Il lavoro ci sarebbe. Sale la quota degli operai specializzati “introvabili”. L’analisi di Confartigianato

È sempre più “emergenza manodopera” per le imprese italiane. L’allarme sulla difficoltà crescente ad assumere personale, soprattutto qualificato e pronto ad affrontare le sfide dell’IA, arriva da Confartigianato che il 25 giugno, nel corso di un convegno, ha presentato alla ministra del Lavoro Marina Calderone gli ultimi dati sul fenomeno.

 
Se nel 2023 le imprese italiane segnalavano problemi a reperire il 45,1 per cento dei lavoratori necessari, pari a 2.484.690 posti rimasti scoperti, a giugno la percentuale di “introvabili” è salita al 47,6 per cento, equivalente a 270 mila persone soltanto in questo mese. Questa situazione critica colpisce maggiormente le piccole imprese, che lo scorso anno non sono riuscite a trovare il 48,1 per cento della manodopera richiesta, con una quota che balza al 55,2 per cento per le imprese artigiane.

 
Secondo Confartigianato, la ricerca di personale richiede in media 3,3 mesi, ma può superare un anno per operai specializzati. Questo ritardo comporta un costo significativo per le piccole imprese, stimato in 13,2 miliardi di euro di minor valore aggiunto per ricerche di manodopera che durano oltre sei mesi.

  
Il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, ha sottolineato la necessità di affrontare subito questa emergenza con interventi formativi adeguati. “E’ necessario – ha detto – potenziare le politiche del lavoro, armonizzandole con quelle dell’istruzione e con misure contro la crisi demografica e la gestione dell’immigrazione. Si tratta di una sfida cruciale per il futuro delle imprese italiane, in particolare quelle di piccole dimensioni, e richiede azioni rapide e coordinate a livello nazionale”.

  

Le sollecitazioni del presidente Granelli hanno ricevuto la condivisione e l’impegno della ministra Calderone, convinta che si tratta di “un tema centrale” da affrontare con “uno sforzo comune del mondo delle istituzioni e delle parti sociali per promuovere la formazione e gli strumenti della contrattazione per sostenerla, in un mercato del lavoro che sta evolvendo rapidamente”, chiamato a fare i conti con le transizioni in atto e la sfida dell’Ia. “Crediamo – ha detto la ministra – nella formazione e in un connubio importante tra scuola e lavoro e, quindi, in una collaborazione con le imprese attraverso la formazione professionale”.

 
E proprio la formazione professionale è fondamentale per formare le competenze più difficili da trovare, quelle legate alla transizione digitale e alla gestione dell’intelligenza artificiale. Secondo il rapporto presentato da Confartigianato, lo scorso anno le imprese cercavano 699 mila lavoratori capaci di gestire tecnologie come intelligenza artificiale, big data analytics, internet of things e robotica. Di questi, 381 mila (54,5 per cento) risultavano di difficile reclutamento, con i due terzi (64,7 per cento, pari a 246 mila lavoratori) nelle micro e piccole imprese. La situazione è particolarmente critica in alcune regioni. In Trentino Alto Adige, il 67,2 per cento dei lavoratori con competenze digitali avanzate è introvabile, seguito dal Friuli Venezia Giulia (65,2 per cento) e dall’Umbria (63,8 per cento). Anche il Veneto, l’Emilia Romagna, la Lombardia e il Piemonte-Valle d’Aosta segnalano gravi carenze di personale qualificato.

 
Per rispondere alla carenza di personale e attrarre giovani talenti, il 66 per cento dei piccoli imprenditori ha adottato diverse strategie: il 32,6 per cento punta su aumenti salariali, il 28,5 per cento sulla flessibilità degli orari di lavoro e il 24,9 per cento sulla collaborazione con le scuole tecniche e professionali. Secondo Confartigianato, per il 72 per cento dei lavoratori necessari alle piccole imprese è richiesto un titolo secondario tecnico o una laurea in materie scientifiche, tecnologiche ed ingegneristiche (Stem). 

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