E un cavallo mise fuori combattimento la più stakanovista dei Windsor

Meno un altro, anzi un’altra. La Ditta perde una socia, fra l’altro la più stakanovista. A casa Windsor, l’ennesima cattiva notizia riguarda Anna, la sorella di Carlo, 74 anni a Ferragosto anche lei momentaneamente fuori combattimento. Il Palazzo sembra sempre più un lazzaretto. Che cosa sia successo di preciso nella tenuta di Gatcombe Park, nel Gloucerstershire, non è chiaro, ma uale pare c’entri un cavallo, come sempre quando si parla di Anna, che l’avrebbe o colpita o disarcionata, chissà. Sta di fatto che la Princess Royal ha riportato, come riporta il lenificante comunicato di Buckingham Palace, “lievi ferite e una commozione cerebrale”. E un ricovero di durata imprecisata all’ospedale di Bristol, che le impedisce di fare la sua parte nella visita di stato dell’imperatore del Giappone e di partire subito dopo per il Canada.

  

Intorno ad Anna aleggia sempre qualcosa di equino. Anche lei, come la madre Elisabetta di gloriosa memoria, da piccola non andava a nanna senza aver strigliato e spazzolato i suoi cavalli a dondolo.  Montò il suo primo pony a quattro anni e mezzo, vinse una medaglia d’oro agli Europei di equitazione del ’71, due d’argento a quelli del ’75 e fu la prima Windsor in assoluto a concorrere alle Olimpiadi, a Montréal del ’76. Nel frattempo, in sella si era fratturata un dito e il naso, quisquilie, ed era scoppiato l’amore con il primo marito, l’ufficiale Mark Phillips del Primo Dragoni Reali (cavalleria, ovviamente, reggimento molto antico e chic, anche a Waterloo e Balaklava), a sua volta oro a Monaco nel ’71. La loro secondogenita Zara ha vinto un argento alle Olimpiadi, un oro e due argenti ai Mondiali e tre ori agli Europei. Insomma, dici Anna e pensi subito ai cavalli: del resto ancor oggi la principessa continua a presenziare a riti tipo l’incoronazione del fratello o il “Trooping the Colour” vestita da colonnella e, naturalmente, in sella. Poiché è anche spiritosa, ci scherza sopra: “Quando compaio in pubblico, la gente si aspetta di vedermi nitrire, mostrare i denti, grattare il suolo e agitare la coda”, disse in una memorabile occasione.

 

E la gente la vede spesso. Di tutti i working Royals, è quella che in effetti lavora di più. La sua agenda è sempre la più piena, in un frenetico giro di inaugurazioni, visite, discorsi, cerimonie, funerali, matrimoni e altre sventure. Quanto ai suoi, di matrimoni, ne ha celebrati due. Quello con il signor Phillips, che rifiutò il titolo di marchese offertogli dalla suocera e che quindi è un privato cittadino come i due figli, Peter e Zara, finì con un divorzio molto civile nel 1992. Nello stesso anno, Anna si risposò con un altro ufficiale, ma questa volta di Marina, Timothy Laurence, anche lui non nobilitato, che compare spesso, discretissimo, accanto alla moglie. Di tutti i pargoli di Elisabetta e Filippo, Anna è quella che assomiglia di più al padre, gaffe a parte. E’ diretta, spiccia, solida, indaffarata e segue ancora la vecchia regola della Casa: Never explain, never complain. Coraggiosa, anche, come si vide il 20 marzo 1974 quando un matto armato di pistola bloccò la sua Rolls e tentò di rapirla facendo anche un bel Far West sul Mall con spari, feriti e tutto. Di fronte a una pistola spianata e all’ordine di scendere dall’auto, la risposta di Anna fu: “Assolutamente no!”, condita, raccontano, da alcune robuste imprecazioni imparate dal padre che a sua volta le aveva praticate nei suoi anni nella Royal Navy. Chiaro che una principessa così tosta non si farà certo bloccare da una commozione cerebrale. Resta il problema di una Royal Family sempre più ristretta: il re appare in pubblico ma è malato, la principessa del Galles pure, il duca di York, Andrea, è impresentabile e quello di Sussex, Harry, è uscito dalla Ditta, i cugini Gloucester e Kent (che bellezza, sembra di stare full time in uno Shakespeare di quelli storici) sono ormai anziani e malandati. Restano la regina Camilla, William, i duchi di Edimburgo e, appunto, Anna: sono pochi i royals efficienti, e i nastri da tagliare non finiscono mai.

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