Biden si libera di Assange

Alla fine, come previsto già da qualche mese per come si stavano mettendo le trattative, il presidente americano Joe Biden è riuscito a fare quello che non era riuscito a Donald Trump, e a trovare una scappatoia che accontenti tutti prima delle elezioni di novembre: Juliane Assange, il fondatore di Wikileaks, è uscito dal carcere di Londra dove si trovava da più di cinque anni e una vicenda giudiziaria lunga e complicatissima.

L’Alta corte di Londra gli ha concesso la libertà su cauzione dopo un accordo di Assange con il dipartimento di Giustizia americano: il fondatore di Wikileaks ha accettato di dichiararsi colpevole di cospirazione e di aver diffuso illegalmente informazioni classificate sulla Difesa. Lo farà probabilmente già oggi, quando arriverà al tribunale federale di Saipan, città delle Isole Marianne Settentrionali, parte del territorio del Commonwealth americano a nord di Guam. Da lì, poi, potrà raggiungere l’Australia, il suo paese d’origine, sua moglie e suo figlio. E dunque dovrebbe arrivare la fine di una vicenda che va avanti da più di dieci anni, e che la propaganda di Russia e Cina, e i loro megafoni in occidente, hanno sfruttato sistematicamente per accusare l’America di voler silenziare un “difensore della libertà d’informazione”.

Ma un primo punto fermo c’è: Assange non è un giornalista, è un attivista che ha diffuso informazioni classificate online, senza cautele, senza elaborazioni né analisi, senza cercare di proteggere fonti e persone innocenti – spesso morte ammazzate a causa sua – connesse ai suoi “file di libertà”. Ma da mesi ormai Washington e Canberra lavoravano a una soluzione del suo caso, anche attraverso l’ambasciatrice americana in Australia, Caroline Kennedy, che aveva detto di voler risolvere l’impasse giudiziario. Per molti, l’ostinazione con cui Washington aveva tentato di estradare Assange per processarlo era potenzialmente dannosa soprattutto per Biden, nel suo tentativo di ristabilire l’ordine democratico globale anche in relazione ad alleati strategici come l’Australia – il primo ministro Anthony Albanese, che si è impegnato per la libertà di Assange, sarà a Washington la prossima settimana per il vertice Nato. Per tutti, Assange ha già scontato la sua pena. Ma i danni che ha fatto al mondo del giornalismo e al sistema democratico occidentale sono incalcolabili.

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