Meloni difende la Bolkestein, e vince

È un testacoda singolare, che fissa contemporaneamente dei paletti sia rispetto al diritto europeo sia rispetto all’autonomia differenziata. La Corte costituzionale ieri ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della regione Sicilia che ha previsto la proroga di dieci anni (fino al 2033) delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico-ricreativo (le cosiddette concessioni balneari). E fin qui, tutto normale. Nel senso che ormai la giurisprudenza è abbastanza consolidata. La curiosità sta nel fatto che a sollevare la questione contro la regione guidata da Renato Schifani e contro l’estensione delle concessioni è stata Giorgia Meloni.

E l’aspetto peculiare è che nel ricorso di Palazzo Chigi, contro il governatore di centrodestra, viene invocato il rispetto della direttiva europea Bolkestein, esattamente quella contro cui la destra meloniana e ora di governo si è strenuamente battuta nelle piazze, nei comizi, in tv e in Parlamento. Nel ricorso, Meloni lamentava infatti proprio la violazione dell’art.12 della Bolkestein che impone agli stati membri dell’Ue di mettere a gara le concessioni demaniali in scadenza, vietando il ricorso alle proroghe automatiche ex lege. Pertanto, secondo il governo, la Sicilia ha ecceduto nelle competenze assegnatele dall’art. 117 della Costituzione, quello che limita l’autonomia differenziata vincolando il legislatore regionale all’osservanza degli obblighi internazionali assunti dall’Italia. E la Corte costituzionale ha dato ragione al governo Meloni, dicendo in primo luogo che le proroghe delle concessioni sono state più volte giudicate illegittime – dalla Corte di giustizia dell’Unione europea e dal Consiglio di stato – e di conseguenza che, ponendosi contro la Bolkestein, la legge siciliana è entrata in conflitto con la Costituzione. L’autonomia differenziata non vuol dire che ogni regione potrà diventare un regno autonomo dal resto dell’Italia e dell’Europa.

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