Fine del supplizio. Italia a casa tra gli schiaffi

Fuori, raus, senza neanche il pretesto per una lacrimuccia. Italia eliminata, anzi dominata dalla Svizzera agli ottavi di finale degli Europei. Finisce 2-0, o meglio tanto a niente. Dalle notti magiche ai giorni orridi è un attimo. In fumo la cabala del tempo (29 giugno, come Italia-Olanda ‘2000), dello spazio (Berlino 2006). E dei paragoni retorico-nazionalisti con gli Azzurri del passato, utili soltanto a farci distogliere l’attenzione da un presente patetico. Che la figuraccia in Germania serva almeno a ricostruire. Stavolta per davvero.

Chi in settimana si era illuso col guizzo di Zaccagni – splendido quanto estemporaneo – ha fatto presto a ricredersi. Questa Italia fa le valigie semplicemente perché non ha né anima né corpo. Quel che basta contro la modesta Albania, rumba dalla Spagna, sfangata sulla Croazia. E quindi logico ko tecnico per mano di una Svizzera che la qualificazione se l’è presa in ciabatte: d’altronde, dopo aver sfiorato la vittoria contro i tedeschi in casa loro, battere gli Azzurri sapeva di ordinaria amministrazione. Puntuali, con un gol per tempo, Xhaka e compagni hanno rispettato il pronostico (è ora di finirla con l’analisi per blasone: questi siamo e prima di oggi c’avevano silurato Slovacchia, Costa Rica, Svezia e Macedonia del Nord. Facciamocene una ragione).

Nel calcio uno non vale uno perché Donnarumma, quando vede il tricolore, è il portiere più forte del mondo. Merito suo se l’Italia in questo torneo ha subito 5 gol e non 10: decisivo pure oggi, su Embolo e Rieder. Uno non vale uno perché Scamacca, che all’Atalanta spacca porte e difese, in Nazionale ha i numeri di un difensore (un gol in 20 presenze). Uno non vale uno perché Federico Chiesa, nel 2021, avrebbe comunque risolto una partitaccia del genere (Austria, sempre agli ottavi). Lenta, molle, nemmeno sporca. Talvolta però uno vale davvero uno: che sia Jorginho oppure Fagioli, il centrocampo azzurro resta un supplizio da vietare in fascia televisiva protetta. E così la Svizzera ci surclassa rischiando zero, costruendo tanto e capitalizzando poco soltanto causa portiere. Il primo gol, firmato da un inserimento del ‘bolognese’ Freuler, è l’immagine di una squadra in tilt (e Di Lorenzo un po’ di più). Il secondo fa proprio incazzare: dopo il regalo all’Albania nei 20 secondi iniziali, quest’Italia rilancia, s’incaponisce e si fa sorprendere dalla carneade Vargas dopo altri 20 di secondo tempo. Belle statuine e partita chiusa. Reazione non pervenuta. Anzi: una mano provano a darcela gli svizzeri, con Schar che di testa colpisce uno sporadico auto-palo. Anche basta.

Andiamo a casa perché è giusto e meglio così. V’immaginate passare il turno per buona sorte, e poi sorbirsi la rivincita dell’Inghilterra? Da campioni d’Europa in carica, l’Europeo ci ha messo a nudo. Ha palesato l’equivoco di Spalletti, che ha mischiato le carte all’inverosimile (uomini, schemi, acquasantiere) senza rendersi conto di non allenare più il Napoli da scudetto. “Mi prendo tutta la responsabilità io”, dice il ct, da ultimo arrivato. Sarebbe ora che a battere un colpo siano anche Gravina e la Federcalcio. La mossa dello struzzo ha stancato: tre anni fa abbiamo trionfato a Wembley grazie al puro capolavoro motivazionale di Mancini e Vialli, che per un mese ci aveva fatto credere di essere i più forti di tutti (fino a vincere sul serio). Tutto il resto è noia e dolori. Un calcio che non cresce più da decenni. Nascondersi ancora dietro gli sporadici casi di italica sbornia sarebbe un diabolico perseverare.

C’è un altro dato che fa entrare Italia-Svizzera negli annali, nonostante i tempi che corrono: l’eccezionale brevità dei minuti di recupero. Soltanto due. Pure l’arbitro Marciniak si era giustamente rotto le scatole.

 

Francesco Gottardi

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