Verso lo Strega: “Chi dice e chi tace” di Chiara Valerio

Scauri finis mundi. Tutto fa provincia, pure il titolo del libro della favorita annunciata

Ragazze ammazzate, il grande gelo che avanza, le parole di una vita partendo da “croccante” e “untuoso”, la lezione sui mali del fascismo. Questo ha prodotto finora il carotaggio Strega 2024, mancano ancora Chiara Valerio e Dario Voltolini. Per chi si fosse messo in ascolto solo ora, una è la vincitrice annunciata degli ultimi giorni, in una lotta tra dame (loro ci tengono, a noi interessano di più i libri belli). Prima di lei, la sicura vincente era Donatella di Pietrantonio (già Strega Giovani, forse di consolazione). L’altro è lo “scrittore per scrittori”, molto lodato dai colleghi, apprezzato nelle scuole di scrittura, meno conosciuto dai lettori.

Oggi tocca a Chiara Valerio. Allo Strega – già satireggiato nei “Mostri” di Dino Risi, anno 1963, episodio “La musa”: Vittorio Gassman vestito da donna, con fortissimo birignao toscano – porta “il ritorno al paese”. Genere che Valerio Riva, feltrinelliano della prima ora, considerava una delle erbe infestanti, se non la rovina, delle lettere italiche. Scauri, l’ultimo paese del Lazio, suggerisce il risvolto di copertina: “Un posto né bello né brutto, con una sua grazia scomposta”. Si sospetta per queste parole sempre l’autore, oops… l’autrice. Se così fosse, dobbiamo ritenerla responsabile dell’aggettivo “improbabile” – “una fine improbabile” – più avanti nel risvolto. Titolo: “Chi dice e chi tace”, che fa molto provincia. Nuovo editore Sellerio. Cercando la pagina 69 da esaminare, casca l’occhio – a noi che leggiamo anche i nomi dalle gallerie autostradali – sulla frase “Aveva un taglio di capelli educato ma ventoso”. Così: “educato ma ventoso”: non osiamo sciogliere la poetica brezza. Ma doveva essere pagina 69, come McLuhan consiglia a chi sfoglia un volume in libreria: mi piacerà? non mi piacerà? E pagina 69 sarà.

La narratrice è Lea Russo, avvocata, al funerale nella chiesa di Sant’Albina: “Un mostro di cemento armato immaginato e costruito da qualcuno che aveva studiato Le Corbusier senza averlo capito”. Non è questo che importa. “Vittoria era improvvisamente morta. Ed era improvvisamente sposata, nemmeno questo avevo saputo in 20 anni”. Il vedovo avvocato Pontecorvo – Vittoria lo aveva sposato a Londra nel 1954 – vorrebbe portarsi a casa la moglie morta. L’avvocata Russo obietta che la defunta aveva comprato il loculo e pagato le onoranza funebri alla ditta Paradiso. Un cognome, precisa. Niente che possa essere inteso come una promessa.


“Chi dice e chi tace” è ambientato per metà negli anni 70. Vittoria arriva a Scauri con Mara, che avvia una pensione per animali. Andiamo a pagina 99, che per noi funziona come prova del nove, o netta smentita. Il romanziere Ford Madox Ford era d’accordo con Marshall McLuhan nel carotaggio, ma preferiva esaminare una pagina più avanti nel libro: quando lo scrittore comincia a stancarsi e non è più brillante come all’inizio. Leggiamo che Mara è alle prese con un’iguana, a pensione per 15 giorni. Per la cronaca, l’inizio del romanzo parla di un fine settimana al mare di Ponza e del tempo che fa. Caldo umido.

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