Joseph Ratzinger, il buon europeo

L’amata patria culturale: una raccolta di scritti illuminanti del Papa che ha lottato per unire fede e ragione e contro la barbarie mascherata da progresso

“Mi sono venute in mente frasi famose mentre leggevo questa bella raccolta di scritti di Joseph Ratzinger (Benedetto XVI) sulla sua amata patria culturale, l’Europa” scrive l’accademico americano Paul Seaton su Law&Liberty. “Alcuni provengono dalla Scrittura. Un profeta non è privo di onore, tranne che nel suo paese; il buon pastore va alla ricerca della pecora smarrita. Penso anche a Shakespeare: ‘La sua vita fu generosa, e gli elementi così mescolati in lui che la natura avrebbe potuto levarsi a dire al mondo intero, questi fu un uomo’. Infine, una frase nicciano ricorreva regolarmente: ‘Un buon europeo’. Ratzinger era un buon europeo. Le ragioni sono illustrate in una nuova raccolta di suoi scritti selezionati, ‘True Europe’. Come vero figlio dell’Europa, questo eminente pensatore e uomo di chiesa cattolico si preoccupava costantemente della sua patria culturale e dei suoi figli moderni. Trascorse buona parte della sua vita adulta considerando entrambi, misurando l’Europa dei suoi tempi rispetto a ciò che il titolo della raccolta evidenzia: ‘identità e missione’ che definiscono l’Europa. Quella ‘missione’ originaria, quella definizione dell’identità come ‘continente culturale’, era quella di unire la fede cristiana e la ragione filosofica in un dialogo reciprocamente arricchente, e di umanizzare costantemente la politica e la vita sociale alla luce della dignità conferita all’uomo. E durante la sua lunga vita (1927-2022), fu costantemente motivo di preoccupazione, poiché gli europei moderni voltarono ripetutamente le spalle a questa grande eredità.

Cresciuto adolescente in Baviera nei primi anni 40, Ratzinger vide l’ascesa della mostruosa ideologia razzista che conquistò la sua nazione. Poi, dopo una devastante guerra mondiale, vide la sua amata Europa divisa da una cortina di ferro, con il suo stesso paese a esemplificare la divisione, questa volta colpita da un mostruoso totalitarismo ideologico della sinistra. Due decenni dopo, l’ancora giovane professore osservò l’antinomismo, l’utopismo e la violenza rivoluzionaria del ‘68. E dal 1989 fino alla sua morte, ha seguito una serie di decisioni fatali delle élite che hanno portato l’Europa in una direzione inquietante, verso un secolarismo totale che ha espulso Dio e la fede biblica dalla vita pubblica e ha intronizzato un’umanità radicalmente autonoma sans Dieu et sans racines (senza Dio e senza radici). Così, nel corso di una vita movimentata, osservò i suoi compatrioti impazzire in una serie di modi ideologici, di destra, di sinistra e umanitari. Avevano in comune il rifiuto della fede cristiana e le corrispondenti apoteosi della ragione e della volontà che, in verità, costituivano un terribile accecamento e restringimento.

Ciò di cui fu testimone fu una serie di esperimenti in forme di ateismo tipicamente moderne, ciò che il teologo gesuita francese Henri de Lubac (1996-91), collettivamente soprannominò ‘umanesimo ateo’. Qui era un paradosso: queste aberrazioni della ragione e della volontà, queste estreme negazioni della fede, erano state concepite e avevano visto la luce per la prima volta in Europa. Erano i prodotti europei per eccellenza. Come è stato possibile? Posta la questione in questo modo, è diventato evidente il compito di una diagnosi culturale. Perché e come l’Europa ha concepito le sue antitesi? Come si potrebbero discriminare gli sviluppi europei validi da quelli non validi? E, cosa ancora più urgente, come richiamare efficacemente gli europei a sé stessi, alla loro identità originaria e alla loro missione determinante? Come rendere Dio credibile e attraente per coloro che lo avevano abbandonato?

Le conferenze, i saggi e gli interventi di questo volume aiutano i lettori a vedere come l’eminente studioso, pensatore e uomo di chiesa ha affrontato questo compito colossale. Erano richieste tutte e tre le competenze: studioso, pensatore e uomo di chiesa. Come studioso, ha raccolto e sintetizzato i dati rilevanti, risalendo indietro nella storia fino alla prima occorrenza del termine Europa in Erodoto, per poi tracciare il concetto e la realtà di un continente culturale distintivo mentre prendeva forma. Come pensatore, ne analizzò le diverse componenti (greca, romana, cristiana, moderna) nei loro elementi positivi e nei loro contributi alla cultura umana, e considerò la scena contemporanea alla loro luce. Essendo un uomo di chiesa noto per la sua cultura e il suo candore, veniva regolarmente invitato a parlare di questioni europee. Da qui una caratteristica generale dei brani qui raccolti: sono riflessioni offerte a pubblici diversi – chi ecclesiale, chi laico – in diverse occasioni tra il 1979 e il 2021. Ciascuna è una gemma, e collettivamente contribuiscono a comporre un mosaico di Ratzinger sull’Europa allora e oggi, e sui suoi possibili futuri. Di volta in volta, la voce è analitica e narrativa; critica e costruttiva; gentile, ferma e schietta; e minacciosa e invitante. La sua nota dominante è una combinazione non forzata di serenità, nata dalla razionalità, e fede. Parlando in questo modo, egli incarna e riafferma la sua convinzione circa la vocazione dell’Europa a coniugare fede e ragione in un dialogo reciprocamente illuminante, e così a servire l’intera persona umana. Crede che il mondo e la Chiesa verrebbero sminuiti in modo incommensurabile dalla perdita di questa identità, come realtà e ideale. Eppure molti segnali odierni rendono questa possibilità reale.

