Gentiloni: “Il motore franco-tedesco non è mai stato così debole, l’Italia può giocare un ruolo importante”

Il commissario europeo all’Economia dop le elezioni in Francia: “Dobbiamo guardare in faccia la realtà e affidarci all’Unione, alle istituzioni comuni. Il modello francese delle sinistre per l’Italia? No, meglio quello inglese. Bisogna costruire un centrosinistra con una cultura di governo”

“Il fatto che l’Unione Europea, come gli Stati Uniti, stia diventando l’epicentro di una crisi, richiede una risposta, che può andare a mio avviso in una sola direzione: puntare sulle istituzioni comuni. Dobbiamo smettere di fare i sonnambuli e guardare in faccia la realtà. Il famoso motore franco-tedesco non è mai stato così debole. Quindi, direi che affidarsi all’Unione sia la cosa più ragionevole”. Lo dice in un’intervista al Corriere della Sera il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, commentando le recenti elezioni in Francia e le sue conseguenze sull’intero continente.

L’ex premier pesa le parole ed è preoccupato per il risultato francese di lunedì prossimo, dopo i ballottaggi, ma spiega che a queste condizioni l’Italia può giocare un ruolo molto più rilevane del passato: “Il punto è se scegliere di contribuire al riscatto europeo (o meno, ndr), che non può più venire dal motore franco-tedesco, e questo schiude un ruolo decisivo all’Italia, ovvero puntare su chi vuole indebolire l’Unione, a vantaggio di interessi nazionali gretti e nostalgici. Io confido che questa sia la consapevolezza del governo. È una grande occasione per il nostro paese e non dovremmo lasciarcela sfuggire“, spiega.

“Nonostante la tempesta francese, la debolezza tedesca e consapevoli delle sfide globali poste dalla Cina e dalla possibile vittoria di Trump, gli europei hanno la chance di scommettere sulle loro istituzioni”, spiega ancora Gentiloni, che ammonisce: “Se si sveglia l’Europa, abbiamo ampi margini di riscatto e strade importanti già tracciate, per esempio dai rapporti di Mario Draghi sulla competitività e di Enrico Letta sul mercato unico. Ora dobbiamo avere un’Unione Europea capace di reagire al pericolo che incertezza e fragilità investano le due grandi aree democratiche del mondo, l’America e l’Europa. Anche perché, se a novembre venisse eletto Trump, non c’è dubbio che la competizione da parte americana, già presente, diventerebbe feroce”.

Gentiloni commenta poi anche l’esclusione di Meloni dalle trattative di Bruxelles per le nomine dopo le elezioni: “Tutti sono consapevoli del ruolo dell’Italia, della sua importanza, del fatto che oggi esprime uno dei governi più stabili dell’Unione. E nessuno, dico nessuno vuole umiliarla – afferma –, ma non si può nascondere l’esistenza di una maggioranza, fatta da tre grandi partiti tradizionali, che si è presentata come tale alle elezioni ed è stata confermata, sia pure con numeri ridotti. Von der Leyen prova ad ampliare il perimetro di sostegno senza però accordi politici con la destra. E c’è un pieno riconoscimento del ruolo dell’Italia”. E sul voto di fiducia che la premier dovrà dare al Parlamento, Gentiloni è netto: “Questo lo lascio alle valutazioni di Meloni”.

Sull’alleanza della sinistra per le elezioni in Francia e sul “fronte repubblicano” come modello per l’attuale opposizione nel nostro paese Gentiloni spiega: “Sono riluttante agli entusiasmi di giornata. Sono contento che in Francia esista una spinta per far blocco contro una destra che è un problema anche per l’Europa. Ma non credo si possa immaginare il futuro della sinistra in Italia all’insegna dello slogan: ora e sempre desistenza. Mi entusiasmerei piuttosto per la possibile vittoria, domani nel Regno Unito, di un partito laburista tornato a una cultura maggioritaria e di governo dopo 15 anni di radicalismo, che ha anche consentito ai conservatori di precipitare la Brexit. Anche in Italia, il compito è di costruire un centro-sinistra con una cultura di governo”.

In conclusione, poi, un passaggio sulle prossime sfide economiche: “Le crisi, le instabilità e le guerre fin qui non hanno compromesso un cammino di graduale ripresa, calo dell’inflazione (come ha confermato anche il dato di giugno) e di forte tenuta dell’occupazione. Incertezza e instabilità non hanno finora compromesso questo percorso economico. Negli Usa è ancora più clamoroso, la differenza tra un’economia che va molto bene e una politica impazzita. Come se i due mondi fossero reciprocamente immuni. La prima sembra ignorare il frastuono della politica. Ma non sarà così a lungo. Rafforzare le istituzioni europee è anche un messaggio preventivo di fronte al rischio che maturino tensioni nei mercati. Innescate da fatti geopolitici o da crisi interne in altri paesi, queste tensioni avrebbero inevitabilmente una ricaduta anche sull’Italia“.

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