“Via i nostalgici”. Meloni ci riprova per la terza volta. E Antoniozzi: “Chi sbaglia a Lourdes”

La leader di Fratelli d’Italia avvisa di nuovo i dirigenti del suo partito dopo il caso Fanpage. E intanto il vicecapogruppo di Fdi propone: “I ragazzi coinvolti dovrebbero andare in pellegrinaggio come ha fatto mio figlio quando ha sbagliato”

Lo ha ridetto, chissà se sarà ascoltata. Da una rapida ricerca d’archivio Giorgia Meloni già nel febbraio 2022, quando annusava il profumino di Palazzo Chigi, riunì la direzione di Fratelli d’Italia in Via della Scrofa per lanciare il seguente messaggio: “Sarò implacabile, caccerò i nostalgici: quando andremo al governo dovremo essere impeccabili”. Discorso ripetuto nell’ottobre dello stesso anno, vinte le elezioni, davanti ai parlamentari eletti, omaggiati – lepenianamente – con una cravatta (gli uomini) e con un foulard (le donne): “Fuori chi sgarra”. Dopo quasi due anni ci risiamo. Con una lettera inviata ai vertici del partito dopo le rivelazioni di Fanpage.



La leader della destra italiana, che pubblicamente finora non ha ritenuto di proclamarsi “antifascista” per non assecondare chi glielo chiede a ogni occasione comandata tipo il 25 Aprile, questo pomeriggio ha battuto un colpo. L’eco dell’inchiesta su Gioventù nazionale (vivaio di Fratelli d’Italia), le ripercussioni internazionali, le battute antisemite, gli slogan nazisti, gli inni al Duce e le parole della senatrice Liliana Segre l’hanno spinta a intervenire di nuovo dopo le dichiarazioni pronunciate a Bruxelles a margine delle trattative per gli incarichi europei la scorsa settimana.

Ecco dunque la circolare meloniana. Dura e senza appello. Un messaggio ai naviganti, ma anche un richiamo della foresta all’insegna dell’orgoglio e un’immancabile punta di vittimismo che fa epopea. Introduzione: “Fuori chi ci vuol far tornare indietro: non abbiamo tempo da perdere con chi ci trasforma in macchietta”. Corpo centrale della lettera: “L’ho detto e ripetuto decine di volte, ma casomai ce ne fosse bisogno lo ripeto: non c’è spazio, in Fratelli d’Italia, per posizioni razziste o antisemite, come non c’è spazio per i nostalgici dei totalitarismi del ‘900, o per qualsiasi manifestazione di stupido folklore. I partiti di destra dai quali molti di noi provengono hanno fatto i conti con il passato e con il Ventennio fascista già diversi decenni fa e a maggior ragione questo vale per un movimento politico giovane come il nostro, che fin dalla sua fondazione ha peraltro fatto la scelta di aprirsi a culture politiche compatibili con la nostra, accogliendo persone che arrivavano anche da percorsi politici diversi da quello della destra storica”.


Questa volta non cita l’inchiesta di Fanpage, additata in precedenza come un metodo da regime con tanto di appello al Quirinale, ma si limita a dare forza alle truppe con questo ragionamento: stiamo facendo una rivoluzione in Italia e per questo ci attaccano. “Senza regole, senza limiti, senza esclusione di colpi. Non possiamo fermare questi attacchi ma possiamo fare tutto il possibile per essere adeguati al ruolo”. Segue un passaggio su una lotta alle lobby e ai poteri forti. E alla fine un messaggio ai ragazzi di Gioventù nazionale “ripresi in un momento privato”, motivo che la fa arrabbiare e rattristire. Perché, dice Meloni, Gn è un movimento “colorato, curioso e aperto”.

Il sottotitolo qui è: non siamo come ci dipingono loro, ma certo che alcune riprese inequivocabili sono indifendibili. La commissione Segre sull’odio razziale acquisirà i video del giornale online. Il caso, salvo nuove puntate, forse è chiuso. Intanto nella destra italiana si è scatenato un discreto dibattito su come educare e sensibilizzare i ragazzi finiti nella tempesta. “Tutti a Lourdes, per un mese. Come mio figlio che l’ho spedito laggiù a fare i conti con il dolore. Adesso sta facendo il barelliere. Aiuta i malati, li trasporta. Ecco, quei due o tre ragazzi di Gioventù nazionale tirati in ballo da Fanpage li manderei a Lourdes con mio figlio, un bel mesetto”. Alfredo Antoniozzi si ferma e si accende una sigaretta. È il vicecapogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia. Ha una storia politica quarantennale: eletto in Campidoglio con la Dc (sindaco Signorile), è stato europarlamentare per dieci anni con Forza Italia. È il figlio di Dario Antoniozzi, più volte parlamentare dello scudo crociato e ministro dei governi Andreotti.

Insomma Alfredo Antoniozzi è, per pedigree, uno dei pochi ex dc del partito di Giorgia Meloni, rappresenta “l’aletta” moderata del partito della nazione. Lo scorso maggio suo figlio Manfredi, ventenne, è finito sulle cronache locali dei quotidiani romani per violenza e minacce a carabinieri che l’avevano fermato per guida pericolosa ed eccesso di velocità. Secondo Repubblica, il figlio del parlamentare avrebbe detto: “Domani vi troverete senza lavoro, vi faccio licenziare, non sapete chi sono io e a chi sono figlio, sono il figlio di Antoniozzi, il parlamentare, vi faccio fare una brutta fine, conosco il questore di Roma”. Ecco dunque la cura Antoniozzi: Lourdes. A cui si aggiunge quella di Gianfranco Fini: la visione per tre volte consecutive del film “Schindler’s List”. Rimedi e consigli fino alla soluzione Meloni: fuori i nostalgici o fascisti da operetta.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

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