“Torno a Capodimonte, ma farò il capo dell’opposizione a Firenze, la legge lo consente”. Parla Schmidt

“La mia intenzione adesso è quella di tornare a fare il direttore del museo di Capodimonte a Napoli e fare anche il consigliere comunale a Firenze”. Doveva essere il Kaiser fiorentino, il tedesco della Provvidenza in grado di consentire alla destra di superare gli steccati ideologici attraverso una candidatura,  per dirla con il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, “innovativa, civica e dal sapore internazionale”. Invece Eike Schmidt sarà il direttore-consigliere. Due ore e mezzo di alta velocità tra Napoli e Firenze per svestire i panni di manager culturale e indossare quelli di capo dell’opposizione a Palazzo Vecchio. L’effetto Schmidt d’altronde a Firenze non si è sentito. Sara Funaro, la neo sindaca Pd, al ballottaggio lo ha superato di slancio di oltre 20 punti percentuali. Per tutta la campagna elettorale da queste parti Giorgia Meloni non si è fatta vedere, né, almeno per quello che è noto,  ha mai incontrato la sua scommessa tedesca. Ma più che un boicottaggio quella della premier è parsa quasi una scelta, una strategia per permettere a Schmidt di descriversi senza rischi come un “centrista aristotelico e antifascista”. Non ha funzionato.  “Deluso? “Un po’ – ammette lui –  ma abbiamo fatto un ottimo risultato, il migliore del centrodestra a Firenze dal 1999, la mia civica, con quasi il 10 per cento, ha fatto il record di sempre”.

 

Intanto l’ex direttore degli Uffizi ha deciso il suo futuro: tornare a guardare il Vesuvio dalla collina di Capodimonte, ma rimanere anche a Palazzo Vecchio. Una seduta a settimana di consiglio comunale. E però il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi dice che “Capodimonte merita un direttore a tempo pieno”, mentre il presidente Vincenzo De Luca scherzando ha detto che non le faranno più trovare “neanche la sedia”. Non proprio un ottimo clima. “Guardi – risponde con calma Schmidt – un direttore a tempo pieno è una definizione giuridica che significa lavorare nove ore al giorno ed essere raggiungibile a tutte le ore, un compito che si può svolgere anche stando in un’altra città per brevi periodi. D’altronde sarei nella tradizione del mio predecessore, Sylvain Bellenger, che aveva una casa a Parigi  e una a Ischia. Non è che stava tutti i gironi a Napoli. Nei primi tre mesi a Capodimonte – prosegue – tutti mi dicevano che c’ero di più rispetto al direttore precedente, non so se sia vero, io agli Uffizi stavo 7 giorni su 7, ma quel che conta sono i risultati, non il tempo in presenza. E comunque anche la normativa me lo consente, non c’è alcuna incompatibilità. Sicuramente in consiglio comunale  sarò più presente di Nardella che da sindaco nel 2023 ha partecipato a sole 13 sedute del consiglio”. Nessuna ipotesi exit strategy  al ministero dunque? Il presidente della commissione Cultura della Camera Federico Mollicone dice che il suo è “certamente un profilo all’altezza per un ruolo del genere”. “Questa ipotesi l’ho letta sul Foglio e ho visto che vi ha copiato il Corriere della Sera, ma io non ne so nulla”, ride.

 

La candidatura di Schmidt d’altronde è stata fortemente voluta dal duo Gennaro Sangiuliano-Giovanni Donzelli (con tanto di pranzo a Roma insieme all’archistar Santiago Calatrava). Il ministro che fa le nomine culturali e l’uomo di fiducia di Giorgia Meloni per le candidature. Dopo la scadenza del mandato  agli Uffizi, Schmidt è stato nominato a Capodimonte. Solo dopo è arrivata la candidatura. Un tempismo che ha alimentato una certa malizia. Qualcuno insomma che dice che l’hanno spinta ad affrontare questa impresa ad alto rischio fallimento. “Non mi ha costretto nessuno”, smentisce subito Schmidt. “Non mi ha trascinato né il ministro Sangiuliano, né Donzelli. Me lo hanno chiesto alcuni cittadini fiorentini per strada e al ristorante, inizialmente anche in maniera goliardica. Poi, quando hanno capito che non potevo fare un terzo mandato agli Uffizi, in tanti hanno cominciato a chiedermelo più seriamente”.

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