Ratzinger è colpito da quanto l’Europa contemporanea odia sé stessa. Ciò si manifesta nei modi più elementari e più elevati. Elementari, perché le sue popolazioni autoctone rifiutano l’atto elementare di speranza che è quello di mettere al mondo una nuova vita; elevati, a causa del suo costante rifiuto del suo ricco patrimonio culturale al di fuori delle categorie moderne come scienza, libertà e secolarismo portate agli estremi. E’ allo stesso tempo stanca della vita e si vanta di essere il nuovo modello dell’umanità. Non c’è da stupirsi che altre regioni del mondo guardino all’Europa di oggi e dicano: no grazie, desideriamo vivere e desideriamo continuare a vivere in continuità con le nostre radici e la nostra storia.

Benedetto coglie regolarmente l’occasione per dire ai suoi compatrioti europei quanto rappresentino un’anomalia culturale sulla scena odierna, alla luce del loro ripudio delle proprie radici e fondamenti culturali. Orgogliosi di essere aperti a tutte le altre culture, perdono la lezione principale che gli altri potrebbero insegnare loro, ovvero che una cultura che si stacca dalle sue radici e dalla sua storia non è adatta a questo mondo. Né è solo sé stessa che l’Europa odia. Odia la vita umana stessa e il mezzo che Dio ha dato all’umanità per condividere la sua trasmissione: il matrimonio eterosessuale monogamo. Alcuni dei passaggi più significativi affrontano l’adesione da parte degli europei al diritto all’aborto e alla pratica legalizzata dell’eutanasia come segni distintivi della libertà umana. Questa è mascherata da progresso di civiltà. Pur riconoscendo le difficoltà in una serie di circostanze personali, Ratzinger sottolinea l’ostinata cecità nei confronti delle verità conosciute sulla nascente vita umana che porta al diritto di abortirla, insieme alla corruzione della coscienza umana che presuppone e giustifica. Al contrario, la gratitudine e il rispetto per il dono della vita sono racchiusi nel comandamento biblico di non uccidere. Sotto questo aspetto, l’Europa contemporanea ha profondamente compromesso la sua pretesa di esistenza civilizzata. La diagnosi di Benedetto sull’Europa contemporanea può essere riassunta come segue: la nuova Europa è motivata dall’arroganza dell’emancipazione totale, che porta inesorabilmente a tagliarsi fuori dalle fonti della vita. Non c’è da stupirsi che l’Europa stia morendo. L’uomo non è Dio, e fingere il contrario porta necessariamente a sminuire la Sua immagine. Un’Europa sradicata deve riscoprire le sue radici vitali.

Ratzinger ripercorre gli errori moderni che hanno portato ai giorni nostri. Quando si conosce il terminus ad quem, si può guardare alla storia e ai suoi sviluppi con occhio attento. Le partenze possono essere collocate in diverse categorie: antropologie rielaborate; teologie rielaborate; comprensioni rielaborate della scienza e della natura; concezioni rielaborate dello stato e della politica; comprensioni rielaborate della storia (da teologica e provvidenziale a secolare e immanente); e così via. Ci sono molti pezzi nel puzzle della causalità storica. Ratzinger è lungi dall’essere semplicemente ‘antimoderno’. Ciò che preoccupa Ratzinger è la sua preventiva ‘mappatura del mondo’ da parte della scienza moderna, la visione del mondo che essa presuppone e promuove. Qui sorgono domande sulla sua adeguatezza a cui la scienza stessa non può rispondere.

Lo ‘scientismo’, l’idea secondo cui la scienza moderna è l’apice della ragione, è falso, in modo dimostrabile, e la scienza deve essere (re)inserita in un dialogo con altri usi della ragione, a partire dalla filosofia ma includendo anche la fede. Qualcosa di simile accade con i valori etici moderni come l’uguaglianza umana, la dignità e i diritti di coscienza, che sono fondamentali per la democrazia moderna. Essendo valori condivisi dai suoi contemporanei, pone loro due domande: da dove vengono questi valori? E cosa può sostenerli oggi? Uno sguardo aperto alla storia umana e alle culture del mondo rivela che essi vennero alla luce per la prima volta in terra cristiana e furono radicati nella rivelazione cristiana. I pensatori moderni hanno poi tentato in vari modi di fondarli in altri contesti: nella natura, nella ragione e persino nella storia o nella volontà. Oggi, questi sforzi hanno rivelato le loro inadeguatezze, e i contemporanei si ritrovano con impegni senza fondamento o sostegno. La loro fonte originaria, il cristianesimo, è tuttavia pronta a fornire tale sostegno.

Traduzione di Giulio Meotti

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