L’occasione storica di Keir Starmer, nel Regno Unito dei sospiri

La campagna elettorale britannica è finita con il botto, Boris Johnson si è infine concesso al pubblico conservatore, giusto per conquistare i titoli e l’attenzione dell’ultimo minuto, quello delle decisioni. L’ex premier si è presentato a sorpresa a un comizio londinese a due giorni dal voto – che è oggi, 4 luglio – e ha ripetuto il manuale del conservatore disperato, ma lo ha fatto meglio, perché come lui, nel cuore blu di un Regno che si appresta a colorarsi di rosso, non c’è nessuno.  “Ci avesse pensato prima”, dice con un sospiro un trentenne abbacchiato che ha fatto un po’ di canvassing – la splendida pratica britannica di andare a suonare i campanelli, di mantenere vivo il contatto diretto, seppur saltuario, tra politici e cittadini. Johnson, l’ex premier che ha consegnato nel 2019 una solida maggioranza ai Tory e che è stato defenestrato nel 2022 in uno dei tanti episodi di cannibalismo che hanno scandito la storia recente del partito, poteva pensarci prima e non l’ha fatto, perché detesta il premier attuale, Rishi Sunak, che lo ha tradito, perché metterci la faccia, in una campagna nata così male e con questo svantaggio, non sembrava utile, perché si dedica (che sia benedetto) all’Ucraina e al suo memoir in arrivo a settembre,  cioè a un “dopo” che sembra ben più promettente dell’oggi.  Poi però è stato convinto, Johnson, dai tanti conservatori che stanno perdendo il posto e che temono davvero di essere mezzi cancellati dal Parlamento. Mai sentito parlare di ambizioni di carriera così lontane dalla politica come adesso, dice il distributore di volantini casa per casa, e racconta di progetti di vita totalmente nuovi e pure un pochino fantasiosi. Lo spettro per i Tory è questo: la supermaggioranza del Labour ai Comuni,  una vittoria a valanga che “è incinta di orrori”, come ha detto Johnson – la catastrofe.

 

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