Il disastro politico dietro lo Shifa di Gaza

Il direttore dell’ospedale Shifa di Gaza è stato rilasciato e in Israele è iniziato un girotondo sconclusionato di accuse. Abu Salmiya era stato arrestato a novembre mentre cercava di evacuare verso il sud della Striscia, l’esercito lo aveva identificato lungo il corridoio umanitario dopo che aveva trovato nel suo ospedale prove della presenza di Hamas e della prigionia degli ostaggi.

  

Il direttore dello Shifa era stato portato in Israele per essere interrogato dallo Shabak, il servizio di intelligence interno. Assieme a Salmiya sono stati rilasciati altri cinquantacinque detenuti e le autorità israeliane hanno fatto a gara per prendere le distanze dalla scarcerazione inaspettata. Lo Shabak ha detto che non poteva fare altrimenti, le carceri sono in sovraffollamento a causa delle politiche del ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, alle sue politiche di arresto arbitrarie e alla sua inconcludenza nell’aumentare il numero di celle a disposizione. Secondo l’intelligence, dovendo scegliere come  risolvere il problema della mancanza di spazio nelle carceri, è meno rischioso il rilascio di Salmiya rispetto a quello di detenuti che tornando in Cisgiordania potrebbero ricostituire la rete di terroristi. Il ministro Ben-Gvir ha detto di volere le dimissioni del capo dello Shabak, Ronen Bar, mentre il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant hanno sottolineato di non avere nessuna responsabilità nella decisione: Ben-Gvir se l’è presa anche con Gallant. Israele rimpatria a Gaza regolarmente i detenuti che non sono sospettati di attività terroristiche, ma questa volta anche l’opposizione ha condannato la scarcerazione o quanto meno il disastro comunicativo di un governo le cui anime non possono stare più insieme, in cui il primo ministro per sopravvivenza si fa strattonare dall’una e dall’altra parte e alla fine un paese in guerra e attaccato a ogni lato si trova a non potersi fidare più neppure di se stesso.

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