Tajani ci spiega perché Meloni e von der Leyen alla fine si abbracceranno

Ci dice Antonio Tajani, con un sorriso: “Avete presente Italia-Croazia? Vedrete, finirà così”. La partita sulle nomine europee giocata da Giorgia Meloni nella notte tra giovedì e venerdì potrebbe in effetti ricordare molto da vicino quello che molti di voi hanno visto manifestarsi su un campo da gioco diverso qualche giorno prima. Il campo da gioco in questione è quello calcistico, naturalmente, e la partita che potrebbe aiutarci a capire qualcosa di più su quello che è il quadro europeo è il match pareggiato dall’Italia con la Croazia all’ultimo minuto. Primo tempo disastroso, praticamente suicida. Secondo tempo in crescita, ma con difficoltà a finalizzare l’azione. Ultimi minuti decisivi per strappare un pareggio e il conseguente passaggio del turno. Il primo tempo di Meloni in Europa si è concluso con un voto in fondo contro Antonio Costa al Consiglio europeo (linea di Meloni: mai con i socialisti), un voto scellerato contro la fantastica Kaja Kallas come Alto rappresentante dell’Unione europea (linea di Meloni: il terzo gruppo siamo noi conservatori, per il momento, e non i liberali di Renew) e un voto di astensione nei confronti di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione europea (linea di Meloni: oggi ci asteniamo, perché dobbiamo tenere insieme le posizioni dei nostri alleati, con la Lega contraria a Ursula e Forza Italia favorevole a Ursula, ma quando il 18 luglio si andrà a votare in Parlamento europeo se le trattative delle prossime settimane avranno esito positivo si potrebbe votare a favore). E non si può dire che Meloni esca vincitrice da questa prima frazione di gioco.
 

Al Consiglio europeo si è isolata. Il suo gruppo conservatore è a un passo dalla frammentazione (il premier ceco Petr Fiala, leader del Partito democratico civico, iscritto al gruppo Ecr guidato da Meloni, ha votato sì al pacchetto di nomine europee, i polacchi del PiS minacciano da giorni di uscire fuori dal gruppo Ecr per formare un gruppo di sovranisti con i paesi di Visegrád, compreso Orbán). E all’interno del suo governo c’è un partito (la Lega) che accusa un altro partito (Forza Italia) di aver ordito in Europa un “colpo di stato” (insieme con il Ppe, il Pse e Renew) per imporre nomi “con giochi di palazzo dei burocrati europei” ai vertici dell’Unione in barba ai risultati delle elezioni europee (a Salvini deve sfuggire però che gli elettori europei, alle ultime elezioni, hanno dato ai gruppi che hanno sostenuto von der Leyen negli ultimi cinque anni più o meno gli stessi consensi che quei gruppi avevano ottenuto cinque anni fa).
 

Il primo tempo Meloni lo ha perso malamente. Nel secondo tempo c’è ancora modo per recuperare qualcosa. Difficile capire se Raffaele Fitto possa essere l’equivalente di Mattia Zaccagni, in Europa, ma difficile non ragionare su quello che è l’unico scenario che potrebbe permettere a Meloni di restare in partita: usare l’astensione verso Ursula al Consiglio europeo come un passaggio doloroso per provare a negoziare ancora; avvicinarsi al 18 luglio, giorno in cui von der Leyen verrà votata dal Parlamento, provando a rientrare in partita mettendo i propri parlamentari europei, ventiquattro, a disposizione della maggioranza Ursula, in cambio di un commissario di peso ed evitare di passare i prossimi cinque anni fuori dai giochi europei come sarebbe successo all’Italia di Spalletti senza il gol all’ultimo minuto di Zaccagni. Riecco Antonio Tajani, vicepremier, ministro degli Esteri, capo di Forza Italia, esponente di peso del Ppe, convinto sostenitore di Ursula von der Leyen.
 

Presidente Tajani, come ha fatto il governo di cui fa parte a isolarsi in questo modo in Europa? “Onestamente, non penso che il governo italiano sia isolato. Il presidente del Consiglio ha preso atto che all’interno della sua maggioranza di governo c’è un partito favorevole a von der Leyen, Forza Italia, e uno contrario, molto contrario, ovvero la Lega. L’astensione nasce da qui. Ma attenzione a pensare che la partita sia finita. Siamo ancora al primo tempo. E c’è un altro tempo per raggiungere il risultato”. Cosa vuol dire raggiungere il risultato? “Significa avere una vicepresidenza di peso. Significa avere un commissario di peso. E significa non accontentarsi di un contentino”. E che significa? “L’obiettivo potrebbe essere Industria e Mercato interno, con tutto il settore legato allo Spazio”. Il governo punta davvero sul ministro Raffaele Fitto? “In Europa occorre avere alcune caratteristiche precise per poter ricoprire alcuni incarichi. Occorre conoscere bene la macchina burocratica. Occorre avere buoni rapporti con il Parlamento europeo. Occorre conoscere le persone che fanno funzionare gli ingranaggi delle istituzioni. Occorre avere credibilità. Fitto ha tutte queste caratteristiche”.
 

