Il vincolo esterno rassicura Bruxelles sul voto in Francia, ma c’è il rischio di illudersi

Bruxelles. Governo di estrema destra, potenziale crisi del debito sovrano, paese ingovernabile perché senza maggioranza. L’Unione europea sta affrontando con una calma relativa le elezioni legislative anticipate in Francia, come se le conseguenze della scommessa di Emmanuel Macron all’indomani della disfatta alle europee del 9 giugno potessero essere gestite in modo ordinario e contenute a livello nazionale. La Commissione si è ormai abituata a fare i conti con governi guidati da populisti che minacciano di far saltare il banco europeo, ma che il più delle volte rimangono vittime di loro stessi. Il vincolo esterno dei mercati agisce sempre come effetto moderatore e la Francia con un debito al 110 per cento del pil non dovrebbe essere un’eccezione. Le proiezioni sul secondo turno suggeriscono che lo scenario più probabile è quello di un’Assemblea nazionale senza maggioranza. Ma la Commissione rischia di sottovalutare gli effetti sistemici del voto di domenica sulla stessa Unione europea. Senza la voce e l’influenza della Francia, i progetti messi in cantiere per adattare l’Ue a un ambiente geopolitico sempre più ostile potrebbero essere definitivamente archiviati.

A tre giorni dai ballottaggi l’Ue è preoccupata, ma vuole vedere soprattutto i segnali positivi. Grazie alle desistenze, il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella non dovrebbe ottenere la maggioranza assoluta. In ogni caso il loro programma, anche se incompatibile con il quadro delle regole comuni dell’Ue, si è considerevolmente moderato. “Il discorso di Le Pen nel 2022 era diverso dal 2017 e quello del 2024 è diverso dal 2022”, spiega al Foglio un funzionario dell’Ue. Se Bardella dovesse diventare primo ministro, in molti a Bruxelles scommettono in un’evoluzione stile Giorgia Meloni, che ha dovuto adottare un approccio pragmatico, evitando scontri con l’Ue, per continuare a ricevere i 200 miliardi del Pnrr, per ottenere aiuto sui migranti e per gestire un deficit al 7,4 per cento e un debito al 137 per cento del pil. E’ dal 2000, quando in Austria il partito Fpö di Jörg Haider è entrato al governo con i conservatori di Wolfgang Schüssel, che l’Ue e le sue istituzioni stanno imparando a gestire governi populisti e di estrema destra. La Grecia di Alexis Tsipras è stata rimessa in riga con la minaccia di espulsione dalla zona euro. L’Italia nel 2018 ha avuto il governo tutto populista di Lega e M5s. In ogni caso, anche alla Francia si applica la vecchia regola del vincolo esterno e dello spread, che da anni accompagna la vita politica italiana. Il differenziale di rendimento tra gli Oat francesi e i Bund tedeschi si è allargato dopo lo scioglimento dell’Assemblea nazionale il 9 giugno, è salito a 86 punti base (quasi il doppio del livello abituale) alla vigilia del primo turno delle legislative, e si è allentato un po’ all’indomani del voto quando si sono ridotte le probabilità di un governo guidato da Bardella. Se il Rn avrà la maggioranza assoluta, grazie al vincolo esterno, “i margini di manovra saranno nulli”, anticipa una seconda fonte di Bruxelles.

La calma relativa dell’Ue rischia di essere un’illusione di breve periodo. Con un governo Bardella o con un’Assemblea nazionale senza maggioranza, “la Francia perderà potere negoziale e influenza”, spiega un diplomatico. “La voce di Macron diventerà inaudibile”, conferma un responsabile europeo. Molto più che degli effetti dello spread sulla Francia, Bruxelles dovrebbe preoccuparsi degli effetti dell’assenza della Francia nell’Ue. Guerra della Russia in Ucraina, espansionismo economico della Cina, ritorno di Donald Trump negli Stati Uniti: “Le implicazioni per l’Ue di ciò che sta accadendo in Francia – anche se l’estrema destra non riuscirà a ottenere la maggioranza domenica – non sono state comprese”, ha spiegato Mujataba Rahman dell’Eurasia group su X. “Stallo a Parigi uguale inerzia e paralisi in Europa: tutte le principali iniziative strategiche a cui pensa von der Leyen sono morte”. Secondo Rahman, “questa è un’altra forma di crisi per l’Ue”.

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