Orbán va a Kyiv da leader europeo e non da premier ungherese

Il premier ungherese Viktor Orbán è andato a Kyiv per la prima volta da quando è iniziata la guerra della Russia contro l’Ucraina. Non è stata una visita a sorpresa, né una decisione presa di soprassalto.  Orbán non è impulsivo e  aveva messo il suo ministro degli Esteri e i suoi collaboratori al lavoro da tempo per preparare il suo viaggio in macchina diretto: Budapest-Kyiv. La tempistica doveva essere perfetta e infatti il premier ungherese si era raccomandato che il viaggio non avvenisse prima delle elezioni europee, per le quali ha riciclato la campagna elettorale usata anche durante le legislative di due anni fa: ha parlato di “pace”, ha criticato l’Unione europea per il sostegno a Kyiv, ha attaccato chi vuole una guerra più grande, e non si riferiva a Vladimir Putin. La fine della campagna elettorale ha coinciso anche con l’inizio della presidenza ungherese del semestre europeo e Orbán vuole farsi vedere movimentato, protagonista, ha l’intenzione di non perdere l’occasione di presentarsi come il costruttore di un’Europa secondo i suoi canoni: infatti non si è lasciato sfuggire l’opportunità di annunciare poco prima dell’inizio del semestre la creazione di   un suo gruppetto pronto a  espandersi dentro al Parlamento europeo che ha chiamato Patrioti per l’Europa. 

 Ieri Orbán è stato accolto da Zelensky che lo aspettava davanti al palazzo presidenziale di Kyiv vestito con una maglietta nera. I due si erano già incontrati la scorsa settimana a Bruxelles, quando Zelensky ha ottenuto, tra le altre cose, il via libera al trasferimento di 1,4 miliardi di euro di proventi dai beni russi congelati dalle sanzioni europee. Il presidente ucraino sa che ogni forma di solidarietà europea rischia di essere bloccata da Viktor Orbán, e una telecamera aveva inquadrato a lungo i due mentre discorrevano e gesticolavano nella sala del Consiglio europeo. Zelensky era serio, Orbán rideva e gesticolava molto: è un politico  di mondo, sa come comportarsi anche con l’uomo a cui minaccia di togliere le armi per  difendere il suo paese. Nessuno sa di cosa stessero parlando, ma già erano a conoscenza della visita imminente del premier ungherese a Kyiv. 
Zelensky e Orbán hanno battibeccato anche in conferenza stampa: l’ungherese ha detto che bisogna lavorare a un cessate il fuoco che aiuti la pace e l’ucraino è corso a puntualizzare che Kyiv ha bisogno di una pace giusta, duratura ed equa, non di un compromesso. Alla fine si sono ringraziati, perché la verità è che i due leader hanno bisogno l’uno dell’altro. Sono a capo di due nazioni confinanti in cui la frontiera è il limite tra la pace e la guerra, e per paradosso è l’ungherese ad avere più bisogno dell’ucraino in questo momento. Orbán è in un momento di difficoltà sia politica sia economica, ha bisogno di un escamotage negoziale con Bruxelles e   un placido sostegno all’Ucraina può aiutarlo molto. Orbán è stato attento ad andare a Kyiv in quanto presidente di turno del semestre, quindi più  come europeo che come ungherese. Per fare in modo che la nuova Ue in formazione   lo aiuti  deve dimostrarsi più aperto, dialogante e vuole giocare la carta ucraina. Chi lo segue da anni scommette: “Orbán non dice mai di aver sbagliato, cambierà strategia smettendo di fare rumore, ma soltanto per ottenere qualcosa”. L’apertura a Zelensky ha anche un risvolto politico, perché il premier ungherese ha preso molto male che il suo oppositore ed ex collaboratore Péter Magyar sia entrato nel Ppe, che era stato la sua casa a Bruxelles, e vuole ricominciare a essere considerato. La regola di Orbán è chiara: si può contare mettendosi sempre di traverso a suon di veti, ma bisogna sempre lasciare una strada aperta che ti rimetta al centro. Questa volta la strada aperta l’ha portato a Kyiv. 

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