Resta però lo stesso tema: ministro, come si torna in partita? “Il negoziato deve avvenire da entrambi i lati. Personalmente, mi auguro che il partito guidato dal presidente del Consiglio, il 18 luglio, quando Ursula von der Leyen sarà in Parlamento per raccogliere i voti necessari per essere confermata come presidente, sia pronto a votare come Forza Italia: a favore di Ursula. Mi auguro che questo accada così come mi auguro che anche nel Ppe sia chiaro che il metodo usato finora nei confronti dell’Italia non è accettabile. Giorgia Meloni non è solo il capo di Ecr, ma è anche il leader di governo della seconda potenza industriale d’Europa, e averla esclusa dai dialoghi preliminari che hanno portato al pacchetto di nomine votato giovedì è stato un grave errore”. La maggioranza Ursula, al momento, gode di circa 399 parlamentari. La maggioranza si ottiene con 361 parlamentari. Quanti dovrebbero essere i parlamentari di sicurezza necessari per poter affrontare senza preoccupazioni eccessive la partita del voto segreto? “Almeno una cinquantina in più”, dice Tajani. Che poi aggiunge: “Penso che il Ppe dovrebbe avere chiaro che avere i voti dei conservatori, di Ecr, anche fossero quelli di Fratelli d’Italia e pochi altri, sarebbe fondamentale. L’alternativa sarebbe aprirsi ai Verdi. E dopo aver fatto tutti noi una campagna elettorale al centro della quale vi era l’idea che fosse necessario imprimere alla nuova legislatura una discontinuità forte rispetto alle modalità con cui era previsto il Green Deal, sono convinto che non sarebbe facile costruire una maggioranza così solida escludendo i conservatori e includendo i Verdi. Io sono assolutamente contrario a un accordo con i Verdi”.
 

Matteo Salvini ha detto che quello che stanno facendo i partiti europei, sulle nomine, è qualcosa di simile a, cito letteralmente, “un colpo di stato”. È un’accusa anche a lei, ministro. “Non è la mia opinione, non è il mio linguaggio, non è una tesi che condivido e penso che von der Leyen sia il risultato di un processo elettorale: ha vinto le elezioni, con il Ppe, e questa polemica non mi appartiene”. Meloni sembra  preoccupata dalla prospettiva di poter votare, nel Parlamento europeo, insieme con i socialisti, facendo l’opposto di quanto promesso in campagna elettorale. Forza Italia, da anni, in Europa collabora con i socialisti. Può spiegare perché non c’è nessuno scandalo in Europa a votare in alcune occasioni insieme con gli avversari? “Io i socialisti li ho sconfitti nelle elezioni a presidente del Parlamento europeo nel 2017. Ma non c’è nessuno scandalo se su alcuni dossier, se in alcune fasi per il bene delle istituzioni europee si collabora. Non ci si sporca se su alcuni dossier si vota insieme a gruppi che contengono partiti avversari. Non bisogna osservare le dinamiche europee con gli sguardi e l’ottica italiana. Le maggioranze, in Europa, cambiano continuamente, sono variabili, l’Europa non è l’Italia, e per questo serve uno sforzo di realismo da parte di tutti. Serve nel Ppe, che ripeto deve fare qualche passo in più per aprire ai conservatori, come ha suggerito il presidente Manfred Weber, e lo stesso deve avvenire da parte dei conservatori. Il Ppe non può avere solo interlocutori alla sua sinistra: l’obiettivo è più alto di un semplice accordo politico, è creare un assetto stabile, solido per la nostra Europa, che sia in grado di affrontare le tempeste che potremmo incrociare nei prossimi cinque anni”.
 

Sembra ottimista Tajani. “Lo sono. Se si uscirà fuori dalla logica dell’arrocco, un accordo si troverà. E se tutto andrà per il verso giusto, avremo un presidente della Commissione come von der Leyen, una maggioranza allargata ai conservatori, e un commissario di peso. È come dicevamo all’inizio. È come Italia-Croazia. Primo tempo in svantaggio, secondo tempo pareggio e qualificazione per entrare a pieno titolo e giocarcela nell’Europa che conta”.

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