Presunto Innocente: ecco un bel racconto di genere, solido e ben costruito

Un bel racconto di genere. Solido e ben costruito. Si potrebbe riassumere così Presunto innocente, legal thriller in otto episodi disponibile su Apple tv+. Storia non nuova ai lettori e al grande schermo, essendo stata prima un romanzo di Scott Turow del 1987 e poi un film nel 1990 con Harrison Ford protagonista, la vicenda ruota attorno alla morte violenta di Carolyn Polhenus, pubblico ministero che viene trovata uccisa nella sua casa secondo un modus operandi trucido e malato. Sul suo caso indaga Rusty Sabich (Jake Gyllenhaal), figura di spicco della procura di Chicago e collaboratore stretto di Carolyn. Ben presto si viene a scoprire che Rusty, sposato e con figli, ha avuto una lunga relazione passionale con la collega che, al momento della morte, era incinta.

Della relazione era al corrente solo la moglie di Sabich, Barbara, che sta ancora cercando di perdonare del tutto il marito. Rusty, infatti, era molto convolto da Caroyln, sia su un piano strettamente fisico sia dal punto di vista affettivo e faticava a smettere di essere in qualche modo ossessionato dalla collega. Di colpo l’uomo diventa il principale indiziato dell’omicidio, destituito di qualsiasi ruolo in procura (dove subito gli si sostituiscono colleghi a lui fortemente avversi) e deve affrontare un lungo iter per cercare di provare la sua innocenza e l’estraneità ai fatti. Da qui in poi la serie si snoda come un classico legal thriller, con svolte narrative efficaci e una solida costruzione dei caratteri (sia protagonisti che secondari). Rusty è raccontato sia nella sua battaglia per dimostrare di essere innocente sia nelle sue vicende private e nel rapporto con la sua famiglia, che ha un ruolo non marginale nel racconto. C’è insomma grande equilibrio nella vicenda, una solida capacità di padroneggiare il genere e dei caratteri tridimensionali.

La messa in scena, in cui predominano gli interni e tono lividi, accompagna la narrazione senza essere troppo invasiva e condizionante. Ci si trova di fronte a un serie molto curata, classica e ben strutturata. Non ci sono guizzi innovativi o di rottura ma c’è la capacità di tenere lo spettatore agganciato con svolte narrative efficaci e ben dosate. Merito, tra gli altri, del creatore della serie, il veterano David E. Kelly, già autore di racconti quali Big Little Lies e Ally McBeal. Colpisce in particolare (ma non è questo il solo esempio seriale al riguardo) la capacità di trasporre un racconto dalla gittata narrativa molto compatta (infatti inizialmente adattato in un film) e renderlo invece una narrazione spalmata su otto ore. Per fare ciò, gli autori hanno ampliato molto l’universo interiore dei personaggi, esplorandone le complessità e contraddizioni. Così Rusty diventa un personaggio chiaroscurale, di cui vediamo i demoni e le “storture” interiori ma anche gli aspetti più emotivi e sfidanti. Lo stesso vale per la moglie o per il racconto a ritroso della figura di Carolyn. C’è insomma la capacità di addentrarsi nelle varie sfaccettature dell’animo umano, di restituirne una complessità pur senza tradire i dettami del racconto di genere (che ha le sue regole classiche, come tali anche qui rispettate). È buona televisione, ben fatta e costruita.

Qual è il tono di “Presunto innocente” in tre battute?

“Io sarò all’altezza del mio dover e chiedo a voi di fare lo stesso”.

“Chi semina vento, raccoglie tempesta”.

“Non riesco a levarmela dalla testa”.

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