata", ha ammesso Rob Johnson, un alto funzionario della difesa responsabile della valutazione della potenza militare britannica, citato dal Financial Times. Inoltre, la rottura con l'Ue esclude le aziende britanniche produttrici di armi dai contratti di appalto congiunti e impedisce loro di beneficiare del sostegno al loro sviluppo industriale.

La possibile rielezione di Donald Trump negli Stati Uniti è considerata un motivo di preoccupazione comune, viste le minacce rivolte agli inadempienti dell'Alleanza. Si prevede un "riorientamento radicale", con il ritiro degli Stati Uniti, che costringerà gli europei ad assumere un ruolo per il quale sono impreparati. In questa configurazione, Londra deve avvicinarsi ai suoi ex partner dell'Ue. Ma la partecipazione britannica alla difesa europea richiederebbe un contributo finanziario e un allineamento normativo con l'Ue in contrasto con la Brexit. "La minaccia posta dalla Russia al continente rende certamente necessario un riavvicinamento strategico tra Londra e l'Ue a 27. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca lo renderebbe imperativo. Le elezioni presidenziali americane promettono quindi di essere un fattore decisivo per accelerare l'intensificazione di una relazione euro-britannica basata tanto su valori e interessi condivisi quanto sulla semplice vicinanza geografica", sostiene Sébastien Maillard.

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