Il Pd s’interroga sul M5s e sul futuro del campo largo. Riformisti in cerca del centro

I dem in ansia sui cinque stelle: che succede adesso con Raggi e Di Battista più esposti di Conte?

Sono giorni d’apprensione, questi, per il Pd. I dirigenti più vicini alla segretaria Elly Schlein hanno cambiato le abitudini. La mattina non fanno più colazione con Repubblica. Ormai il primo giornale che sfogliano è il Fatto. Per capire quello che sta succedendo nel mondo del M5s. Già perché, parlando con Giuseppe Conte e con i suoi luogotenenti, a cominciare da Stefano Patuanelli (il grillino preferito dai dem) non è che abbiano capito che cosa si muove da quelle parti. E ultimamente, da questo punto di vista, la lettura del Fatto ha aumentato lo stato d’ansia dei dirigenti del Partito democratico.

L’impressione che le donne e gli uomini più vicini a Schlein hanno tratto è infatti che Conte non abbia più l’autorevolezza di un tempo. Mentre ricominciano a fare capolino con una certa insistenza sia Virginia Raggi che Alessandro Di Battista. La prima, soprattuto, è assai presente sulle pagine di quel giornale e si distingue da due settimane in qua per un rinnovato attivismo. Comunicati, dichiarazioni, iniziative… l’ex sindaca di Roma appare ai dem in gran fermento.

Né Raggi né Di Battista intendono privilegiare il rapporto con il Pd. Anzi. E questo preoccupa non poco la dirigenza democratica. Anche perché, e qui si torna alla delicata questione dell’autorevolezza di Conte, i dem sono convinti che l’ex premier non abbia più la forza di imporre la propria linea come un tempo. Come un gatto che si morde la coda: il Pd da una parte è preoccupato perché l’eventuale allentarsi dei rapporti con i Cinque stelle finirebbe per vanificare la prospettiva del campo largo, dall’altra la linea molto movimentista imboccata da Schlein porta inevitabilmente i dem a svuotare il M5s, suscitando la reazione di Raggi e Di Battista. Insomma, un bel problema per il Partito democratico.

A queste preoccupazioni se ne aggiunge un’altra che, però, al momento, sembra affliggere solo i riformisti del Pd: l’abbandono a se stesso del centro. I riformisti dem vorrebbero che il gruppo dirigente del loro partito cercasse di intensificare i rapporti con i moderati delle opposizioni, “anche perché – spiegano – senza di loro il campo largo non è in grado di vincere, è inutile prendersi in giro. Se ci buttiamo solo a sinistra non potremo mai contendere il governo alle destre”. Ma Schlein non sembra troppo interessata al problema. O meglio, a parole lo è. A parole la segretaria del Pd è tutto un ammiccamento alle altre forze di opposizione. Ma nella realtà dei fatti così non è e i riformisti sono preoccupati. Non solo loro, a dire il vero. Anche una parte della sinistra interna, quella rappresentata da Goffredo Bettini, per intendersi, teme che la strategia adottata dal gruppo dirigente del partito serva solo a convogliare voti sul Pd ma non a cementare le alleanze future

Qualche mormorio riformista si sente anche a Bruxelles. Nel gruppo dem al Parlamento europeo infatti non tutti hanno preso bene la linea di Elly Schlein di mettere solo i parlamentari a lei fedeli nei posti (pochi) che contano. Anche l’idea che sia Nicola Zingaretti a guidare il gruppo vede più d’uno contrario. Come ha suscitato un certo nervosismo la mossa della segretaria di utilizzare Stefano Bonaccini (da lei ritenuto più malleabile) contro Pina Picierno (giudicata fin troppo autonoma) nella corsa alle vicepresidenze del Parlamento europeo.

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