In Kenya il governo ha tradito tutte le promesse e ha fatto arrabbiare la generazione Z

Quasi due anni fa William Ruto fu eletto presidente del Kenya con il 50,49 per cento dei voti: aveva vinto l’immagine del self-made man che andava a scuola a piedi nudi, che aveva indossato il primo paio di scarpe a 15 anni, e che vendeva polli e arachidi in strada, diventando poi uno dei più facoltosi coltivatori di mais del Kenya. Aveva inoltre spezzato le due dinastie politiche che avevano retto il paese dall’indipendenza, gli Odinga e i Kenyatta, promettendo sanità gratis, aiuti alle imprese, reddito di cittadinanza, facendo appello alla “nazione degli hustler”, cioè i tanti kenyani poveri che si guadagnano da vivere con lavori informali, a cui alludeva anche il suo simbolo elettorale della carriola. Neanche due anni dopo, è stata la stessa massa di giovani poveri e speranzosi  a rivoltarsi contro di lui e il potenziale aumento delle tasse che, due giorni fa, alla fine è stato ritirato dopo proteste anche violente, con il Parlamento dato alle fiamme, e che hanno portato a un bilancio provvisorio di 24 morti, 230 feriti e 283 arresti.

   

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