Traffici internazionali, banche sotterranee. Meloni con Xi parlerà anche di questo?

Sei tonnellate e 337 chilogrammi di sostanze precursori di Mdma, metanfetamine ed ecstasy. Secondo la Guardia di Finanza di Varese, che ieri ha reso noti i dettagli della sua “Operazione Molecola”, quel carico sarebbe stato sufficiente per produrre 63 milioni di pasticche illegali, destinate al mercato nero di tutta Europa. Un record per una spedizione di precursori partita dalla Repubblica popolare cinese e arrivata nell’area cargo dell’aeroporto di Malpensa due anni fa, dentro a decine di scatoloni con la scritta “Polyester Powder Coating”, la polvere usata per la verniciatura di poliestere. Agli uomini della Guardia di Finanza è bastata una verifica per capire che quella polvere bianca però era altro. E’ partita così l’indagine durata due anni e che ha permesso di  risalire a uno dei depositi dove si stoccavano gli stupefacenti, che passavano prima dal deposito di una società di import dalla Cina con base operativa a Caronno Pertusella, in provincia di Varese, e poi arrivavano in Olanda dove si produceva la droga da mettere sul commercio. Grazie alla collaborazione con l’agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, sono state arrestate tre persone, di cui due cittadini cinesi residenti in Olanda e un terzo, residente a Milano, ritenuto responsabile dell’import dei componenti. 

Ieri la notizia del sequestro è finita su molti giornali internazionali, per via della enorme quantità di materiale bloccato, ma anche perché si tratta dell’ennesimo episodio che riguarda la Repubblica popolare cinese e il suo coinvolgimento nel traffico internazionale di droga.  “Sebbene la Cina prenda molto sul serio la diplomazia contro gli stupefacenti nel sud-est asiatico e nel Pacifico, la sua cooperazione operativa in materia di applicazione della legge tende a essere altamente selettiva, egoistica, limitata e subordinata ai suoi interessi geopolitici”, ha detto  l’anno scorso l’analista di organizzazioni criminali Vanda Felbab-Brown in audizione al Congresso americano. “Pechino agisce raramente contro i vertici delle organizzazioni criminali cinesi, a meno che non contraddicano specificamente una serie ristretta di interessi del governo cinese”. L’Amministrazione Biden ha tentato più volte di lanciare una piattaforma di dialogo con la leadership cinese sul tema del fentanyl – una catastrofe umanitaria in America – ma sempre più spesso funzionari della Casa Bianca sollevano dubbi sulla reale intenzione della leadership cinese di contrastare l’export illegale di oppiacei, riferendosi a una precisa intenzione “punitiva” della Cina, che subì la Guerra dell’oppio, e  di una guerra ibrida volta a destabilizzare gli Stati Uniti. Insomma, per l’America trattare sul traffico illegale di droga con la Cina è una priorità anche politica, ma per l’Europa?

A metà marzo scorso, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha incontrato il segretario di stato americano Antony Blinken a Vienna, e gli ha consegnato il “Piano nazionale di prevenzione contro l’uso improprio di fentanyl e di altri oppioidi sintetici”, proposto e approvato di recente dal governo Meloni con carattere preventivo, in assenza di una vera “emergenza fentanyl” in Europa. Poi, a fine aprile, “su iniziativa della presidente del Consiglio Giorgia Meloni” i leader dei paesi del G7 hanno firmato una dichiarazione che Palazzo Chigi ha sintetizzato come una dichiarazione “contro le droghe”, ma che in realtà rientrava nell’ambito della necessità di un dialogo internazionale per capire, e tentare di fermare, la rete di traffico  sempre più spesso legata alla Repubblica popolare cinese – come dimostrato dall’ultima operazione “Molecola” della Guardia di Finanza. 

Secondo pregresse indagini degli investigatori della Us Drugs Drug Enforcement Administration e, più di recente, di alcune operazioni della Guardia di Finanza, il traffico illegale di stupefacenti dalla Cina, che passa anche per l’Italia, va di pari passo con la costruzione della rete di cosiddette “banche sotterranee” cinesi, che effettuano pagamenti e ripuliscono i soldi del narcotraffico anche per conto della criminalità organizzata italiana: “Le autorità ritengono che i criminali italiani si siano affidati sempre più ai banchieri clandestini cinesi non solo per riciclare i proventi delle loro vendite di droga, ma anche per pagare le spedizioni di stupefacenti”, si leggeva in un’inchiesta del Financial Times di giovedì scorso. 

La rete criminale cinese in Italia si è fatta più grande e multiforme, ed è il motivo per cui sempre più governi in occidente si dotano di piattaforme in cui l’analisi della Cina è olistica, e non riguarda soltanto la politica o il commercio. In questo caso, tocca anche argomenti cari a Meloni, che nelle prossime settimane sarà a Pechino in visita ufficiale dal leader Xi Jinping, ma non è stato anticipato da Palazzo Chigi se effettivamente il tema del traffico internazionale e illegale di droga sarà tra gli argomenti di diplomazia giudiziaria che verrà affrontato.

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